
Guia Risari, gli Ebrei della tradizione
di Antonio Stanca
Allegato a Il Sole 24 ORE è uscito tempo fa, per conto di Gribaudo, Le più belle storie della tradizione ebraica dove Guia Risari ha raccolto molte credenze del popolo ebreo dalle più antiche alle moderne. Le ha ordinate, divise per argomenti e le ha fatte illustrare da Cinzia Ghigliano. L’opera risale al 2021 quando la Risari aveva cinquant’anni.
Nata a Milano nel 1971, qui si è laureata in Filosofia Morale e qui ha cominciato a lavorare come educatrice e giornalista. Andata in Francia si è dedicata all’insegnamento, alle traduzioni, a ricerche di carattere storico e letterario. Sempre più ampi sono diventati i suoi interessi, in molti centri di studio, italiani e stranieri, si è fatta notare per la sua attività di saggista, curatrice di opere importanti, traduttrice. A questi impegni, a questi studi, che spaziano tra autori e opere di diversa nazionalità, di diverso genere, vanno aggiunti i laboratori di scrittura, di lettura, le conferenze sulla filosofia, sulla letteratura tenute dalla Risari in molte università, scuole, biblioteche e altri posti. Anche scrittrice di racconti, di libri per l’infanzia, di romanzi si è rivelata col tempo, anche poetessa, e molti premi ha ottenuto come studiosa e come autrice. Una figura dagli interessi multipli è la sua, è quella propria dell’intellettuale moderno, capace di muoversi con destrezza tra il lavoro della ragione e l’altro del genio, tra l’erudizione e l’aspirazione artistica. Al primo appartiene la detta antologia circa “le storie della tradizione ebraica”. È un’opera che permette di sapere, tramite una facile lettura, tanto passato del popolo d’Israele, tanta sua vita, tanto suo modo di pensare, di fare. Sono storie brevi, leggende, racconti, favole, partono dall’antichità e giungono ai tempi moderni. La Risari ha scelto le più significative, le ha sistemate in modo da far vedere per intero il mondo al quale appartengono, dal quale provengono. Riesce la scrittrice a far conoscere, con le credenze che riporta, gli usi, i costumi, gli ambienti di vita, di lavoro di un popolo tra i più travagliati della storia. Liberato sembra da questo travaglio Israele quando si legge il libro giacché in ognuna delle sue “storie”, reale o immaginaria, comica o tragica, sappia di fantasia o di magia, risalga al mito o alla religione, dica di persone o di animali, di re o di mendicanti, di saggi o di empi, di uomini o di dei, di sogni o di desideri, di vizi o di virtù, in ognuna prende evidenza, risalta sempre l’aspetto positivo, la parte utile, giusta, migliore di quanto detto. Il fine ultimo delle situazioni presentate, delle “storie” che le contengono, è sempre quello del bene che vince sul male, dell’invito a perseguirlo, praticarlo. Ad una misura, una regola unica sembrano tutte obbedire. È la prova di una concezione, di una pratica di vita che è stata degli Ebrei fin dalle loro origini e che consiste nel sentire, perseguire principi, valori altamente spirituali, chiaramente segnati dalla loro religione. È stata la loro fede religiosa a tenerli uniti ovunque si siano trovati durante la diaspora, sono stati i loro modi di vivere, di credere, che a quella fede ubbidivano, a rimanere intatti nonostante i problemi, i pericoli, gli orrori sofferti perché perseguitati. È stato uno spirito di saggezza ad emergere sempre, a rivelarsi come il carattere distintivo dell’uomo ebreo. Queste “storie” ne sono la testimonianza più autentica.
È il merito principale del libro della Risari: ha cercato, ha scoperto nelle credenze popolari i segni di riconoscimento del popolo ebreo, è risalita alle loro più remote origini, li ha fissati in maniera inequivocabile, definitiva.
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