Missiroli, nuovi modi per vecchi problemi
di Antonio Stanca
Recentemente, per conto di Mondadori Libri su licenza Einaudi, è comparsa un’edizione speciale di Avere tutto, romanzo di Marco Missiroli che lo pubblicò nel 2022, quando aveva quarantuno anni.
Nato a Rimini nel 1981, si è laureato in Scienze della Comunicazione a Bologna nel 2005. Aveva ventiquattro anni e allora aveva pure esordito nella narrativa col romanzo Senza coda al quale, nel 2006, era stato assegnato il Premio Campiello Opera Prima. Trasferitosi a Milano, Missiroli inizierà la collaborazione col Corriere della Sera e continuerà a scrivere di narrativa, romanzi o racconti. Gli saranno attribuiti altri riconoscimenti, premiate saranno quasi tutte le sue opere e pure molto tradotte. I loro motivi spesso si ripetono, ritornano, insistono sulla formazione dei giovani diventata così importante in una vita, in una società, in un mondo come quello attuale che si è caricato di problemi, di pericoli di ogni tipo e che dai giovani si attende una risposta, una soluzione a tanto male.
È il romanzo di formazione il genere preferito da questo scrittore. È quello comparso già in Senza coda, al suo esordio, e ripreso in Atti osceni in luogo privato che nel 2015 sarebbe risultato un best-seller vincitore del Premio SuperMondello e del Premio Letterario Elba. Anche al recente Avere tutto è stato assegnato il Premio Bagutta. A Fedeltà, romanzo di poco precedente, era andato il Premio Strega Giovani ed era stata dedicata una serie televisiva. Molta è l’attenzione, molto l’interesse che suscita Missiroli scrittore giacché della vita di ogni giorno, della più recente attualità fanno parte le vicende, le persone che rappresenta nonché il problema della formazione dei giovani sul quale tanto insiste, che tanto importante ritiene. Intravede, tuttavia, delle soluzioni alla grave situazione di crisi, di perdita dei valori morali, spirituali che si è andata diffondendo. In Avere tutto torna il tema dei giovani ma nuovo è il modo espressivo, il linguaggio col quale lo scrittore lo rende. È veloce, rapido e così anche nei dialoghi. Allude, lascia intendere, non si cura di completare, svolgere un pensiero, un argomento, un discorso. Procede in fretta, quasi volesse riflettere quel movimento, quella corsa, quella frenesia propria della Rimini estiva che fa da sfondo alla narrazione. Da qui, dalla riviera romagnola provengono stavolta i giovani protagonisti del romanzo, Sandro, Giulia, la Bibi, Walter, Lele, don Paolo ed altri meno evidenti ma tutti in preparazione per la vita, tutti esposti alle più diverse esperienze, tutti in fase di formazione. Su Sandro, però, si sofferma in particolare lo scrittore, è attraverso la sua famiglia, le sue cose che farà vedere tutto quanto oggi avviene intorno ad un giovane che sta cercando la sua strada. Anche degli altri ragazzi, suoi compagni o amici, dirà Missiroli, di cosa stiano facendo per entrare nel mondo, ma di Sandro farà il protagonista quasi unico, non lo perderà mai di vista nonostante sempre affollata risulti la scena, sempre carica di novità, imprevisti, sorprese quale può essere quella della riviera romagnola durante l’estate. Gli anni sono trascorsi da poco, Sandro è tornato a Rimini da Milano, dove sta cercando lavoro, ha ritrovato i suoi genitori, Nando e Caterina, ancora presi dall’antica passione per il ballo, il ballo scatenato da praticare in tutte le balere del posto. Lo hanno sempre fatto, sono stati ammirati e nonostante abbiano maturato una certa età non riescono a staccarsi. Il ballo li tiene ancora avvinti anche se non al punto da non farli preoccupare per il vizio del gioco delle carte che a sua volta tiene avvinto Sandro. Pur avendo tentato tanti modi non erano riusciti a tirarlo fuori. Difficile era diventato il rapporto tra genitori e figlio. Per Sandro poi quel vizio rovinava anche gli altri rapporti, il legame con Giulia, l’amicizia con la Bibi, Lele, Walter e gli altri. Tutti intervenivano, ognuno a suo modo, per dissuaderlo, distoglierlo, liberarlo dal problema. Due genitori così nuovi, così liberi da non rinunciare ad una loro passione, un figlio tanto preso dal vizio da rimanervi vittima nonostante i danni, le perdite, i debiti, che gli procura. E non solo Nando, Caterina e le persone più vicine gli stanno contro ma l’intero ambiente. Uno scontro, una lotta tra bene e male è quella che lo scrittore mostra, è uno dei tanti aspetti che può assumere la vita dei nostri giorni, è quell’attualità tanto cara al Missiroli. Qui la fa vedere meglio perché la esprime con un linguaggio che ad essa aderisce, che la mostra mentre sta avvenendo, che di essa fa diventare partecipi. Tesi per quel che può succedere, se ci saranno altre perdite, altri debiti, si diventa ogni volta che Sandro è mostrato al tavolo da gioco. L’opera porta ad immedesimarsi con la sua condizione, a conviverla, a volerla vedere risolta. Per questo si giunge a star meglio, a sentirsi meglio quando alla fine Missiroli fa leggere come il suo eroe negativo si sia convertito, come abbia deciso di smettere col suo vizio e perseguire gli obiettivi propri di una vera formazione. Più delle altre volte lo scrittore li ha fatti attendere ma sono arrivati anche stavolta: è un segnale positivo, di speranza, di fiducia, è la scoperta di vie d’uscita anche nella sconfitta.
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