Laboratorio di Letteratura per l’infanzia

Il Laboratorio di Letteratura per l’infanzia come strumento di decostruzione pedagogica su modelli e stili di funzionamento familiare: l’esperienza dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria

di Valerio Ferro Allodola e Sofia Turiano [1]

1. Introduzione

Fino agli anni Ottanta del secolo scorso la Letteratura per l’infanzia è stata considerata di rango inferiore rispetto a quella di poeti e scrittori classici, antichi e contemporanei (Barsotti e Cantatore, 2021), un genere letterario marginale, una “Cenerentola” (Bacchetti, 2006).

Oggi è invece riconosciuta come:

– uno specchio dell’identità perché attraverso la lettura si ragiona, soprattutto si riflette e i personaggi di ogni storia diventano compagni di viaggio che alleviano la solitudine e ci insegnano a vivere;

– un sentiero di conoscenza che invita alla lettura ed ogni storia può fare da ponte tra il conosciuto o passato e lo sconosciuto o futuro;

– uno scrigno dei sogni dove regna l’immaginario e la fantasia;

– una lanterna per i sentimenti;

– una sorgente di storie nuove, di nuove “case” in cui vivere (Beseghi, 2008).

La Letteratura per l’infanzia si basa, nel contemporaneo, su origini articolate, sul pluralismo semantico, sulla funzione ideologica e culturale tutt’altro che superficiale (Cambi, 1996).

A partire dagli anni ’80, numerosi studi di linguistica, psicologia cognitiva, pedagogia e Letteratura per l’infanzia hanno dimostrato che l’uso precoce dei libri sia fondamentale per l’acquisizione del linguaggio e della visual literacy, mostrando una corrispondenza tra precoce accostamento al libro e competenze di lettura/scrittura in adolescenza.

Debes (1968) definisce la visual literacy come un gruppo di competenze che permette agli esseri umani di discriminare e interpretare i dati visibili che incontrano nel loro ambiente di vita.

L’obiettivo finale è la reading literacy (Elley, 1992) per comprendere e utilizzare testi scritti, riflettere su di essi e impegnarsi nella loro lettura al fine di raggiungere i propri obiettivi e di sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità per essere parte attiva della società

I primi testi che i bambini incontrano sono gli albi illustrati, che richiedono processi di decodifica complessi: da immagini e parole, i lettori danno senso alle storie. In questo modo si sviluppa la visual literacy, connessa all’acquisizione del linguaggio: il dialogo intorno alle immagini rappresenta il primo approccio al lessico. L’adulto è un modello di interazione con le figure e la lingua scritta, accompagnando il bambino alle prime forme di interrogazione ed elaborazione cognitiva dei sensi, interagendo con i simboli e i loro significati, con i “segreti della lettura profonda” (Meek, 1991, p. 41).

Ogni testo può configurarsi come dispositivo cognitivo e metacognitivo. Le teorie dello sviluppo bio-psico-sociale del bambino si intrecciano con i fattori individuali di ogni lettore, con le caratteristiche del libro e con la dimensione contestuale.

Fin dai due anni e mezzo, i bambini acquisiscono la funzione simbolica delle parole, il loro vocabolario cresce e imparano a leggere le immagini (Vygotskij, 1966, 1980). Molto importanti sono le metafore, visive e linguistiche. Il piccolo lettore è invitato alla decodifica non banale delle metafore e a una lettura interpretativa dei dettagli dell’immagine che assume significati diversi.

Le metafore servono per:

· la comprensione testuale e conoscenza delle proprie emozioni;

· la comprensione di concetti astratti.

Il rapporto privilegiato dell’infanzia con le immagini è stato studiato, per primo, da Jan Amos Comenius, il quale osserva quanto interessanti siano le immagini per i bambini (Didacta Magna, 1657).

Successivamente, nell’Orbis Sensualium Pictus (1658), Comenio progettò il libro con le figure per bambini, il primo concepito con questa esplicita intenzione. Nell’opera, il mondo da lui dipinto ha l’intento di raccontare il mondo ai bambini attraverso tavole illustrate a incisione, nelle quali inserisce brevi didascalie. Comenio intendeva rappresentare il mondo delle cose sensibili e questa sua volontà si convertì in una trasformazione etica della vita quotidiana.

Tre aspetti avvalorano l’utilità degli albi per lo sviluppo precoce di competenze narrative:

  1. principio di sequenzialità, indotto sfogliando le pagine e guardando le figure nella doppia apertura;
  2. Immagini e parole sono interconnesse e scelte secondo un criterio. Il soggetto o il gruppo di soggetti sono inseriti in un riquadro, inducendo il lettore a pensare che appartengano allo stesso contesto. I tre schemi organizzativi (somiglianza, contrasto, relazione) provocano un senso di anticipazione, in attesa di verificare la conferma dello schema iniziale. Il rapporto tra le immagini può cambiare nello stesso libro (climax);
  3. immagini e parole provengono dall’ambiente familiare del bambino; questo lo aiuterà a sviluppare immagini mentali degli oggetti.

Come sottolineato altrove (Maddalena, Ferro Allodola, 2023), consapevoli che la Letteratura per l’infanzia, soprattutto quella rivolta ai prelettori, fa parte del graduale passaggio dalla cultura orale a quella scritta, durante la fase di progettazione del Laboratorio qui presentato, si è optato per la famosa raccolta di fiabe italiane curata da Italo Calvino nel 1956, in particolare quelle calabresi.

Le parole che scrive Calvino nell’Introduzione riassumono bene il file rouge che accomuna tutte le fiabe della Raccolta: “Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano” (1956, p. 4).

Come afferma lo stesso Calvino “L’interesse per le fiabe non ha nulla a che fare con una fedeltà a una tradizione etnica o con una nostalgia delle letture infantili, ma ha come obiettivo precipuo l’interesse all’economia del ritmo e la logica essenziale con cui le fiabe sono raccontate. Il mio obiettivo è scavare le radici di un’Italia moderna e cosmopolita, che conserverà sempre radici e problematiche identiche nel corso dei decenni”. (1956, p. 23) Attraverso questa raccolta, egli volle costruire un’antologia di fiabe per salvaguardare il patrimonio culturale di tutte le regioni italiane e dare dignità a un patrimonio italiano fiabesco, tutto da scoprire e riscoprire. In tal modo, egli contribuì anche alla ricostruzione dell’Italia del secondo dopo guerra. “Le Fiabe italiane” si possono definire come una combinazione di elementi nazional-popolari, rappresentando un progetto in qualche modo delicato ma funzionante. Questa opera agisce come una forza trainante inalterabile, evidenziata dal suo messaggio di libertà fantastica e apertura linguistica. La fiaba come strumento fondamentale per la letteratura dell’infanzia rappresenta un modo efficace per tramandare valori, insegnamenti e stimolare l’immaginazione dei bambini, anche a quelli nati dopo il secondo conflitto mondiale e alle generazioni future. Tanto che Calvino arriva a definirle come “il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna” (Calvino,1956, pag.8).

2. Il Laboratorio

Il Laboratorio di Letteratura per l’infanzia (AA. 2023/2024), di cui è docente titolare lo scrivente presso il Corso di Laurea Magistrale in Scienze della formazione primaria, previsto al quarto anno, per un totale di 16 ore, ha coinvolto n. 260, studenti, opportunamente suddivisi in n. 26 gruppi di 10 persone.

Per poter ricevere un così alto numero di iscritti e garantire loro l’adeguatezza di spazi e strumenti, è stata individuato l’Atelier di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, fornito di tavoli, sedie e divani sufficienti al numero di iscritti al Laboratorio.

L’obiettivo è stato quello di riscrivere le nove fiabe popolari provenienti dalla Calabria e contenute nella «Raccolta di fiabe italiane» di Italo Calvino (1956), come albi illustrati.

Di seguito, le fiabe prese in esame:

  1.  I tre orfani 
  2.  La bella addormentata ed i suoi figli 
  3.  Il Reuccio fatto a mano 
  4.  La tacchina 
  5.  Le tre raccoglitrici di cicoria 
  6.  La Bella dei Sett’abiti 
  7.  Il Re serpente 
  8.  La vedova e il brigante (area grecanica)
  9.  Il granchio dalle uova d’oro (area grecanica).

Diverse e attualissime le tematiche emerse ed analizzate durante l’analisi delle fiabe attraverso l’adozione di un modello di interpretazione pedagogico decostruzionista (Mariani, 2009), volto a ricercare e far emergere i suoi impliciti e archetipi; come lavoro ermeneutico e catartico che incide sui livelli della comprensione:

  • violenza sulle donne;
  • stupro;
  • malattia;
  • sofferenza;
  • amore perverso;
  • morte;
  • supremazia dell’uomo sulla donna;
  • senso morale: distinzione tra bene e male;
  • emozioni;
  • oppressione;
  • elementi macabri.

Un elemento da considerare è che “le fiabe calabresi sono spesso intessute di motivi cristiani ma quasi sempre come contaminazione d’un vecchio intreccio magico acristiano”. (Calvino, 1956, p. 428).

Tra l’altro, è sempre Calvino ad affermare che “A Palmi di Calabria, Letterio Di Francia, il dotto autore della storia della Novellistica, ha trascritto una raccolta (pubblicata nel 1929 e 1931) che ha i riscontri più ricchi e precisi che si siano fatti in Italia, e segna i diversi narratori, tra cui si distingue una Annunziata Palermo: e, insomma, sarebbe un modello di metodo, se questi narratori non fossero in gran parte famigliari del Di Francia. Ma, per quel che interessa a noi, è una raccolta piena di curiosi “tipi” e varianti, d’un’immaginazione carica, colorata, complicata, in cui la logica dell’intreccio spesso s’è persa e si tramanda solo la sfacettatura delle meraviglie” (1956, p. 18).

Si tratta di fiabe di estremo interesse, tanto per i rimandi alla secolare tradizione orale e letteraria, quanto per l’originalità dei temi in esse rappresentati. Accanto a trame che sono il corrispettivo calabrese di Cenerentola e di Biancaneve, di Pelle d’asino e di Raperonzolo, o a storie che donano gradazioni mediterranee ai motivi orientali mutuati dalle Mille e una notte, vi si ritrovano fiabe assolutamente inedite, depositate nell’immaginario dell’estremo meridione italiano, da secoli crocevia di popoli e transito di civiltà.

3. Risultati e discussione

La riscrittura dei testi ha riguardato un processo di rielaborazione delle fiabe calabresi in chiave moderna, come albi illustrati.

Di seguito (Fig. 1), le trasformazioni operate dagli studenti nei vari elementi delle fiabe per renderle fruibili a bambine e bambini:

Figura 1. Le trasformazioni degli elementi delle fiabe di Calvino operate dagli studenti.

Gli studenti hanno dato risalto alle diverse emozioni provate dai personaggi – paura, felicità, stupore, tristezza, rabbia – rappresentandole attraverso il disegno meticoloso delle espressioni visive e gestuali.

A seguito delle lezioni preparatorie al Laboratorio di Letteratura per l’infanzia, gli studenti sono stati altresì in grado di esplicitare, attraverso il disegno, gli stati d’animo provati dai personaggi (principali e secondari) delle fiabe esaminate.

L’intento è stato quello di comunicare le emozioni provate attraverso le immagini.

Rielaborazione della morte e della violenza sessuale:

Il ruolo della donna:

Di seguito, si riportano gli elementi innovativi nell’elaborazione degli albi illustrati in chiave moderna:

  • utilizzo di vari materiali volti a stimolare i sensi (Munari, 1998);
  • creatività nel progettare e realizzare albi illustrati rivolti ai bambini;
  • riflessioni su tematiche importanti e attuali, quali il femminicidio, lo stupro, la violenza, la parità di genere, la libertà;
  • saper cogliere il senso di ogni fiaba riuscendo ad alleggerire gli argomenti, talvolta troppo forti e cruenti;
  • capacità di calare nella realtà calabrese le argomentazioni, introducendo elementi facenti parte della quotidianità e della tradizione popolare (bergamotto, peperoncino, ecc…);
  • introduzione della disabilità presentata come opportunità e stimolo per la promozione di elementi quali la solidarietà, l’inclusione, l’empatia, l’aiuto reciproco.

I temi emergenti hanno riguardato:

  • il femminicidio (soprattutto in connessione con gli episodi di cronaca recente);
  • la violenza sulle donne (fisica, psicologia e sessuale);
  • il ruolo della donna (ieri e oggi);
  • i diritti costituzionali;
  • le tradizioni popolari;
  • le relazioni sentimentali patologiche e la dipendenza affettiva;
  • la società patriarcale (realtà tutt’oggi esistente nell’entroterra calabrese);
  • la libertà in tutte le sue forme;
  • i valori etici e sociali;
  • il ruolo dell’educazione.

4. Conclusioni

Provando a fare critica – partendo dalla forma dell’opera, nella convinzione che l’esperienza estetica, quando di valore, sia di per sé pedagogica (Cantatore et al., 2020) – il Laboratorio come metodologia formativa ha rappresentato, in questa esperienza, un modello in cui si sono incontrate teorie e prassi, promuovendo negli studenti l’emersione delle seguenti competenze:

  • applicare, in chiave laboratoriale, quanto appreso durante il corso di Letteratura per l’infanzia;
  • promuovere la passione per la lettura e le sue potenzialità;
  • utilizzare le potenzialità, in particolare, del linguaggio visivo;
  • comunicare in gruppo;
  • scambiare idee, punti di vista e progettualità;
  • attivar di processi di decostruzione e autoriflessione attorno a temi e stereotipi;
  • sviluppare fantasia e immaginazione attraverso la scrittura creativa e gli elementi grafico-pittorici;
  • strutturare esperienze teoriche e pratiche di analisi, progettazione e simulazione didattica in linea con gli argomenti trattati durante le lezioni.

La sperimentazione ha rappresentato, quindi, un momento formativo importante nella formazione degli studenti che si apprestano a diventare futuri docenti nella scuola dell’Infanzia e Primaria.

Connesso al tema dell’utilizzo creativo degli albi illustrati, una revisione della letteratura (The Reading Agency, 2015) ha altresì evidenziato che la lettura si rivela un’attività piacevole di per sé e la componente di piacevolezza permane se il lettore ha l’opportunità di scegliere liberamente se e cosa leggere. Il piacere di leggere inoltre è fondamentale per alimentare una motivazione intrinseca, prerequisito essenziale per il raggiungimento di altri obiettivi (Decy & Ryan, 2012). Lo studio mostra una forte correlazione tra lettura e aumento di conoscenza di sé e degli altri, migliori relazioni sociali, aumento del capitale sociale e culturale, incremento delle capacità di immaginazione, migliori capacità di attenzione e concentrazione. La lettura nei bambini migliora, inoltre, il rilassamento e la regolazione dell’umore, aumenta le capacità comunicative e i risultati scolastici in tutto il corso degli studi.

A supporto di questi risultati, anche una recentissima ricerca (Sun et al., 2024) ha coinvolto più di 10.000 giovani statunitensi, dimostrando che iniziare a leggere per piacere sin dalla prima infanzia migliora lo sviluppo della struttura cerebrale, evidenziando una correlazione positiva con migliori prestazioni cognitive e maggior benessere mentale durante l’adolescenza.

Nel nostro Paese, in particolare, si devono a Batini e al suo gruppo di ricerca i progetti e le ricerche pedagogiche più importanti degli ultimi anni sul tema della lettura ad alta voce (Batini, 2022, 2023; Batini & Giusti, 2021) e ad Acone (2017) sull’importanza della lettura per recuperare un rapporto profondo, consapevole e maturo con il testo e le immagini, in una società sempre più digitalmente strutturata.

Bibliografia

Acone, L. (2017). La lettura come formazione della persona. Pagina scritta, orizzonti virtuali e connessioni testo- immagine. LLL – Lifelong Lifewide Learning, 13(29): 1-12.

Bacchetti F. (2006): La letteratura contemporanea tra autori, libri e immaginario. In: E. Catarsi, F. Bacchetti (a cura di), I «Tusitala». Scrittori contemporanei di letteratura giovanile. (pp. 50-74). Tirrenia (PI): Edizioni Del Cerro.

Batini, F. (2022). Lettura ad alta voce. Ricerche e strumenti per educatori, insegnanti e genitori. Roma: Carocci.

Batini, F. (2023) (Ed.). La lettura ad alta voce condivisa. Un metodo in direzione dell’equità. Bologna: Il Mulino.

Batini, F., Giusti, S. (2021). Tecniche per la lettura ad alta voce. 27 suggerimenti per la fascia 0-6 anni. Milano: FrancoAngeli.

Cambi F. (1996): La letteratura per l’infanzia tra complessità e ambiguità. Testo, superficie e profondità. In: F. Cambi, G. Cives, Il bambino e la lettura. Pisa: Edizioni ETS, pp. 45-100.

Barsotti, S., Cantatore, L. (2019). Letteratura per l’infanzia. Forme, temi e simboli del contemporaneo. Roma: Carocci.

Batini, F., Giusti, S. (2021). Tecniche per la lettura ad alta voce. 27 suggerimenti per la fascia 0-6 anni. Milano: FrancoAngeli.

Beseghi, E. (2008). Infanzia e racconto. Bologna: Bononia University Press.

Buccolo, M. (2019). L’educatore emozionale. Percorsi di alfabetizzazione emotiva per tutta la vita. Milano: FrancoAngeli.

Cantatore, L., Galli Laforest, N., Grilli, G., Negri, M., Piccinini, G., Tontardini, M., Varrà, E. (2020). In cerca di guai. Studiare la letteratura per l’infanzia. Bergamo: Edizioni Junior.

Deci, E. L., & Ryan, R. M. (2012). Self-determination theory. In P. A. M. Van Lange, A. W. Kruglanski, & E. T. Higgins (Eds.), Handbook of theories of social psychology (pp. 416–436). Sage Publications Ltd. https://doi.org/10.4135/9781446249215.n21

Debes, J. L. (1968). Communication with visuals. ETC: A. Review of General Semantics, 25(1), 27–34. http://www.jstor.org/stable/42574399.

Elley, W.B. (1992). How in the world do students read? IEA study of reading literacy. The Hague, Netherlands: International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA).

Filomia, M. (2023). Abitare la soglia. Sguardi inclusivi nella letteratura per l’infanzia. Lecce-Rovato: PensaMultimedia.

Fiorucci, M. (2020). Educazione, formazione e pedagogia in prospettiva interculturale. Milano: FrancoAngeli.

Mariani, A. (2009). La decostruzione in pedagogia: una frontiera teorico-educativa della postmodernità. Roma: Armando.

Meek, M. (1991). On Being Literate. London: Bodley Head.

Munari, B. (1998). Fantasia. Invenzione, creatività e immaginazione nelle comunicazioni visive. Bologna: Laterza.

Sun, Y.-J., Sahakian, B. J., Langley, C., Yang, A., Jiang, Y., Kang, J., … Feng, J. (2024). Early-initiated childhood reading for pleasure: associations with better cognitive performance, mental well-being and brain structure in young adolescence. Psychological Medicine, 54(2), 359–373. doi:10.1017/S0033291723001381

The Reading Agency (2015). Literature Review: The impact of reading for pleasure and empowerment. BOP Consulting.

Trisciuzzi, M.T. (2018). Ritratti di famiglia. Immagini e rappresentazioni nella storia della letteratura per l’infanzia. Pisa: ETS.

Vygotskij, L. (1966). Pensiero e linguaggio. Firenze: Universitaria-G. Barbera

Vygotskij, L. (1980). Il processo cognitivo. Torino: Boringhieri.


[1] Sebbene l’articolo sia il frutto comune del lavoro dei due autori, si precisa che l’Introduzione è di Valerio Ferro Allodola (Ricercatore, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria). I rimanenti paragrafi e le conclusioni sono da attribuire a Sofia Turiano (Insegnante di scuola Primaria, Reggio Calabria).

No excuses

“No excuses”: sistema a tolleranza zero

di Bruno Lorenzo Castrovinci

La gestione di classi difficili e alunni indisciplinati rappresenta una sfida quotidiana per molti insegnanti e dirigenti scolastici, soprattutto in contesti caratterizzati da profonde problematiche sociali. Le dinamiche interne alla scuola spesso riflettono il disagio del tessuto sociale di appartenenza, dove si intrecciano situazioni di povertà estrema, devianze e, in alcuni casi, un precoce coinvolgimento in ambienti criminali organizzati. Questo scenario rende la scuola non solo un luogo di apprendimento, ma anche un campo di battaglia per contrastare le disuguaglianze e offrire opportunità di riscatto.

Tra le strategie più radicali e dibattute per affrontare tali complessità spicca l’approccio definito “no excuses”, ampiamente applicato in molte scuole nel mondo. Questo metodo, basato su una rigorosa tolleranza zero verso comportamenti inadeguati, mira a creare un ambiente scolastico disciplinato e orientato al successo, imponendo regole ferree e aspettative elevate senza concessioni. Sebbene affascinante per il suo rigore e la sua promessa di trasformazione, tale approccio solleva interrogativi importanti sul suo impatto a lungo termine su studenti e insegnanti.

Il dibattito intorno a queste pratiche è alimentato da contributi significativi come quello di Agrifoglio Korbey, pubblicato su TES (Times Educational Supplement), una delle principali riviste educative a livello internazionale. L’articolo esplora le dinamiche di questi metodi, analizzandone le implicazioni sul sistema scolastico globale. TES rappresenta una piattaforma autorevole per comprendere le sfide e le opportunità nell’educazione, offrendo risorse e analisi approfondite che illuminano le complesse intersezioni tra politiche educative, contesto sociale e benessere degli studenti.

Attraverso queste riflessioni, emerge l’urgenza di un confronto critico sul modo in cui affrontare le difficoltà scolastiche in contesti di frontiera, bilanciando il rigore disciplinare con la necessità di empatia e inclusione, per garantire che ogni scuola possa rappresentare un luogo di crescita e speranza.

Analisi del modello “no excuses”

Il modello “no excuses” si basa sull’idea che una disciplina rigorosa e una gestione del comportamento estremamente strutturata possano migliorare il rendimento scolastico, specialmente in contesti svantaggiati. Tuttavia, le pratiche descritte – come punizioni per infrazioni minori, detenzioni frequenti e regole rigide – hanno sollevato critiche significative. Ad esempio, il Center for Research on Education Outcomes presso la Stanford University ha evidenziato che, sebbene alcune scuole che adottano questo approccio abbiano registrato miglioramenti nei test standardizzati, il costo sociale e psicologico per gli studenti più vulnerabili è spesso elevato. Inoltre, un rapporto dell’
Education Policy Institute del 2024 ha mostrato come gli studenti con sospensioni multiple abbiano significativamente minori possibilità di successo scolastico e professionale.

Ricercatori come Linda Graham presso la Queensland University of Technology e Mary Ellen Stitt della State University of New York sottolineano come la rigidità di queste pratiche possa perpetuare disuguaglianze sistemiche, specialmente per studenti con bisogni educativi speciali (BES) o provenienti da minoranze svantaggiate. La teoria delle finestre rotte, che ispira l’approccio “no excuses”, è stata in parte screditata poiché enfatizza la punizione anziché il supporto educativo. Ricerche condotte in Australia e Regno Unito, inoltre, suggeriscono che approcci più inclusivi e basati sul dialogo possano produrre risultati ugualmente validi senza gli effetti collaterali negativi associati a politiche punitive.

Fondamenti pedagogici e neuroscientifici

Dal punto di vista pedagogico, l’adozione di routine rigide può avere benefici limitati, specialmente se non accompagnata da strategie di supporto personalizzate e inclusive. Le neuroscienze evidenziano che l’apprendimento avviene in un contesto emotivo e relazionale positivo. Pratiche punitive e rigide possono attivare il sistema di stress degli studenti, aumentando i livelli di cortisolo e compromettendo la memoria a lungo termine, la capacità di attenzione e l’elaborazione delle informazioni. In particolare, studenti con difficoltà di apprendimento, bisogni educativi speciali (BES) o provenienti da contesti svantaggiati possono subire un impatto sproporzionato, con un effetto negativo anche sulla loro autostima e motivazione intrinseca.

L'”impalcatura educativa”, concetto approfondito da Linda Graham, è cruciale per garantire che le regole non siano semplicemente imposte, ma accompagnate da supporto adeguato e differenziato. Ad esempio, pause intenzionali durante le lezioni, un vocabolario accessibile e tecniche di “scaffolding” favoriscono l’elaborazione cognitiva, mentre l’insegnamento esplicito delle aspettative comportamentali aiuta a costruire autonomia e senso di responsabilità. Inoltre, approcci come la pratica della “pedagogia della cura” sottolineano l’importanza di creare ambienti che favoriscano relazioni empatiche e sicure tra studenti e docenti, stimolando un apprendimento profondo e significativo.

Studi come quelli condotti dal Education Endowment Foundation e dal National Center for Education Statistics evidenziano che approcci più personalizzati e relazionali migliorano non solo il rendimento accademico, ma anche il benessere complessivo degli studenti. Questi modelli promuovono una cultura scolastica basata sulla fiducia, sul rispetto reciproco e sull’inclusione, riducendo al minimo il rischio di esclusione sociale e accademica.

Impatti psicologici e sociali

L’imposizione di un sistema disciplinare rigido può influire negativamente sul benessere psicologico degli studenti, generando sentimenti di alienazione, ansia e demotivazione. Le pratiche discriminatorie, inoltre, amplificano le disuguaglianze sociali, perpetuando uno stigma verso studenti già vulnerabili, in particolare quelli provenienti da contesti socio-economici svantaggiati o appartenenti a minoranze. Ricerche internazionali, tra cui quelle dell’Education Policy Institute e del Center for Research on Education Outcomes, evidenziano come tali approcci possano esacerbare il divario educativo e ostacolare lo sviluppo emotivo e relazionale degli studenti.

In una società liquida, come descritta da Zygmunt Bauman, dove le relazioni e le strutture sociali sono sempre più fluide e incerte, gli approcci educativi dovrebbero promuovere flessibilità, resilienza e capacità di adattamento. In questo contesto, pratiche basate sulla rigidità rischiano di risultare anacronistiche e di fallire nel preparare gli studenti alle sfide di un mondo in rapida evoluzione. Al contrario, modelli educativi che valorizzano l’autonomia, la creatività e il pensiero critico rappresentano una risposta più adeguata alle esigenze di una società complessa.

Alternative e modelli a confronto

Un approccio alternativo potrebbe essere rappresentato dalla “gestione positiva del comportamento”, che enfatizza il rinforzo delle buone pratiche piuttosto che la punizione. Questo modello è supportato da strategie come il metodo della “classe capovolta”, che coinvolge gli studenti in attività pratiche e collaborative, e il “restorative justice”, che mira a risolvere i conflitti attraverso il dialogo e la responsabilizzazione. Inoltre, modelli come il Positive Behavioral Interventions and Supports (PBIS), ampiamente adottato negli Stati Uniti, offrono un approccio strutturato per promuovere comportamenti positivi, fornendo supporto individualizzato e monitorando costantemente i progressi.

Le scuole che adottano un equilibrio tra rigore e flessibilità, come il Mercia Learning Trust, dimostrano che è possibile mantenere standard elevati senza compromettere il benessere degli studenti. Ad esempio, il Mercia Learning Trust integra strategie come il “scaffolding” comportamentale, che aiuta gli studenti a sviluppare gradualmente le competenze necessarie per rispettare le regole, e il “coaching” motivazionale per coinvolgere attivamente gli studenti nella definizione dei propri obiettivi. Un supporto individualizzato, combinato con una comunicazione efficace delle regole e un focus sull’autoregolazione, è fondamentale per creare un ambiente sicuro, stimolante e inclusivo.

Il fenomeno della diluizione dei casi difficili

Un aspetto problematico e spesso trascurato nelle scuole è la gestione dei cosiddetti “casi difficili”, ovvero studenti che manifestano comportamenti problematici o difficoltà significative di adattamento. Una cattiva abitudine osservata, come evidenziato nelle ricerche di Angelo Paletta, è quella di creare un contesto che spinga gli studenti a lasciare la classe e in alcuni casi la scuola di propria iniziativa. Invece di affrontare direttamente le difficoltà attraverso interventi mirati, alcuni insegnanti esercitano una pressione implicita sugli studenti e sulle loro famiglie, inducendoli a cercare un’alternativa altrove. Questo approccio si traduce spesso in una gestione passiva del problema, che non solo non risolve le difficoltà comportamentali, ma le trasferisce ad altri contesti educativi.

Questo fenomeno, chiamato “diluizione”, ha conseguenze negative sia per gli studenti coinvolti che per il sistema educativo nel suo complesso. Gli studenti che abbandonano volontariamente tendono a percepire l’ambiente scolastico come ostile e privo di supporto, sviluppando un senso di fallimento personale che può condurli all’abbandono definitivo degli studi. Inoltre, le scuole perdono l’opportunità di affrontare le cause profonde dei problemi, perpetuando un ciclo di esclusione sociale e accademica.

Ricerche, come quelle condotte da Paletta, sottolineano l’importanza di un approccio attivo e responsabile, che includa programmi di supporto personalizzati, la creazione di ambienti empatici e l’adozione di strategie di mediazione come la “restorative justice”. Questi strumenti non solo aiutano a mantenere gli studenti nel sistema scolastico, ma promuovono anche lo sviluppo di competenze sociali e relazionali fondamentali per il loro successo futuro.

Prospettive future

Nel contesto di oggi post-pandemia, le scuole si trovano di fronte a nuove sfide comportamentali e scolastiche, come l’aumento delle disuguaglianze educative e il calo della motivazione studentesca. L’adozione di pratiche inclusive e basate sull’evidenza è cruciale per rispondere alle esigenze di una popolazione studentesca sempre più diversificata e per promuovere un apprendimento significativo. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sull’impatto a lungo termine di approcci comportamentali flessibili, integrando strategie che valorizzino il benessere emotivo e relazionale degli studenti. Inoltre, l’utilizzo di tecnologie innovative come il metaverso e l’intelligenza artificiale può offrire opportunità senza precedenti per personalizzare ulteriormente l’esperienza educativa, attraverso strumenti come simulazioni immersive, tutor virtuali e analisi dei dati per monitorare e migliorare il coinvolgimento e i progressi individuali. Tali innovazioni, combinate con un approccio pedagogico umanistico, possono contribuire a creare un ambiente educativo resiliente e inclusivo.

Conclusione

Il dibattito sugli approcci comportamentali nelle scuole rappresenta una sfida cruciale della società contemporanea, in cui si intrecciano esigenze di rigore e controllo con quelle di flessibilità, autonomia e inclusività. Le scuole, oggi più che mai, devono affrontare un delicato equilibrio tra il garantire un ambiente disciplinato e promuovere il benessere emotivo e sociale degli studenti. Questo equilibrio richiede non solo l’adozione di regole chiare, ma anche la costruzione di un contesto empatico e relazionale in grado di sostenere gli studenti nelle loro difficoltà.

Un approccio educativo inclusivo, basato su evidenze scientifiche, si rivela fondamentale per affrontare le sfide contemporanee. Tali approcci valorizzano la personalizzazione dell’insegnamento, la mediazione dei conflitti attraverso pratiche come la “restorative justice” e l’integrazione di strumenti tecnologici innovativi per migliorare l’apprendimento e il coinvolgimento degli studenti. Inoltre, mettere al centro lo sviluppo delle competenze emotive e relazionali consente non solo di preparare gli studenti al successo accademico, ma anche di promuovere una cittadinanza attiva e consapevole, capace di rispondere alle esigenze di una società in continua evoluzione. 

Scuola Futura

In occasione della settimana delle STEM e a un anno dall’inizio dei Giochi Olimpici invernali di Milano-Cortina 2026, Scuola Futura, il campus itinerante finalizzato a promuovere l’innovazione didattica e digitale delle scuole italiane, arriva a Cortina d’Ampezzo, con l’iniziativa “Next Gen 26”, dal 5 all’8 febbraio 2025.

Cortina ospiterà studentesse, studenti, docenti e dirigenti scolastici provenienti da numerose scuole italiane, in particolare di montagna, che parteciperanno a laboratori didattici e percorsi di formazione, dove saranno impegnati nei “Winter games Stems Labs” di sci nordico e sci alpino, competizioni sia sportive che di analisi dei dati biometrici raccolti durante le performance fisiche, e nel “Cultural Olympiad Lab”, un laboratorio sui valori dei Giochi Olimpici.

Docenti e dirigenti scolastici, in rappresentanza di tutte le regioni italiane, saranno invece impegnati nel percorso formativo “Italian Teachers for OVEP”, un’occasione di approfondimento sull’applicazione del nuovo toolkit educativo del Comitato Internazionale Olimpico “OVEP – Olympic Values Education Programme”, che stimola l’integrazione dei programmi scolastici attraverso la cultura dell’olimpismo e i benefici dell’attività motoria sulla salute individuale e sull’interazione sociale.
A Cortina sarà poi attivo lo Sportello Edilizia Scolastica, occasione di dialogo da parte degli enti locali per il supporto alla gestione dei progetti finanziati con il PNRR.

L’iniziativa si concluderà presso il polo Alexander Girardi Hall, sabato 8 febbraio, alle 14.30, alla presenza del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.

Il programma dell’iniziativa.