Concorso nazionale sul ruolo delle Forze Armate e del Militare italiano e sugli articoli 11 e 52 della Costituzione

Durante le celebrazioni della Festa della Repubblica

Nell’ambito delle celebrazioni per la Festa della Repubblica, si è svolta oggi a Roma la premiazione delle scuole vincitrici del primo concorso nazionale sul ruolo delle Forze Armate e del Militare italiano e sugli articoli 11 e 52 della Costituzione. L’iniziativa è stata lanciata durante questo anno scolastico per promuovere i principi fondanti della Repubblica, nella prospettiva di rafforzare il senso civico la consapevolezza storica e la conoscenza del ruolo delle Forze Armate nel nostro Paese.

La premiazione delle scuole è avvenuta nel corso dei festeggiamenti del 2 giugno. Alla manifestazione erano presenti le delegazioni degli Istituti scolastici vincitori che hanno consegnato i loro elaborati al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla presenza del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.

Di seguito le scuole vincitrici:

1° classificato, categoria elaborato scritto,

Liceo classico linguistico “Giacomo Leopardi” di Macerata, Amanda Procaccini classe 5^C

1° classificato, categoria elaborato grafico,

Istituto di istruzione secondaria “Del Prete – Falcone” di Sava (TA), classe 2^A Chimica, Materiali e Biotecnologie.

1° classificato, categoria elaborato multimediale, Istituto tecnico tecnologico statale “Leonardo Da Vinci” di Viterbo, classe 1^A Elettronica ed elettrotecnica.

Ludodidattica

Ludodidattica

Il sapere che gioca

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Il gioco, in tutte le sue forme e varianti, fin dalla notte dei tempi, dalla nascita fino agli ultimi anni della vita, rappresenta uno degli aspetti più belli e motivanti della nostra esistenza. Giocare rende felici, questo è innegabile, perché è un’attività che gratifica, coinvolge, connette. A livello neurologico, il gioco stimola la produzione di dopamina e serotonina, neurotrasmettitori fondamentali per il benessere psico-fisico, la motivazione e l’apprendimento.

Per gli studenti, giocare — un tempo considerato un tabù, una violazione della serietà della formazione — è oggi divenuto una via legittima e feconda per trasformare l’apprendimento in esperienza. Non è più solo una trasgressione felice di una scuola che a volte non convince più, ma è divenuto il cuore pulsante di una scuola nuova, una scuola dove il tempo dell’apprendere si fa istante denso di emozione, relazione e scoperta. Nel gioco, come nel mondo animale, i cuccioli imparano a sopravvivere. Così anche i nostri studenti, attraverso dinamiche ludiche, apprendono le regole della vita, imparano a sbagliare, a condividere, a pensare e a costruire significati insieme agli altri.

In un tempo in cui la scuola si trova al centro di profonde trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche, la necessità di ripensare radicalmente le pratiche educative si fa sempre più urgente. La crisi della motivazione scolastica, l’erosione dell’attenzione nei contesti didattici tradizionali e l’urgenza di formare cittadini capaci di pensiero critico e creativo impongono un cambiamento di paradigma. In questo scenario complesso, la Ludodidattica si presenta come una risposta educativa innovativa, capace di coniugare rigore pedagogico e piacere dell’apprendere, razionalità e immaginazione, disciplina e stupore.

Apprendere giocando non significa sminuire la serietà dello studio, ma restituire all’apprendimento la sua natura originaria, quella di un’esplorazione curiosa, affettivamente coinvolgente e cognitivamente profonda. Il gioco diventa uno spazio simbolico in cui i contenuti scolastici si trasformano in esperienze vissute, narrabili, trasferibili. Da tempo la psicologia dell’educazione e le neuroscienze cognitive hanno riconosciuto l’importanza del gioco nei processi di sviluppo e apprendimento. Il gioco non è evasione, ma attività complessa che attiva reti neurali, coinvolge emozioni, stimola il pensiero strategico e promuove la creatività.

Il gioco, se progettato con consapevolezza e inserito in percorsi strutturati, rappresenta una leva potente per attivare apprendimenti significativi, generare motivazione intrinseca e formare menti flessibili e aperte alla complessità.

Una nuova visione dell’apprendimento

La Ludodidattica si fonda su una visione costruttivista, interattiva e profondamente centrata sullo studente. Non si tratta semplicemente di utilizzare giochi in classe, ma di trasformare il gioco in una vera e propria grammatica didattica, capace di mediare i contenuti attraverso esperienze vissute e multisensoriali. In questo approccio, il gioco non è un’aggiunta estemporanea, né un premio accessorio, ma un linguaggio educativo complesso che consente agli studenti di rielaborare i contenuti in chiave attiva, emotiva e personale.

Jean Piaget ha descritto il gioco come la forma privilegiata attraverso cui il bambino assimila la realtà, adattandola ai propri schemi mentali, in un processo di equilibrio dinamico tra assimilazione e accomodamento. Egli individua fasi precise nell’evoluzione del gioco, che accompagnano e sostengono lo sviluppo cognitivo. Vygotskij, dal canto suo, ha messo in evidenza il valore sociale del gioco, considerandolo uno spazio di sviluppo prossimale in cui si attivano funzioni cognitive superiori grazie alla mediazione dell’adulto e alla collaborazione tra pari. Il gioco, secondo Vygotskij, anticipa lo sviluppo e permette al bambino di agire oltre le sue capacità attuali, in una dimensione potenziale che stimola apprendimento e trasformazione.

A partire da questi riferimenti classici, la Ludodidattica contemporanea si è arricchita di nuove prospettive teoriche e applicative, integrando i contributi delle neuroscienze, della psicologia dell’apprendimento e della pedagogia attiva. Autori come Jerome Bruner hanno sottolineato il ruolo della narrazione e del gioco simbolico nella costruzione del significato. David Ausubel ha insistito sull’importanza dell’apprendimento significativo, che trova nel gioco un potente catalizzatore di attenzione e rielaborazione. La Ludodidattica, dunque, non si limita a rendere più “piacevoli” le lezioni, ma riconfigura il rapporto tra docente e discente, tra contenuto e forma, tra conoscenza e vita vissuta. Essa rappresenta una nuova visione dell’apprendimento, fondata sulla partecipazione, sulla scoperta e sull’intreccio costante tra emozione e cognizione.

Ludodidattica nella scuola dell’infanzia

 Nella scuola dell’infanzia, il gioco non è soltanto uno strumento, ma rappresenta il linguaggio originario attraverso cui il bambino scopre e interpreta il mondo. Sin dai primi anni, il gioco simbolico consente al bambino di assumere ruoli, simulare situazioni, elaborare vissuti interiori e acquisire progressivamente consapevolezza di sé e degli altri. Questo tipo di gioco favorisce lo sviluppo del linguaggio, dell’empatia, della capacità di astrazione e della costruzione dell’identità. Il gioco motorio, al tempo stesso, permette di raffinare la coordinazione, di esplorare lo spazio e di sperimentare il corpo come mezzo di comunicazione e relazione. Il gioco libero, invece, alimenta la capacità di scelta autonoma, la creatività spontanea e la gestione del tempo personale, preparando il bambino alla responsabilità.

La pedagogia di Loris Malaguzzi, fondatore del Reggio Emilia Approach, ha elevato il gioco a modalità privilegiata di espressione e apprendimento, sostenendo che il bambino possiede “cento linguaggi” attraverso cui comprendere e raccontare la realtà. In tale prospettiva, il bambino è soggetto attivo del proprio apprendimento, e il contesto educativo diventa un atelier di esperienze, emozioni, esplorazioni. L’insegnante, lungi dall’essere semplice trasmettitore di saperi, assume il ruolo di regista discreto e osservatore partecipe, predisponendo ambienti ricchi di stimoli sensoriali, materiali trasformabili, occasioni di scoperta condivisa.

La Ludodidattica, in questa fascia d’età, non solo coincide con l’essenza stessa del processo educativo, ma ne costituisce la struttura portante. Ogni momento della giornata scolastica può essere pensato in chiave ludica, trasformando le routine in riti simbolici, gli spazi in ambienti narrativi e gli oggetti in strumenti di costruzione cognitiva. Le ricerche di Catherine Garvey e Sara Smilansky hanno ulteriormente dimostrato come il gioco favorisca l’intelligenza sociale e la regolazione emotiva già nei primi anni di vita. Sostenere una didattica fondata sul gioco, nella scuola dell’infanzia, significa, dunque, creare le fondamenta affettive e cognitive per una crescita armonica e duratura.

Il gioco come ponte tra fantasia e logica nella scuola primaria

Con l’ingresso nella scuola primaria, l’apprendimento diventa più formalizzato e scandito da obiettivi disciplinari, ma il gioco conserva una funzione cruciale per il successo formativo e la crescita globale dell’alunno. In questa fase, il gioco si trasforma progressivamente da attività spontanea a strumento intenzionale di mediazione didattica. Le attività ludiche diventano veicoli privilegiati per veicolare conoscenze e abilità, traducendo concetti astratti in esperienze concrete, significative e condivise. Attraverso la narrazione, la manipolazione di materiali, la risoluzione di enigmi e le dinamiche di sfida, il bambino non solo apprende, ma costruisce un rapporto affettivo con il sapere.

Giochi da tavolo, escape room educative, quiz interattivi, coding unplugged, storytelling digitale e giochi di ruolo vengono efficacemente impiegati per insegnare storia, matematica, lingua, scienze e geografia. Tali pratiche promuovono l’operatività, l’interdisciplinarità e l’inclusione, valorizzando la cooperazione, la scoperta e la riflessione. In questo contesto, l’errore non è percepito come fallimento, ma come tappa necessaria del percorso di apprendimento, in linea con le teorie della growth mindset di Carol Dweck, secondo cui la mentalità aperta all’errore stimola la resilienza cognitiva e l’autoefficacia.

Le neuroscienze dell’educazione, in particolare gli studi di Stanislas Dehaene, confermano che il cervello impara meglio quando è motivato, sorpreso e coinvolto emotivamente. Il gioco, attivando il sistema dopaminergico, rafforza la memoria a lungo termine, migliora l’attenzione selettiva e favorisce la plasticità neurale. Inoltre, ambienti ludici ben progettati riducono l’ansia da prestazione e promuovono un clima scolastico positivo e accogliente. La Ludodidattica, dunque, non semplifica i contenuti, ma ne potenzia l’accessibilità e la profondità, favorendo l’alfabetizzazione emotiva, la padronanza dei saperi e la motivazione a lungo termine. Essa rappresenta un ponte tra fantasia e logica, tra il rigore della scuola e la leggerezza dell’infanzia, aprendo nuove vie alla formazione integrale della persona.

Competenze e motivazione nella scuola secondaria di primo grado

Durante la preadolescenza, le sfide educative si moltiplicano: gli studenti attraversano crisi identitarie, vivono un’intensa trasformazione emotiva e cognitiva, oscillano tra dipendenza e desiderio di autonomia, faticano a trovare senso nello studio tradizionale e a riconoscersi nei modelli scolastici basati sulla prestazione. È una fase delicata, in cui si consolidano tratti di personalità, si aprono interrogativi esistenziali e si manifestano i primi segnali di demotivazione scolastica. In questo contesto fragile e allo stesso tempo fertile, la Ludodidattica può rappresentare un alleato prezioso per favorire l’inclusione, il benessere psicologico e l’attivazione di apprendimenti profondi.

Giochi cooperativi, simulazioni storiche, giochi di ruolo, dibattiti, quiz a squadre e sfide logico-creative non solo rendono le lezioni più coinvolgenti, ma permettono di sperimentare ruoli, gestire emozioni, elaborare strategie, risolvere problemi e negoziare significati con i pari. Queste attività attivano competenze trasversali fondamentali per la crescita personale e relazionale: pensiero critico, empatia, comunicazione efficace, gestione del conflitto, responsabilità condivisa. In una dimensione ludica ben progettata, ogni studente può esprimere le proprie potenzialità senza paura di sbagliare, vivendo il gruppo classe come una comunità di apprendimento.

Bruno Munari ha sostenuto che la creatività è una competenza che si apprende attraverso il fare e il giocare. In questa età, caratterizzata da un grande bisogno di espressione e sperimentazione, la creatività rappresenta un canale privilegiato per costruire significato, generare entusiasmo e affrontare in modo positivo l’incertezza. Inoltre, la Ludodidattica può essere integrata con metodologie attive come il debate, il cooperative learning e il learning by doing, offrendo agli studenti occasioni autentiche per sviluppare autonomia e riflessività. La scuola media, con le sue incertezze e i suoi slanci, è il luogo ideale per sperimentare una Ludodidattica che educa al pensiero divergente, al dialogo e alla consapevolezza di sé nel rapporto con gli altri e con il sapere.

Innovazione e complessità nella scuola secondaria di secondo grado

Anche nella scuola secondaria di secondo grado, spesso considerata il regno della serietà, dell’astrazione teorica e della preparazione al rigore accademico, la Ludodidattica può offrire percorsi stimolanti e profondamente rigorosi. In questa fase evolutiva, gli studenti acquisiscono maggiore capacità di astrazione, consapevolezza critica e autonomia decisionale, ma spesso vivono la didattica come un’imposizione distante dalla loro vita concreta. La Ludodidattica può intervenire per colmare questo divario, offrendo occasioni per apprendere attraverso il coinvolgimento attivo, la cooperazione e l’esperienza incarnata.

Giochi filosofici, simulazioni economiche, impresa in azione simulata, laboratori scientifici ludici, role play teatrali o giuridici, giochi narrativi in lingua straniera e ambientazioni gamificate per la comprensione del testo o lo studio della storia permettono di affrontare contenuti complessi in modo autentico e coinvolgente. Queste pratiche offrono un apprendimento che stimola la riflessione critica, potenzia la creatività e sviluppa la capacità di affrontare situazioni problematiche in modo flessibile. La Ludodidattica, se ben progettata, diventa strumento per costruire percorsi multidisciplinari, favorire l’interdisciplinarità e promuovere un apprendimento personalizzato.

La Gamification può essere integrata con il Game-Based Learning per stimolare inizialmente la motivazione estrinseca (riconoscimenti, punti, premi) e guidarla gradualmente verso una motivazione intrinseca, basata sul desiderio di sapere, sul senso di padronanza e sul piacere della sfida intellettuale. Mario Polito sottolinea come l’attivazione emotiva sia la condizione necessaria per un apprendimento autentico: solo ciò che coinvolge profondamente lascia traccia nella memoria e nel vissuto dello studente. La dimensione ludica, in questo senso, non è un’appendice marginale, ma un catalizzatore di attenzione, emozione e significato.

In un’epoca in cui la distrazione è continua, la motivazione è intermittente e la pressione del rendimento può generare ansia e disaffezione, il gioco può diventare uno strumento pedagogico fondamentale per costruire concentrazione, responsabilità, desiderio di conoscenza e appartenenza alla comunità scolastica. La scuola può così trasformarsi in uno spazio in cui l’apprendimento è vissuto come esplorazione e crescita, dove il rigore non esclude la leggerezza, e dove anche i saperi più astratti trovano una forma incarnata, dinamica e partecipata.

Ludodidattica e apprendimento profondo

Le basi teoriche della Ludodidattica sono solide e corroborate da numerose ricerche scientifiche nei campi della psicologia, della pedagogia e delle neuroscienze cognitive. Howard Gardner, con la sua teoria delle intelligenze multiple, ha mostrato che ogni studente apprende in modo diverso, facendo leva su canali privilegiati che possono essere logico-matematici, linguistici, musicali, corporei, spaziali, interpersonali o intrapersonali. Il gioco, grazie alla sua natura flessibile e multimodale, permette di attivare simultaneamente più forme di intelligenza, rispondendo così in modo differenziato ai bisogni degli studenti e valorizzando le loro potenzialità.

Daniel Goleman ha evidenziato come l’apprendimento sia tanto più efficace quanto più coinvolge le emozioni, sottolineando il ruolo centrale dell’intelligenza emotiva nei processi cognitivi. Il gioco, in quanto esperienza ludica, rappresenta una delle attività emotivamente più dense e ricche, capace di suscitare entusiasmo, sorpresa, impegno e desiderio. È proprio in questo intreccio tra emozione e cognizione che si gioca l’efficacia della Ludodidattica: essa permette di superare la dicotomia tra mente e cuore, attivando una partecipazione profonda che favorisce la memorizzazione, la comprensione e la rielaborazione.

David A. Sousa, nel suo volume How the Brain Learns, ha illustrato come le emozioni positive facilitino l’accesso all’ippocampo, migliorino la memoria di lavoro e promuovano l’elaborazione di informazioni complesse. Il gioco, in quanto attività multisensoriale e interattiva, attiva reti neurali complesse, stimola la neuroplasticità e facilita la costruzione di apprendimenti stabili e duraturi. L’esperienza ludica offre feedback immediati, sfide adeguate al livello dello studente e possibilità di esplorazione autonoma, tutti fattori che rinforzano il circuito della motivazione intrinseca e favoriscono l’autoregolazione.

In questo senso, la Ludodidattica non è soltanto un espediente didattico, ma una strategia fondata su una comprensione avanzata dei processi cerebrali e sull’intuizione profonda che apprendere è un atto vitale, relazionale e creativo. Essa riconosce che il sapere non è una mera acquisizione meccanica, ma una costruzione affettiva e significativa, resa possibile quando la mente è curiosa, il corpo è attivo e il cuore è coinvolto.

Conclusione

In un tempo in cui la scuola fatica a mantenere la motivazione degli studenti, e in cui la complessità del mondo richiede capacità critiche, empatiche e flessibili, la Ludodidattica si propone come un’alternativa credibile, necessaria e culturalmente solida. Essa non intende negare l’importanza dello studio disciplinato, ma ne reinventa le modalità, rendendole più vicine alla natura umana del conoscere, che nasce dalla curiosità, si nutre di emozioni e si consolida attraverso l’esperienza condivisa. In questo modo, la Ludodidattica restituisce senso e piacere al sapere, riconoscendo che si apprende davvero solo quando ciò che si studia ci riguarda, ci coinvolge, ci emoziona.

Non si tratta di semplificare, ma di umanizzare; non di intrattenere, ma di rendere vivi i contenuti; non di distrarre, ma di appassionare. Il gioco, con la sua struttura fatta di regole e libertà, di limiti e immaginazione, rappresenta un microcosmo in cui si possono allenare le competenze più complesse in modo naturale, cooperativo e trasformativo. Una scuola che integra la dimensione ludica è una scuola che riconosce la centralità della motivazione, la varietà degli stili cognitivi, l’importanza della relazione educativa come terreno fertile per ogni apprendimento duraturo.

Come scriveva Italo Calvino, “Prendere la vita con leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto”. La Ludodidattica ci invita a planare anche sulla scuola, con leggerezza e profondità, per ritrovare nella gioia del gioco la serietà più autentica dell’apprendere. In questo volo consapevole, insegnanti e studenti possono riscoprire la bellezza della ricerca, la forza dell’immaginazione e la possibilità concreta di costruire insieme un nuovo umanesimo educativo, fatto di sapere vivo, desiderio di crescita e responsabilità condivisa.

P. Carbonara, Fate gli alunni

AMARE, VOCE DEL VERBO EDUCARE: QUANDO L’INSEGNAMENTO E’ PASSIONE E DONO

di Carlo De Nitti

Le scuole costituiscono, sovente, luogo di ambientazione di molti intrecci narrativi, espressi in forme diversificate: canzoni, racconti, romanzi, film a soggetto, fiction, docufilm: forse perché sono quei luoghi in cui tutte le persone hanno vissuto la loro esperienza più o meno lunga e felice, ma di cui, di solito, rammemorano le cose migliori. Per ognuno costituiscono un ‘luogo dell’anima’ che, depositato nell’interiorità, accompagna in modo quasi carsico per tutta la vita.

Non è un caso che le attività dei docenti e degli studenti vengano spesso raccontate seguendo i dettami del manzoniano “misto di storia e di invenzione”, anche senza i fini didascalici del grande scrittore milanese. Succede, talvolta, che i narratori siano persone di scuola (docenti, dirigenti scolastici, vulgo, presidi) e la narrazione pare avvenga quasi in presa diretta: è il caso del recentissimo volume di Pasqua Carbonara, Fate gli alunni, freschissimo di stampa, per i tipi de La Rambla edizioni, pp. 202.

Pasqua Carbonara, ottima e stimatissima docente liceale di lettere italiane e latine nel Liceo del paese in cui vive da moltissimi anni, ci regala, con questo suo romanzo d’esordio, un affresco ben vivido di un anno scolastico tipo vissuto dalla protagonista del romanzo, la professoressa Paola Sannio e dal microcosmo, scolastico e non, che le ruota intorno. Il suo modo empatico di vivere la professione docente e la scuola è da vera innamorata del lavoro educativo con (e per) gli adolescenti ma anche, contestualmente, delle sue discipline d’insegnamento: alle studentesse ed agli studenti Paola Sannio trasfonde tutta la sua passione ed il suo amore, che sono ricambiati da loro con un affetto senza confini. Non solo da parte degli studenti più bravi o, come si direbbe oggi, performanti, ma anche da parte di chi, per una serie di ragioni, ha qualche difficoltà. In tutte e tutti indistintamente la professoressa fa accendere la scintilla del piacere delle letterature e della lettura, talvolta felice, in quanto ”la felicità è la coscienza di esserci” (p. 35).

Attraverso le letterature, Paola Sannio costruisce il suo rapporto educativo con gli adolescenti: l’orazion picciola, Foscolo, Ettore ed Andromaca, Didone ed Enea, Illuminismo, Turno, Romanticismo, Varrone, fino all’incontro di Dante con Beatrice nella Commedia dell’ultimo imperdibile capitolo. Tutti questi “luoghi letterari” hanno il loro ruolo fondamentale nell’educazione al pensiero critico ed alla libertà di giudizio: la vera competenza che tutte le discipline scolastiche dovrebbero essere chiamate a far conseguire. “Mi chiedo se sono riuscita, nello spazio breve di un’ora di lezione, a far capire la magia della letteratura e di riflesso la complessità della vita che richiede a ognuno di noi l’abilità di smascherare le apparenze, di scoprire l’essenza e la verità nelle zone profonde dell’assenza […] Mi basta aver acceso una scintilla, aver fatto scoppiare nelle loro teste il sospetto di un’apparenza non vera e il desiderio di ricerca di una verità nascosta. Illusione la mia? Forse, ma, senza illusione, non vedrei la vita che nel dolore” (p. 88).

La professoressa Sannio è convinta, con don Bosco, che “la didattica è questione di cuore” (p. 172) – cha ha anche ispirato il titolo di queste righe – ed ai suoi allievi dona non solo il suo sapere letterario ma contestualmente tutta se stessa con la sua carica affettiva ed umana, con tutto il suo cuore, nel quale c’è spazio anche per le studentesse e gli studenti degli anni precedenti, che per lei, come per ogni vero docente, non sono mai ex.

Non è casuale, infatti, che sia proprio lei ad organizzare la festa a sorpresa in occasione del diciottesimo compleanno di Antonellina (capp. 26 – 27), una ragazza speciale della classe quarta liceale, e che, sempre lei, intrattenga relazioni ormai amicali con due alunne diventate rispettivamente una imprenditrice turistica e l’altra ingegnere aerospaziale (capp. 35-36). In entrambi i casi, la professoressa genera empatia e simpatia: “<Ma tu sarai sempre una ventenne nell’animo> – le dice il libraio Mimmo – Lo abbraccio. Ed è uno di quegli abbracci veri che aggiungono vita a vita” (p.111).

Breve inciso personale. Chi scrive, persona di scuola da circa quaranta anni, ha a scuola, da cinque anni, come ottimo studente, il figlio di una sua alunna di anni lontani. Meraviglioso è stato, circa un mese fa, essere informato, da parte di una sua alunna degli anni ’90, ora psicologa, della nascita del piccolo Federico. Solo per dire due episodi di vita vissuta che rendono l’insegnamento in tutti gli ordini e gradi di scuola una delle due professioni più belle del mondo: l’altra è quella che l’autore di queste righe svolge da diciotto anni ed in cui Pasqua Carbonara non si è mai voluta cimentare (cfr. cap. 12, p. 38). Anche in essa, avrebbe potuto esercitare, invece, al di là di ogni stereotipo corrente, tutta la sua splendida humanitas, il migliore antidoto contro il burocratismo tecnicistico spersonalizzante.

Le vicende scolastiche, personali e familiari di Paola Sannio sono il fulcro del romanzo ed i fili che la rendono parte del mondo che la circonda: Fabio, l’affascinante, ma enigmatico, collega di filosofia e storia; Silvia, la professoressa di Scienze; il dirigente scolastico, che cerca di raccomandare invano il figlio di un suo amico; Claudia, l’amica del cuore, avvocato; Luigi, il titolare di un accogliente panificio; Vittoria, l’amica della mamma, vedova con due figli sposati; il padre, con cui non ha inizialmente rapporti e la sua compagna Giorgia; zia Egle e zio Fausto, scesi al sud dalla Valcamonica.

In questi personaggi e nelle vicende narrate, non è difficile ritrovare, soprattutto per chi ne abbia pratica, anche breve, e contezza, vicende tipiche del mondo della scuola in tutte le sfaccettature della ‘commedia umana’ in essa presenti. Tutti i lettori possono ritrovare in ogni personaggio ed in ogni scena tranches dei propri vissuti di studente, di genitore, di docente, di preside … In ogni caso, non è difficile riconoscere, nel volume, la cifra stilistica della professoressa Pasqua Carbonara con la sua dedizione ai suoi studenti ed alla scuola, la sua passione per le letterature e la sua splendida, poliedrica e vitale personalità, riflessa in quella della professoressa Paola Sannio.

Fate gli alunni si dipana in modo fluido e leggibile per i lettori, che c’è da augurare siano tantissimi: la scrittura dell’Autrice – sempre precisa, curata, mai pedante – è uno dei tanti pregi di questo splendido volume d’esordio di Pasqua Carbonara: geniale anche l’idea dell’Appendice. Da lettore, grato per il ringraziamento a p. 198, mi attendo dalla sua penna, rectius tastiera, il dono del secondo suo volume.

Festa della Repubblica

In occasione della Festa della Repubblica la Biblioteca del Ministero dell’Istruzione e del Merito ospita un’esposizione tematica di volumi e materiali tratti dalle proprie collezioni.

L’iniziativa sarà visitabile dal 30 maggio al 27 giugno 2025 negli spazi della Sala Lettura e della Sala dell’Emeroteca della Biblioteca nella sede di Viale di Trastevere 76/A, a Roma.

Tra i volumi esposti: il saggio di Ferdinando Bernini, deputato all’Assemblea Costituente e Sottosegretario di Stato del Ministero della Pubblica Istruzione, dal titolo “Scuola pubblica e libertà d’insegnamento davanti alla Costituente”, Guanda Editore, Modena – Roma, 1946; Ufficio studi del Ministero della Pubblica Istruzione, “La pubblica istruzione nel periodo della Costituente”, S.A. Arti Grafiche Panetta e Petrelli, Spoleto, 1948; Enrico Sailis, “La Costituzione italiana del 1948 e le libertà scolastiche”, Pinnarò Editore, Roma, 1950.

Saranno inoltre esposte le immagini storiche delle schede elettorali e delle urne utilizzate per il referendum del 2 giugno 1946, momento fondativo della nostra Repubblica e l’immagine a colori dell’emblema della Repubblica Italiana, simbolo ufficiale dello Stato, tratti dalla raccolta di Leggi e Decreti della Repubblica Italiana.

Accanto a questi documenti, la Biblioteca espone anche una selezione di volumi e periodici sul ruolo dell’Educazione civica nella scuola e un approfondimento su alcune grandi personalità della nostra Repubblica, tra cui un articolo su Luigi Einaudi, pubblicato sul periodico “L’Italia che scrive”, n. 6 del giugno 1951 e una selezione di provvedimenti di Antonio Segni, Oscar Luigi Scalfaro e Sergio Mattarella riguardanti l’istruzione, tratti dai Bollettini ministeriali. Sarà anche visibile in Emeroteca l’articolo “La scuola alla Costituente”, pubblicato su “I diritti della scuola”, n. 1 dell’ottobre 1946.

Sarà fruibile dai visitatori una copia della Costituzione Italiana in versione Braille, pubblicata nel 2018 dal Senato della Repubblica: un segno tangibile dell’impegno per l’inclusività e per l’abbattimento delle barriere, valori fondamentali per la nostra comunità.

La Biblioteca del MIM è aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 15.00. Per prenotare una visita scrivere a biblioteca@istruzione.it.