Piano annuale dei flussi di cassa, si applica o no alle scuole? Mancano note ufficiali e i dubbi permangono

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Permangono ancora dubbi sull’applicabilità alle scuole dell’adempimento introdotto dal Decreto-Legge 19 ottobre 2024, n. 155, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali”.

Il decreto, ricordiamo, all’art. 6 – Disposizioni in materia di PNRR ha così previsto:

1. Al fine di rafforzare le misure già previste per la riduzione dei tempi di pagamento, dando attuazione alla milestone M1C M1C1-72 bis del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottano entro il 28 febbraio di ciascun anno, un piano annuale dei flussi di cassa, contenente un cronoprogramma dei pagamenti e degli incassi relativi all’esercizio di riferimento. Il piano annuale dei flussi di cassa è redatto sulla base dei modelli resi disponibili sul sito istituzionale del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

Nell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 sono ricompresi anche “gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative”.

Successivamente, la Ragioneria Generale dello Stato ha trasmesso i suddetti modelli con determina n. 46 del 14 febbraio 2025. Tali modelli sembrano tuttavia poco applicabili alle istituzioni scolastiche.

E infatti da qui sono sorti i primi dubbi, che hanno portato Sindacati e Associazioni di categoria a chiedere chiarimenti: l’adempimento riguarda anche le scuole oppure le istituzioni scolastiche sono escluse?

In data 3 marzo, abbiamo ripreso una notizia pubblicata in pari data sul sito della FLC CGIL in cui è chiaramente specificato che “la ragioneria generale di stato è intervenuta chiarendo che le scuole non sono soggette agli adempimenti previsti dalla determina della Ragioneria Generale dello Stato n.44 del 14 febbraio 2025”.

Facendo seguito alla pubblicazione della nostra notizia, dall’Ufficio Stampa MEF abbiamo ricevuto una richiesta di rettifica, in quanto “la Ragioneria Generale dello Stato non ha formalizzato alcuna nota in merito all’applicabilità alle istituzioni scolastiche della determina n. 46 del 14 febbraio 2025 della Ragioneria Generale dello Stato”.

Da un controllo effettuato, in effetti, non risulta al momento alcuna nota o circolare della RGS che escluderebbe le istituzioni scolastiche dall’adempimento.

Da un approfondimento della Tecnica della Scuola risulta, tuttavia, che alcune scuole hanno ricevuto via e-mail chiare indicazioni dai Revisori dei conti presso il MEF e il MIM di non adempiere all’obbligo, a meno di successive note di chiarimento, non ancora pervenute (ricordiamo, in proposito, che la scadenza, anche se non perentoria, era il 28 febbraio scorso). E già nello stesso mese di febbraio nella piattaforma Argo si comunicava alle scuole di attendere chiarimenti e che comunque non sarebbero state applicate sanzioni in caso di non adempimento della novità introdotta dal Decreto-Legge 19 ottobre 2024, n. 155.

Ad oggi, pertanto, permangono ancora dubbi sull’applicabilità alle scuole del D.L. 155/2025 e della successiva nota della Ragioneria Generale dello Stato: sarebbe opportuno che i due Ministeri coinvolti intervenissero al più presto con una comunicazione ufficiale.

Mobilità 2025, insegnanti di sostegno non possono richiedere trasferimento su posto comune: UIL Scuola segnala blocco su Istanze online

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

I docenti titolari su posto di sostegno, che hanno terminato il vincolo quinquennale, sono impossibilitati a richiedere i posti comuni, anche se sono in possesso dell’abilitazione per la classe di concorso del medesimo grado, perché il sistema di Istanze online li blocca.

A denunciarlo è la UIL Scuola, che segnala questo impedimento che sta interessando tutti quei docenti assunti a tempo indeterminato su posto di sostegno che all’atto dell’assunzione in ruolo erano privi di abilitazione sulla classe di concorso del medesimo grado e che risultano identificati a sistema con il codice ADML o ADSL.

Il Sindacato fa presente che “molti di questi docenti hanno ora conseguito l’abilitazione sulla classe di concorso del medesimo grado di titolarità e, terminato nell’a.s. in corso il vincolo del quinquennio su posto di sostegno, si trovano impossibilitati ad inoltrare domanda di mobilità territoriale da posto di sostegno a posto comune perché il sistema “istanze online” li considera privi di abilitazione senza possibilità di poterne dichiarare l’avvenuto conseguimento“.

La richiesta al Ministero

Sulla base di queste problematiche, la UIL Scuola ha scritto al Ministero dell’Istruzione e del Merito, ribadendo che l’art. 23 comma 10 del CCNI 2025/28 dispone che “L’insegnante titolare di posto speciale o di sostegno o ad indirizzo didattico differenziato che ha terminato il quinquennio di permanenza può chiedere il trasferimento tanto per posti comuni, se in possesso di abilitazione, quanto per posti speciali o ad indirizzo didattico differenziato ovvero di sostegno, per accedere ai quali possegga il relativo titolo di specializzazione” e non fa nessun riferimento temporale rispetto all’acquisizione dell’abilitazione ai fini della richiesta di trasferimento su posto comune, vale a dire se la stessa debba essere posseduta all’atto dell’immissione in ruolo o anche successivamente.

La UIL ha dunque chiesto al MIM di applicare correttamente la normativa vigente e di modificare la piattaforma “istanze online” per rispristinare il diritto dei docenti in questione ad inoltrare la domanda di trasferimento sui posti comuni.

La legge sulla parità compie 25 anni

da Tuttoscuola

“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali” (art. 33 della Costituzione).

Dopo decenni di disputa sulla interpretazione dell’art. 33 della Costituzione a proposito di quel “senza oneri per lo Stato”, veniva pubblicata la legge 62 del 10 marzo 2000 – Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione. A sdoganare quel comma controverso erano stati il ministro dell’istruzione, Luigi Berlinguer, e il presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, entrambi esponenti laici della sinistra, che con quella dirompente decisione avevano colto di sorpresa un po’ tutti, compresa una buona parte delle scuole private che, per diffidenza, temevano di perdere la loro autonomia.

Il testo della legge si apriva con questa definizione “Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali” che sanciva la natura unitaria del sistema d’istruzione, assoggettando agli ordinamenti vigenti e ad altre condizioni le scuole non statali che richiedevano la parità.

Più precisamente, la legge 62 precisava che Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l’infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione.

Attualmente il sistema paritario è costituito complessivamente da circa 11mila scuole (10.938), di cui 8.166 scuole dell’Infanzia, 1.334 scuole Primarie, 628 Scuole secondarie di I grado e 810 Istituti secondari di II grado.

Nel corso di questi 25 anni alcuni istituti paritari della secondaria di II grado hanno forzato o eluso le disposizioni della legge 62/2000, dando vita al fenomeno dei diplomifici, contro i quali, su iniziativa dell’attuale Ministro dell’Istruzione e del Merito, sono stati predisposti alcuni correttivi alla legge sulla parità all’interno di un disegno di legge attualmente all’esame del Parlamento.

Concorsi PNRR 2 per docenti: è il momento della sfida

da Tuttoscuola

L’anno scorso i concorsi ordinari previsti dal PNRR 1 non erano riusciti a centrare l’obiettivo di nominare i vincitori in tempo utile, nonostante l’aiutino di una disposizione straordinaria dell’ultima ora che aveva procrastinato la validità delle graduatorie di merito a fine anno anziché al 31 agosto.

Per i concorsi ordinari di quest’anno previsti dal PNRR 2 il Ministero, per evitare il ripetersi della situazione, è corso ai ripari, intervenendo soprattutto nella riduzione dei tempi di svolgimento delle procedure concorsuali, sfoltendo, in particolare, la platea dei candidati con una disposizione che consente l’ammissione dei candidati all’orale in numero drasticamente ridotto (tre volte il numero dei posti), anche tra quelli che hanno ottenuto 70 punti su 100 allo scritto.

Dopo le prove scritte svolte per tutti i candidati in febbraio, la fase conclusiva degli orali è stata avviata per i concorsi di infanzia e primaria, per i quali è stato reso noto sia il numero dei candidati che hanno ottenuto almeno 70 punti su 100 che quello di chi ha superato le forche caudine della riduzione degli ammessi.

Gli Uffici Scolastici Regionali, nel frattempo, hanno pressoché concluso le nomine delle 56 commissioni e sottocommissioni previste sull’intero territorio, e stanno anche definendo i primi calendari degli orali, con previsione attendibile di concludere tutte le procedure in tempo utile per le nomine dei vincitori a settembre.

Ma le maggiori criticità dello scorso anno non sono venute dai concorsi di infanzia e primaria.

Le difficoltà, forse più di altre volte, hanno riguardato, infatti, i concorsi della secondaria, soprattutto per l’elevato numero di candidati da esaminare nelle numerose classi di concorso previste (131); inoltre, l’anno scorso i guai sono venuti anche dalle commissioni esaminatrici i cui lavori sono stati rallentati non solo dall’elevato numero di candidati da esaminare, ma anche dall’incredibile numero di commissari dimissionari (oltre 200).

Al momento non si conosce il numero dei candidati che hanno superato lo scritto con almeno 70/100 né, soprattutto, lo sbarramento del numero degli ammessi.

Tuttavia, il vulnus potrebbe essere, ancora una volta, quello delle commissioni (ed eventuali sottocommissioni) da nominare.

Per i 10.677 posti delle 131 classi di concorso, se pur aggregati, servono 480 commissioni e 2.400 commissari da nominare, con la speranza che eventuali dimissioni siano molto contenute e, soprattutto, che le prove orali procedano speditamente con la totale disponibilità dei membri di commissione che, come si sa, non fruiscono di esonero dal servizio.

Sarà una sfida da vincere sui territori, possibilmente prima degli esami di maturità. Auguri.

Pesante selezione nel concorso DS: solo il 3,5% accede agli orali. Peggio al Sud

da Tuttoscuola

Il concorso ordinario per l’assunzione di 587 nuovi dirigenti scolastici si avvia gradualmente alla conclusione con la convocazione alla prova orale, già formalizzata, per il momento, in nove delle sedici regioni interessate.

Attualmente, dopo la prova scritta, sono stati ammessi all’orale soltanto 871 candidati, il 3,5% dei quasi 25mila (esattamente 24.944) che avevano presentato domanda di partecipazione.

La dura selezione era iniziata con la prova preselettiva che prevedeva il superamento per un numero pari a tre volte i posti a concorso in ogni regione, registrando alla fine l’ammissione allo scritto di 2.253 candidati, pari al 9%.

La prova aveva registrato una prima sorpresa: la selezione non era stata omogenea sul territorio. Infatti, rispetto alla media nazionale del 9%, nelle regioni settentrionali la percentuale di ammessi si attestava mediamente al 13,3% (con il Piemonte al 15,6%), mentre nelle regioni meridionali la percentuale si attestava mediamente al 5,5% (con la Sicilia al 4,4%).

Di quei 2.253 candidati ammessi allo scritto, soltanto 871 accedono all’orale, per una percentuale media del 38,7%. Ma anche in questo caso, la situazione degli ammessi non è omogenea sul territorio e colpisce nuovamente il Mezzogiorno, dove, rispetto a quella media nazionale del 38,7%, le regioni meridionali registrano il 33% di ammessi (in Calabria il 21,9%), mentre nelle regioni settentrionali la percentuale è del 42,9% (in Friuli VG il 66,7%). Una delle cinque domande allo scritto ha riguardato, sorprendentemente, i permessi brevi per il personale docente e ATA (non proprio una questione fondamentale sulla quale basare il giudizio se un candidato possa essere un valido dirigente-leader educativo di una comunità scolastica, o meno; tanto più se la prova scritta falcidia oltre il 60% degli ammessi).

Di selezione in selezione soltanto il 3,5% è stato ammesso all’orale, ma, rispetto al dato iniziale dei candidati iscritti al concorso, i candidati delle regioni settentrionali registrano il 5,7%, mentre quelli del Mezzogiorno non vanno oltre l’1,8%.

Le probabilità di successo finale per conquistare un posto da vincitore vedono prioritariamente i candidati della Toscana perché per 54 posti a concorso sono stati ammessi all’orale 52 candidati.

In Sardegna per 11 posti sono stati ammessi all’orale 12 candidati.

Ma finalmente a settembre anche il concorso ordinario assicurerà una normalizzazione delle istituzioni scolastiche, riducendo al minimo il ricorso alle reggenze.

Indicazioni Nazionali o Programmi ministeriali?

da Tuttoscuola

Tra anticipazioni, dichiarazioni e voci ufficiose, si fa sempre più concreta la previsione che le nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo e per la scuola dell’infanzia – da quanto si sa, attualmente in fase di avanzata definizione – volute con molta determinazione dal ministro Giuseppe Valditara, si caratterizzeranno non tanto per le finalità generali, per i traguardi per lo sviluppo di competenze e per gli obiettivi di apprendimento, quanto soprattutto per i contenuti. Prescrittivi.

Va sottolineato che si tratta al momento di ipotesi, solo quando sarà reso pubblico il testo si potranno tracciare conclusioni. Ma se i contenuti dovessero effettivamente costituire il nucleo portante e vincolante delle nuove Indicazioni Nazionali, queste rimarrebbero tali soltanto nominalmente, perché nella sostanza equivarrebbero a Programmi ministeriali.

Si tratterebbe di una rivoluzione vera e propria, perché (ri)porterebbe la competenza generale di definizione a livello nazionale, come è avvenuto per mezzo secolo di scuola repubblicana, prima dell’avvento dell’autonomia scolastica nel duemila.

Se ne parlerà in un importante convegno venerdì 14 marzo a Firenze, promosso da Tuttoscuola in occasione dei 50 anni della nostra testata, dal titolo: Dai programmi alle Indicazioni. Dalle Indicazioni ai Programmi? Interverranno Carmela Palumbo, Capo Dipartimento MIM, Damiano Previtali, Presidente del CSPI, Italo Fiorin, Coordinatore della Commissione nazionale sulle Indicazioni nazionali per il primo ciclo del 2012 e Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola. L’incontro si svolgerà all’interno di Didacta e ci si può iscrivere da qui (ultimi posti disponibili).

Se effettivamente la revisione delle Indicazioni Nazionali dovesse portare a questi risultati, vi potrebbero essere conseguenze significative almeno su tre ambiti: le disposizioni normative, gli insegnanti, i libri di testo.

Cominciamo dai libri di testo, perché la loro predisposizione richiederà comunque molto tempo per consentire agli autori di familiarizzare con gli effetti conseguenti alla revisione radicale delle nuove Indicazioni, prima di procedere ad individuare i contenuti.

Dovrà essere una vera e propria corsa contro il tempo, in quanto i nuovi libri di testo, sia per tutte le classi di primaria che per le classi della secondaria di I grado, dovranno essere pronti tra un anno per consentirne l’adozione entro la fine di maggio 2026, in quanto l’entrata in vigore delle nuove Indicazioni Nazionali (o Programmi ministeriali?) è prevista, salvo ripensamenti, a decorrere dall’anno scolastico 2026-27.

Le nuove Indicazioni potrebbero contrastare con il Regolamento dell’autonomia scolastica

da Tuttoscuola

La revisione di un impianto articolato e complesso come quello delle Indicazioni nazionali per il curricolo è un lavoro ciclopico, che inoltre ha una serie di implicazioni di non poco conto. Chissà se quando si è deciso di mettervi mano ci fosse una piena consapevolezza di questo. Vediamo alcune di queste implicazioni.

Le Indicazione Nazionali per il Curricolo, emanate nel 2012, prevedono nella parte introduttiva che “Nel rispetto e nella valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, le Indicazioni costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole.

Sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare, elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione coerenti con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale.

L’impianto che si prospetta con le nuove Indicazioni Nazionali, almeno per quel poco che al momento se ne sa, potrebbe contrastare con l’assunto sopra richiamato. Ma certamente potrebbe bastare una semplice nuova introduzione per modificare o cancellare quel testo impregnato di autonomia.

Non sarà, invece, né semplice né immediato cambiare – se fosse questa la volontà – il Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche (DPR 275/1999), in particolare, nella parte in cui (art. 8) definisce il rapporto di competenza tra il livello nazionale (Ministro) e il livello periferico (istituzioni scolastiche).

“Il Ministro della pubblica istruzione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali, definisce … sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per i diversi tipi e indirizzi di studio:

  1. a) gli obiettivi generali del processo formativo;
  2. b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;
  3. c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale;

…… Le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dell’offerta formativa il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare … la quota definita a livello nazionale con la quota loro riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente scelte”.

Se prendesse piede l’impostazione prescrittiva dei nuovi contenuti di insegnamento, probabilmente la pubblicazione delle nuove Indicazioni Nazionali dovrebbe essere preceduta o accompagnata da una revisione normativa del Regolamento dell’autonomia delle Istituzioni scolastiche relativamente all’art. 8, ma forse anche all’art. 3 relativo al Piano triennale dell’offerta formativa laddove prevede che “Il piano è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi, determinati a livello nazionale ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia”. Anche l’art. 4 (Autonomia didattica) dovrebbe essere rivisto nella parte in cui prevede che “Le istituzioni scolastiche, … concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni”. Fine dell’autonomia didattica, almeno di quella che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni? Non è detto che siano queste le intenzioni, ma certamente il livello di attenzione è, e deve essere, alto.

Nota 11 marzo 2024, AOODGPOC 327

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per le risorse, l’organizzazione e l’innovazione digitale
Direzione Generale per la comunicazione e le relazioni istituzionali

Alle Istituzioni scolastiche primarie e secondarie di I e II grado statali e paritarie
Agli ITS Academy
e p.c. Ai Direttori generali e ai Dirigenti titolari degli Uffici scolastici regionali
Alla Sovrintendenza Scolastica per la Provincia autonoma di Bolzano
All’ Intendenza Scolastica per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
All’ Intendenza Scolastica per le località ladine di Bolzano
Al Dipartimento istruzione e cultura della Provincia autonoma di Trento
Alla Sovrintendenza agli studi per la Regione Valle d’Aosta
LORO SEDI

Oggetto: #MiStaiACuore, campagna di sensibilizzazione sull’uso del defibrillatore semiautomatico esterno e sul primo soccorso.

Nuove Indicazioni 2025 – Scuola Infanzia e Primo Ciclo

Ministero dell’istruzione e del merito

Martedì, 11 marzo 2025 – La Commissione incaricata della redazione del nuovo testo delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione – istituita con D.M n. 47 del 18 marzo 2024 e presieduta dalla Prof.ssa Loredana Perla, Professore ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – ha terminato i lavori di redazione della bozza di documento che è oggetto della presente pubblicazione.
La pubblicazione del documento è finalizzata ad avviare nei prossimi giorni la fase di consultazione che la stessa Commissione effettuerà mediante incontri con le associazioni professionali e disciplinari, con le associazioni dei genitori e degli studenti e con le organizzazioni sindacali della scuola.
Il confronto sarà utile per avviare l’iter formale di adozione delle Nuove Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione che andranno a sostituire dall’anno scolastico 2026/2027 quelle adottate nel novembre 2012.

Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione. Pubblicazione del documento di apertura della consultazione


Nuove Indicazioni 2025. Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione Materiali per il dibattito pubblico