Autismo, 2 aprile la Giornata mondiale: a scuola casi triplicati, spesso aggressivi e reattivi stanno quasi sempre fuori dalla classe ma è sbagliato

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

La Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, in programma il 2 aprileviene celebrata quest’anno in Italia con svariate iniziative: per sensibilizzare i cittadini sul problema, ad esempio, su diversi monumenti italiani si proietterà una luce blu. Come la Fontana dei Dioscuri nella Piazza del Quirinale e la facciata del Senato.

La sindrome dello spettro autistico – caratterizzata da difficoltà a stabilire relazioni sociali normali, da un uso anomalo o assente del linguaggio e da comportamenti ripetitivi – in Italia riguarda oltre mezzo milione di giovani sotto i 20 anni: si caratterizza come una condizione complessa le cui cause non sono ancora del tutto note, anche se esistono correlazioni genetiche, e che richiede interventi mirati.

I numeri ci dicono che a livello globale un bambino ogni 36 (1 su 77 in Italia) è colpito da disturbi dello spettro autistico, con una prevalenza nei maschi. La tendenza è in crescita: il tasso è quasi mille, per l’esattezza 917 casi ogni 100 mila persone.

In Italia, gli esperti segnalano circa 4.330 nuovi casi ogni anno. Eppure, ancora scarsa è spesso la consapevolezza rispetto a questo disturbo, come ha evidenziato anche un recente articolo del New England Journal of Medicine dal quale emerge come l’autismo sia ancora poco conosciuto da molti operatori sanitari, con ripercussioni dirette sulla qualità delle cure erogate.

Anche nella scuola si conferma la crescita. L‘ultimo rapporto dell’Istat sull’inclusione degli alunni con disabilità ci ha detto che gli alunni con disturbi dello spettro l’autismo ammontano a 107.000 e sono pari ad oltre il 32% del totale degli alunni con disabilità, praticamente un terzo dei casi certificati.

Le cause di questa impennata sono state spiegate alla Tecnica della Scuola da Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico, dirigente tecnico presso il Ministero con incarichi legati proprio ai temi della disabilità e dell’inclusione: quello a cui stiamo assistendo, ha detto, è “un forte aumento certificativo in corso da 20 anni. In questo periodo gli studenti con disabilità sono triplicati e tre tipi di disabilità sono esplosi nel panorama clinico: l’autismo (un terzo dei certificati 104), l’ADHD (disturbo dell’attenzione e iperattività), e il DOP (disturbo oppositivo provocatorio).
Si tratta di disabilità accomunate da una caratteristica, e cioè da “comportamenti problema” ovvero con comportamenti “anomali, spesso aggressivi e fortemente reattivi”.

Il problema, ha spiegato Iosa, è che “le basi scientifiche di queste diagnosi sono discusse. Non esiste una certezza genetica e non esistono neppure “cure” farmacologiche particolarmente condivise. Stiamo ormai ritornando a modelli interpretativi ispirati ad un comportamentismo spinto, prevalentemente di base skinneriana, ed è esplosa parallelamente una neo-clinica (con molte strutture private agguerrite nel mercato della cura) con “tecnici terapeutiche” e “tecniche comportamentiste” che hanno una discreta efficacia nei comportamenti problemi, ma anche queste oggetto di discussione. E soprattutto un costo pesante per le famiglie”.

Il problema, continua l’esperto, è che “molto spesso c’è la tendenza ad “isolare” questi bambini e ragazzi (con proteste dei genitori) anche perché reputati “pericolosi” per i compagni di classe. Per loro domina quasi sempre la cosiddetta “copertura totale” (docente di sostegno + educatore comunale) in modo che mai siano lasciati “soli” in mezzo alla classe e ai docenti (diciamo così) ‘normali’. Siamo cioè già verso un declino separativo, in cui si diffondono “aule h” e spazi separati”.

Eppure, conclude l’ex ispettore esperto di disabilità, la soluzione vi sarebbe: occorre “intervenire per sviluppare competenze più raffinate e serie di capacità inclusive per tutti i docenti coinvolti, sia per quelli di sostegno che per i curricolari”.

Secondo l’associazione MGL ApS di Robbiate – che ha organizzato un percorso formativo sull’autismo rivolto a genitori, educatori e professionisti del settore (si svolgerà dal 4 marzo al 15 aprile) – “c’è bisogno urgente di conoscenza e consapevolezza in questi ambiti a fronte di un aumento esponenziale di casi in tutto il Paese. Non sono pronte le istituzioni ma spesso neppure le famiglie. E anche le norme non sono adeguate”.

“Basta pensare che dopo i 18 anni la persona con autismo non viene riconosciuta come tale, ma considerata nell’indifferenziata categoria dei malati psichiatrici”. Inoltre, non c’è traccia di un “registro nazionale completo dei casi”.

Sul fronte scientifico, scrive l’Ansa, tante le sfide ancora aperte come quella di arrivare ad intercettare precocemente i segni di rischio. In questa direzione vanno due studi promossi dalla Fondazione Stella Maris di Pisa, struttura che ogni anno diagnostica un disturbo dello spettro autistico a circa 900 bambini, con una media di 20 a settimana: sono dedicati proprio al riconoscimento dei segni precoci, sia in bambini provenienti dalla popolazione generale, sia in specifici gruppi considerati a rischio, come i bambini prematuri o che hanno un fratello o sorella maggiore con autismo, o che mostrano difficoltà socio-comunicative.

Il fine, spiega Andrea Guzzetta, responsabile del Dipartimento di Neuroscienze dell’Età Evolutiva della Stella Maris, “è proprio quello di intercettare i segni precoci, già dalla fascia 9-15 mesi, per attivare una promozione dello sviluppo, con coinvolgimento delle famiglie, che possa avere ripercussioni positive sulla plasticità cerebrale, che è massima a questa età. La ricerca mostra infatti come i primi segni di autismo emergano spesso già nel primo anno di vita e che i bambini che iniziano l’intervento nei primi due anni presentano in media traiettorie evolutive migliori, rispetto a quelli che lo iniziano successivamente”.

Secondo l’Associazione nazionale genitori persone con autismo, sul territorio, in realtà, i servizi spesso mancano: tra i “diritti mancati”, continua l’Ansa, ci sono innanzitutto i servizi per la diagnosi precoce in ogni regione, la presa in carico e progetti di vita in ogni Asl e i servizi per gli adulti, c’è anche la mancata specializzazione dei docenti nella scuola. Se poi pensiamo che la maggior parte dei 110mila docenti precari di sostegno non hanno mai fatto un corso in didattica speciale, il quadro diventa quasi drammatico.

Per i diritti negati, sui quali ad intervenire, spesso si va in tribunale. Così, ad esempio, alla vigilia della Giornata mondiale, il Tribunale di Campobasso ha condannato l’Azienda sanitaria regionale del Molise a rimborsare 100mila euro ai genitori di un minore autistico per le spese sostenute per garantirgli la riabilitazione con il metodo Aba, che è infatti considerato tra i più innovativi ed efficaci nel trattamento del disturbo autistico, riconosciuto dalle linee guida dell’Iss.

Codice etico docenti, spopola petizione contro il “clima intimidatorio”: “Chi sta zitto ha i requisiti per stare in cattedra?”

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

casi Raimo, della docente che ha frequentato i centri sociali denunciata e della maestra che lavora anche su Onlyfans hanno fatto infuriare molti insegnanti. Cosa può e soprattutto cosa non può fare un docente fuori dall’orario di lavoro? Può esprimere opinioni politiche, manifestare in piazza, lavorare in una piattaforma per adulti?

“Sbatti i prof in prima pagina”

Una docente ha lanciato una petizione dal nome “Sbatti i prof in prima pagina: basta con questo clima intimidatorio” per la libertà di pensiero e di insegnamento, che dal 23 marzo al 1° aprile ha raggiunto 15mila firme. Ecco cosa si legge nel testo di presentazione:

“Siamo insegnanti, personale della scuola di ogni ordine e grado, di ruolo o precari/e; entriamo ogni giorno in classe cercando di appassionare, istruire, informare, far ragionare studenti e studentesse. Molti e molte di noi, al di là del lavoro, hanno un passato e presente di attivismo e impegno sociale; di militanza, di volontariato, di associazionismo, di partecipazione politica. Queste esperienze ci hanno arricchito e hanno contribuito a fare di noi gli insegnanti che siamo.

“Quando non lavoriamo è tempo personale in cui abbiamo tutto il diritto di esprimere la nostra opinione. Quanto sta succedendo ad un’insegnante precaria di Treviso, è un caso destinato a creare un ulteriore spartiacque. Dopo il professor Raimo, sanzionato per le critiche al ministro Valditara, la professoressa viene usata come nuovo cavallo di Troia in previsione di un’ulteriore stretta autoritaria del codice di comportamento dei dipendenti pubblici. In discussione non è più solo quello che sui social si scrive (non importa se dieci anni fa, o ieri: Dio perdona, Internet no!), ma ogni comportamento che chiunque, in modo anche pretestuoso, additi come ‘non idoneo’”.

“Clima di caccia alle streghe”

“In un clima di caccia alle streghe, la deriva autoritaria che si sta delineando all’orizzonte è pericolosissima. L’obiettivo, lo ripetiamo, è la modifica del codice etico: chi sta zitto, chi la pensa come chi governa, ha i requisiti per stare in cattedra. Gli altri, diffamati, sbattuti in prima pagina, ostacolati. Raimo, Salis, ne sono solo degli esempi. Se questo ennesimo caso non solleva indignazione e non viene creata una seria opposizione, il futuro è un codice etico che vada a minare ulteriormente le nostre libertà personali, a causa del lavoro che facciamo”.

“Chiunque conosca la scuola non può che essere consapevole di quanto questo attacco sia pretestuoso. Lavoriamo sottopagati, facendo fronte a problematiche socio-economiche crescenti; in classi-pollaio, in strutture fatiscenti, con tecnologie obsolete o, al contrario, cercando di arginare gli sprechi del PNRR. La scuola media italiana, insomma, ha molti mali. L’antifascismo e l’attivismo per i diritti non sono tra questi. Ed è ipocrita e pretestuoso tirare in ballo l’inadeguatezza rispetto a ragazzini di 11 anni che vanno in scuole sempre più fatiscenti; che hanno appena visto sottrarre milioni di euro, destinati all’istruzione, per il riarmo. Da educatori ed educatrici, vogliamo sottrarci anche a questo pensiero che dipinge i/le minori con cui lavoriamo come esseri manipolabili, confusi, da indottrinare e traviare. Siamo tutti i giorni in classe con loro. Ne condividiamo fatiche, gioie, solitudini, ricerca di identità. Hanno bisogno di confronto, di scontro, di coerenza e solidità. Sortirne da soli è l’avarizia, diceva Don Milani. Sortirne insieme è la politica. Qualcuno vorrebbe cancellare questa parola dalla scuola, eliminando in primis chi si mette in gioco in prima persona. Se vogliamo che il nostro rimanga uno stato di diritto, dobbiamo agire ora. A partire, sì, proprio dalla scuola, perché è un’istituzione importante, in uno Stato che civilmente si definisca tale, ma viene costantemente strumentalizzata a fini politici. Basti pensare alle nuove indicazioni nazionali: la scuola diventa un capro espiatorio dove, qui sì, emanare normative fortemente ideologiche. Non possiamo continuare ad essere delle pedine in questo gioco al massacro”.

I casi che hanno scatenato polemiche e il codice etico

Un codice etico con norme specifiche per docenti e personale scolastico anche sui comportamenti sui social: il Ministero dell’Istruzione e del Merito lo starebbe redigendo, avendolo già sottoposto a una commissione di giuristi. Lo riporta La Repubblica.

Il Codice dovrebbe essere in linea con il già esistente Codice di comportamento nazionale per i dipendenti pubblici, modificato l’ultima volta nel giugno del 2023. Importante, come anticipato, il capitolo sull’uso dei mezzi di informazione e dei social network, dove già si legge che “il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale”.

E che “le amministrazioni si possono dotare di una ‘social media policy’ per ciascuna tipologia di piattaforma digitale”, che “deve individuare le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni”.

Tutto avviene dopo che molti casi hanno fatto scalpore: ritorna in mente il caso del docente Christian Raimosospeso dal servizio per tre mesi dopo aver criticato il ministro Valditara. O, ancora più recente, quello della maestra di un asilo cattolico che lavora anche sulla piattaforma Onlyfans, per la quale molti genitori chiedono il licenziamento per “comportarsi” in modo poco decoroso. Il nuovo Codice dovrebbe anche regolare la comunicazione in chat come WhatsApp tra docenti e studenti.

Formare il pensiero critico nell’era digitale: l’educazione come antidoto alla disinformazione

da Tuttoscuola

Il tempo della scrittura, il tempo degli scrittori: questa, in sintesi, l’istantanea del nostro tempo, dove gli autori superano di gran lunga i lettori e dove la produzione di testi è diventata accessibile a tutti, così come lo è farsi conoscere e raggiungere da una moltitudine di lettori.

Ne sono un esempio concreto i blog locali, in cui chiunque, con poche competenze nella gestione di siti web e nei linguaggi WordPress o Joomla, può cimentarsi nella produzione, pubblicazione e divulgazione di articoli e saggi, esercitando un’influenza non trascurabile sul lettore e sull’opinione pubblica. Un fenomeno a sé sono, poi, i social network, dove, sebbene l’accesso sia libero a tutti, l’autorevolezza delle fonti viene spesso sostituita da una percezione soggettiva dell’affidabilità dell’autore, desumibile dal suo profilo, dalla sua popolarità e dal tipo di contenuti condivisi.

A questo scenario si aggiunge l’irruzione dell’intelligenza artificiale, che ha reso ancora più semplice ed efficace la generazione e gestione di testi. Tuttavia, dietro il manierismo di un linguaggio scorrevole e ben costruito, l’IA può nascondere errori grossolani, affermazioni infondate e contenuti fuorvianti, spesso difficili da individuare. L’illusione che basti utilizzare piattaforme per il riconoscimento di contenuti generati artificialmente è pericolosa, poiché oggi esistono “umanizzatori” sempre più sofisticati in grado di rendere questi testi perfettamente assimilabili a quelli scritti da un essere umano.

Allo stesso tempo, si possono demonizzare contenuti di valore, prodotti da autori che utilizzano l’IA, per la fase finale di revisione del testo, un compito una volta destinato ai correttori di bozze.

Viviamo, quindi, in un’epoca segnata dalla sovrabbondanza informativa, in cui l’accesso alle notizie è non solo immediato ma anche costante, pervasivo, spesso inevitabile. Ogni giorno ci immergiamo in un flusso continuo di notizie, dati, opinioni, immagini e contenuti multimediali provenienti da una molteplicità di fonti – alcune autorevoli, altre improvvisate o manipolate. Questa iperconnessione, se da un lato rappresenta una straordinaria opportunità di conoscenza e partecipazione, dall’altro alimenta fenomeni come l’infodemia, le fake news e la disinformazione sistemica.

In questo oceano di contenuti, la capacità di distinguere ciò che è autentico da ciò che è distorto, ciò che è documentato da ciò che è basato su interessi ideologici o commerciali, diventa sempre più difficile da esercitare. La disinformazione non è soltanto un rischio per la correttezza delle opinioni individuali, ma rappresenta una minaccia concreta per la salute delle democrazie, per il dialogo pubblico e per la possibilità stessa di costruire una conoscenza condivisa.

In tale contesto, la scuola assume un ruolo strategico e imprescindibile. Solo attraverso percorsi formativi mirati e consapevoli, in grado di potenziare il pensiero critico, si può costruire una cittadinanza attiva e responsabile. Formare giovani capaci di analizzare, confrontare, interpretare e valutare in maniera autonoma le informazioni significa difendere la libertà di pensiero e promuovere un uso etico e consapevole dei mezzi di comunicazione. L’educazione alla lettura critica, alla verifica delle fonti e alla comprensione del linguaggio mediatico è dunque il primo e fondamentale passo per garantire una società realmente informata, equa e libera.

I mezzi di comunicazione: tra pluralità e manipolazione

I media, sia cartacei che digitali, giocano un ruolo centrale e delicatissimo nella costruzione dell’opinione pubblica. I giornali tradizionali, un tempo unici depositari dell’autorevolezza informativa, oggi devono confrontarsi con una galassia di fonti alternative: siti web, blog, podcast, canali YouTube, influencer e soprattutto social network. Questa pluralità rappresenta, almeno in teoria, una conquista democratica: dà voce a più attori, amplia la possibilità di espressione e consente una maggiore circolazione delle idee. Tuttavia, nella pratica quotidiana, il moltiplicarsi incontrollato delle fonti informative rischia di trasformare il panorama mediale in una vera e propria giungla, in cui diventa sempre più difficile distinguere l’informazione dalla disinformazione, l’approfondimento dall’intrattenimento, la cronaca dalla propaganda.

I contenuti diffusi, soprattutto online, non sono sempre filtrati da un controllo redazionale. Molte piattaforme, per ragioni economiche, privilegiano l’engagement e la viralità rispetto all’accuratezza dei fatti. Spesso prevalgono interessi economici, politici o ideologici che indirizzano la narrazione verso obiettivi precisi, talvolta persino manipolativi. In questo scenario, il cittadino si trova esposto a un bombardamento costante di informazioni non verificate, titoli sensazionalistici, montaggi visivi suggestivi e narrazioni emotive.

Saper leggere i media in modo critico significa, quindi, non solo saper riconoscere una fake news, ma anche cogliere le sfumature di una narrazione costruita ad arte, comprendere il linguaggio delle immagini, identificare le fonti e valutarne la credibilità. È una competenza civica essenziale, che andrebbe coltivata in ambito scolastico attraverso percorsi interdisciplinari che uniscano educazione civica, tecnologia, letteratura, filosofia e media education. Solo così potremo sperare di formare cittadini in grado di esercitare davvero la loro libertà di pensiero e di partecipare in modo consapevole alla vita democratica.

Il sistema ISSN: un criterio di riconoscimento e affidabilità

Un elemento chiave per orientarsi nel vasto e spesso caotico mondo delle testate giornalistiche è rappresentato dal sistema ISSN (International Standard Serial Number), un codice numerico internazionale che consente di identificare in modo univoco le pubblicazioni periodiche, sia in formato cartaceo che digitale. Questo codice, gestito da centri nazionali e coordinato a livello globale dall’ISSN International Centre con sede a Parigi, costituisce un importante strumento di trasparenza e tracciabilità editoriale. La presenza di un ISSN su una testata giornalistica non garantisce automaticamente la qualità dei contenuti, ma segnala comunque l’esistenza di un iter di registrazione formale e l’adesione a standard minimi di pubblicazione riconosciuti a livello internazionale.

Conoscere il significato e l’importanza di questo numero consente al lettore di distinguere le fonti registrate da quelle prive di riconoscimento ufficiale, contribuendo a una fruizione più consapevole dell’informazione. Inoltre, il sistema ISSN è spesso integrato nei cataloghi delle biblioteche e nelle piattaforme di indicizzazione accademica, facilitando l’accesso e il controllo delle pubblicazioni periodiche da parte di ricercatori, insegnanti e studenti. In ambito scolastico, introdurre gli studenti all’uso dell’ISSN significa fornire loro uno strumento pratico per esercitare la loro autonomia critica e per accedere in modo selettivo a contenuti più affidabili e verificabili.

Educare i giovani a ricercare la presenza di un ISSN, a comprenderne il valore e ad associarlo alla credibilità delle fonti è un’azione concreta per sviluppare consapevolezza e responsabilità informativa. Questo tipo di alfabetizzazione informativa, se integrato nei curricula scolastici, rafforza la capacità degli studenti di muoversi con competenza nel complesso ecosistema informativo contemporaneo.

L’importanza delle fonti bibliografiche nella formazione

Nella scuola e nell’università, l’abitudine a usare e citare fonti bibliografiche affidabili è la base imprescindibile per la costruzione del sapere. L’educazione alla ricerca documentale non è solo un esercizio formale, ma un allenamento alla precisione, alla verifica e al rispetto della verità. La ricerca accademica insegna a distinguere le opinioni dai dati, le narrazioni dalle evidenze empiriche, le ipotesi dai risultati verificati.

Insegnare agli studenti a consultare banche dati scientifiche, articoli peer-reviewed, enciclopedie specialistiche, archivi storici e fonti primarie significa renderli consapevoli della complessità del sapere e capaci di selezionare l’informazione in base a criteri oggettivi. Inoltre, la competenza bibliografica implica la conoscenza di strumenti come i codici DOI, le citazioni secondo stili internazionali (APA, MLA, Chicago) e l’uso critico delle note a piè di pagina, tutti elementi che consolidano un metodo scientifico e rigoroso.

L’uso corretto della bibliografia permette di evitare il plagio, di sostenere le proprie argomentazioni con fonti verificate e di esercitare una forma di rispetto intellettuale verso il lavoro altrui. È un gesto etico e culturale che trasmette serietà, umiltà e spirito di cooperazione nel percorso di costruzione collettiva della conoscenza. Una formazione solida in questo senso non solo rafforza le competenze scolastiche, ma crea cittadini critici, consapevoli e capaci di esercitare il pensiero autonomo, anche al di fuori delle aule scolastiche.

Intelligenza artificiale: uno strumento potente ma non infallibile

Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, si sono moltiplicate le possibilità di accesso, elaborazione e produzione di contenuti, modificando profondamente il nostro modo di cercare informazioni e di interagire con il sapere. Dalle chatbot ai generatori di testi, dalle traduzioni automatiche ai sistemi predittivi, l’IA offre strumenti potenti che possono supportare lo studio, la ricerca e la comunicazione. Tuttavia, questi strumenti, per quanto sofisticati, non sono infallibili: possono commettere errori logici, generare contenuti falsi o imprecisi, confondere autori, dati e fonti, o riflettere pregiudizi impliciti presenti nei dataset di addestramento.

È quindi essenziale educare all’uso consapevole dell’intelligenza artificiale come strumento di supporto e non come autorità assoluta o fonte di verità. Ogni contenuto generato dall’IA deve essere sottoposto a verifica, confrontato con fonti attendibili e analizzato con spirito critico. Serve una nuova forma di alfabetizzazione digitale che includa non solo la conoscenza tecnica degli strumenti, ma anche una riflessione etica sul loro utilizzo e sulle implicazioni cognitive, sociali e culturali che comportano.

Anche in questo caso, la scuola gioca un ruolo decisivo: gli studenti devono imparare a usare l’IA come alleata nella costruzione del sapere, mantenendo però sempre il controllo umano sulla selezione, la revisione e l’interpretazione delle informazioni. Solo un’educazione che integra tecnologia e pensiero critico potrà garantire un utilizzo etico, responsabile e realmente potenziante dell’intelligenza artificiale.

Conclusione – Una sfida educativa urgente

Contrastare la disinformazione non è compito esclusivo dei giornalisti o dei legislatori, ma deve diventare una missione condivisa, in particolare da parte del mondo dell’istruzione. Le scuole, dalla scuola dell’infanzia fino all’università, hanno la responsabilità di formare individui dotati di strumenti cognitivi adeguati per orientarsi in un panorama informativo sempre più complesso e frammentato. Formare il pensiero critico significa coltivare la capacità di porre domande, di analizzare in profondità, di decostruire le narrazioni dominanti e di riconoscere le tecniche di persuasione occulte.

Un’educazione realmente efficace deve includere laboratori di fact-checking, percorsi di media literacy, esercitazioni pratiche sulla valutazione delle fonti e momenti di riflessione etica sull’uso delle tecnologie. Insegnare a distinguere tra fonti attendibili e fonti inaffidabili, a verificare i dati prima di condividerli, a riconoscere le emozioni manipolative usate nei titoli sensazionalistici, rappresenta oggi un dovere educativo imprescindibile.

Solo se si riuscirà a integrare queste competenze trasversali nei curricoli scolastici e a renderle patrimonio comune della formazione dei futuri cittadini, l’informazione potrà tornare ad assumere la sua funzione originaria: non quella di confondere, ma di chiarire; non di dominare, ma di emancipare; non di dividere, ma di unire nella ricerca condivisa della verità.

DL contrasto ai diplomifici. Perché non si parla del numero minimo di studenti per classe?

da Tuttoscuola

Il testo del decreto-legge non interviene sul numero minimo di studenti per classe, proprio come il ddl approvato un anno fa dal CdM, ignorando quanto previsto nel comunicato stampa del 6 dicembre 2023, laddove il Ministero aveva previsto che, all’interno del disegno di legge finalizzato a contrastare i diplomifici, sarebbe stata inclusa anche “l’individuazione del numero minimo di studenti per la costituzione delle classi dei vari anni di corso”.

Il numero minimo di studenti per classe, non regolato dalla legge 62/2000 sulla parità, era stato fissato in almeno otto dal decreto 267/2007.

Su ricorso di una associazione di istituti paritari, il TAR dichiarava illegittimo quel limite per eccesso di delega, ma la sentenza, non appellata, diventava definitiva e lo stesso ministero emanava una nota (n. 4334/2011) con la quale precisava che non era più previsto nessun limite.

Da quella nota del 2011 sono trascorsi 14 anni senza che nessun ministro, al di là della sua appartenenza politica, sia intervenuto rispetto alla sentenza del TAR che, di fatto, consentiva il funzionamento di classi con numero ridottissimo di alunni (nel 2023-24 sono state 198 le classi con un solo studente iscritto).

Tuttoscuola ha approfondito le situazioni note grazie al Portale dati del Miur costituito soltanto a cominciare dall’anno scolastico 2015-16 come risulta di seguito.

A.S. Classi intermedie Classi da 1 a 7 alunni
2015-16 6.141 2.400 39,1%
2016-17 5.927 2.306 38,9%
2017-18 5.842 2.289 39,2%
2018-19 5.924 2.358 39,8%
2019-20 5.978 2.370 39,6%
2020-21 5.932 2.376 40,1%
2021-22 6.198 2.311 37,3%
2022-23 6.460 2.481 38,4%
2023-24 6.607 2.239 33,9%

Elaborazione Tuttoscuola su dati Portale Unico MIM

Il fatto è che per tanti motivi la vita degli istituti paritari (e ci riferiamo soprattutto a quella grandissima maggioranza che opera correttamente) è dura. Proviamo ad immaginare cosa sarebbe successo in questi anni se fosse rimasto il limite minimo di otto alunni per classe. Probabilmente diversi istituti paritari non sarebbero sopravvissuti.

Non sarà semplice ripristinare per legge quel limite cancellato, come aveva annunciato il ministro, perché il limite minimo di alunni per classe è scomparso.

Pertanto, se non interverrà il Parlamento con una disposizione normativa ad hoc, potranno continuare a funzionare classi con numero ridottissimo di alunni.

In tal caso, per queste classi non potrebbe esserci nessun contributo statale (attivabile con almeno otto alunni), ma le scuole paritarie saranno comunque legittimate a funzionare, in quanto avrebbero alunni in ogni classe (requisito indispensabile per mantenere lo status di parità).

Il problema è che questi “sconti per tutti” finiscono per salvare anche i diplomifici.

Nota Ministero dell’Interno 2 aprile 2025, DCSE 2952

Ministero dell’Interno
Dipartimento per gli affari interni e territoriali
Direzione centrale per i servizi elettorali

Al Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione

OGGETTO: Elezioni amministrative nei comuni delle regioni a statuto ordinario di domenica 25 e lunedì 26 maggio 2025, con eventuale turno di ballottaggio per l’elezione dei sindaci nei giorni di domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025. Referendum abrogativi ex art. 75 della Costituzione nei giorni di domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025.

Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo

GIORNATA MONDIALE DELLA CONSAPEVOLEZZA SULL’AUTISMO

IL 2 APRILE IL CONVEGNO INTERNAZIONALE ANFFAS E ANGSA

“UN’ALLEANZA PER L’AUTISMO: DIRITTI, COMPRENSIONE, TRATTAMENTI E SERVIZI”

“Un’alleanza per l’autismo: diritti, comprensione, trattamenti e servizi”:questo il titolo del convegno internazionale organizzato da Angsa Nazionale e Anffas Nazionale che si svolgerà il 2 aprile p.v., in occasione appunto della Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo, pressol’Auditorium Cosimo Piccinno (Lungotevere Ripa 1) ospitato dal Ministero della Salute.

Obiettivo dell’evento è promuovere i diritti, la comprensione e il supporto per le persone nello spettro dell’autismo: un tema di rilevanza globale che sarà affrontato e declinato sotto molteplici aspetti anche grazie alla partecipazione di numerosi e prestigiosi relatori, tra cui il Prof. Evan Eichler che terrà la Lectio magistralis “Understanding the genetics of autism”.

Numerose le personalità istituzionali che porteranno i loro saluti all’evento: il Ministro per le Disabilità, On. Alessandra Locatelli (tramite contributo video), il Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, On. Marcello Gemmato, il Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione e del Merito, On. Paola Frassinetti, la Consigliera Ministro dell’Università e della Ricerca, Simona Durante, il Presidente Autorità Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilitàAvv. Maurizio Borgo, eil Prof. Francesco Vaia eil Dott. Antonio Pelagatti, componenti Autorità Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilità.

Sono inoltre previsti e in attesa di conferma gli interventi del Prof. Orazio Schillaci, Ministro della Salute, del dott. Francesco Nicola Maria Petricone, Consigliere per le politiche sociali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, della dott.ssa Mariella Mainolfi per la Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale, e del dott. Francesco Rocca, Presidente Regione Lazio.

I lavori – moderati da Vincenzo Falabella (presidente FISH), e da Serafino Corti (Coordinatore Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità) – si apriranno con l’introduzione di Giovanni Marino, Presidente Angsa Nazionale, a cui seguirà, dopo i saluti istituzionali, l’intervento di Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas, concernente il “Manifesto Autismo: atti, proposte condivise ed azioni attese”. Due le sessioni che seguiranno concernenti l’ambito della ricerca e dei diritti, degli interventi e dei servizi e che porteranno all’ampio spazio dedicato al dibattito aperto a genitori, insegnanti di sostegno, educatori, personale sanitario.

La sessione dedicata alla ricerca vedrà gli interventi della Prof.ssa Maria Luisa Scattoni (Ricercatore presso il Servizio di Coordinamento e Supporto alla Ricerca dell’ISS, coordinatrice del Network Italiano per il riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico, dell’Osservatorio Nazionale Autismo e, responsabile scientifico del progetto per l’utilizzo del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico)del Prof. Giovambattista Presti (medico, psicoterapeuta e professore ordinario di Psicologia generale presso l’Università di Enna «Kore»), del dott. Fabio Tosolin (Presidente dell’Association for the Advancement of Radical Behavior Analysis e di IACABAI – Italy Associate Chapter of ABAI), e del Prof. Davide Carnevali (Psicologo, psicoterapeuta, dottore di ricerca, analista del comportamento BCBA e SIACSA, Dirigente sanitario presso Fondazione Sospiro, docente presso la Sigmund Freud University di Milano), mentre la sessione dedicata ai diritti, agli interventi e ai servizi avrà la partecipazione del dott. Alessandro Solipaca (Direttore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane),del dott.Raffaele  Ciambrone (dirigente MIUR), del Prof. Roberto Keller (psichiatra, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, direttore del centro regionale piemontese per disturbi dello spettro autistico nell’età adulta), del dott. Massimo Molteni (specialista in Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), del dott. Angelo Cerracchio (coordinatore del gruppo di lavoro “Benessere e salute” costituito presso l’ Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità), dell’Avv. Gianfranco de Robertis (Vice Presidente Tavolo tecnico per la redazione di un Testo unico per le disabilità ed Esperto giuridico della Segreteria Tecnica del Dipartimento delle politiche in materia di disabilità – Presidenza del Consiglio dei ministri).

Fondo Autismo, epidemiologia, Piano Nazionale per l’autismo, scienza dell’analisi del comportamento e strumenti ABA, inclusione scolastica, reti territoriali, Linee di Indirizzo per i regolamenti dei servizi, Progetto di Vita, accertamento del disturbo dello spettro dell’autismo nella valutazione di base: tanti quindi i temi che saranno trattati, tutti di forte interesse e strettamente collegati alla vita e alle necessità delle persone nel disturbo dello spettro dell’autismo.

L’incontro sarà quindi un’importante occasione di confronto tra esperti, istituzioni, associazioni, professionisti e famiglie, con l’obiettivo di condividere buone pratiche, aggiornamenti scientifici e riflessioni sui percorsi di inclusione sociale e sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni e la comunità scientifica sull’importanza di costruire una vera e propria alleanza tra enti pubblici e privati, per promuovere una cultura di inclusione e rispetto per i diritti delle persone con autismo.

“Questo straordinario evento consentirà di dare una panoramica a 360° sui tanti temi che interessano le persone nel disturbo dello spettro dell’autismo, le loro famiglie e tutti coloro che a vario titolo sono parte della loro vita, dalle istituzioni alla sfera sociosanitaria, con l’obiettivo di porre sempre al centro la persona così come oggi ribadito con forza dall’attuale recente normativa collegata alla Riforma in materia di disabilità.  Le sfide sono ancora tante e quello che è urgente ecapire in modo preciso e dettagliato quali sono le loro esigenze specifiche al fine di garantire loro la migliore Qualità di Vita possibile in una società pienamente inclusiva, in ogni suo ambito”: così Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas (ricordiamo che Anffas si prende cura e carico di circa 4000 persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie in tutta Italia e che aderisce ad Autism Europe).

L’alleanza tra le associazioni maggiormente rappresentative e le istituzioni che si occupano di autismo è un fatto molto positivo” dichiara Giovanni Marinopresidente Angsa “Fa crescere in modo esponenziale la capacità di porre all’attenzione, con responsabilità e consapevolezza il tema delle persone con spettro autistico”. “Angsa nel 2025 compie 40 anni. In quattro decenni l’impegno delle famiglie ha creato una rete capillare impegnata a dare speranze di un futuro sereno e dignitoso alle persone con autismo, tutelando i loro diritti, la prospettiva di una vita dignitosa, il più possibile autonoma, e la massima inclusione nella società” conclude.