Di Modignani o dell’amore che vince
di Antonio Stanca
Lo scorso Gennaio è uscita, per conto di Mondadori Libri, un’edizione speciale di Un amore di marito, romanzo di Sveva Casati Modignani. La prima edizione risale al 2011 ed era stata curata dalla Sperling &Kupfer. Allora la scrittrice aveva settantatré anni e molti romanzi e racconti aveva scritto dal momento che alla narrativa si era dedicata da quando aveva quarantanni. Nata a Milano nel 1938, qui è quasi sempre vissuta e ancora vive a ottantasette anni domiciliata col marito nella casa che era stata della nonna. Aiutata è stata dal marito nella produzione narrativa che sarebbe risultata molto ricca, avrebbe avuto molte traduzioni, avrebbe fatto della Modignani una delle scrittrici italiane contemporanee più prolifiche e più note. Anche al giornalismo, allo spettacolo e ad altre attività si è dedicata prima e insieme alla narrativa ma questa sarebbe risultata la sua preferita, quella più praticata perché le offriva la possibilità di rappresentare, dare forma, figura a quello che era il suo problema, il suo dramma, vivere una vita, far parte di una società dove poco era rimasto di quanto aveva contribuito alla sua formazione, ai suoi ambienti, alla sua storia. Una storia non troppo lontana ma quasi completamente scomparsa nei principi, nei valori morali, spirituali perché annullati da altri di diverso genere. La vita era cambiata perché così avevano voluto lo sviluppo, il progresso comportati dai tempi ma non così voleva lei, non così accettava di stare, di fare. Non del tutto finito considerava il vecchio mondo e sempre, in ogni opera, lo faceva rinascere, lo confrontava con il nuovo, valutava le differenze, i vantaggi, gli svantaggi di ognuno, non si arrendeva all’idea di vedere annullato quello che dei due era venuto prima. Anche in Un amore di marito la Modignani ritorna su questo motivo, anche qui fa emergere il confronto tra prima e dopo in una città come Milano dove esplosa era la modernità, senza sosta erano le novità che si susseguivano e che mettevano in crisi tutto quanto c’era stato prima. In questa città, nella sua periferia era nato l’amore tra Alberta, di umile famiglia, che aveva interrotto gli studi universitari perché a casa serviva di più quanto poteva guadagnare come commessa in un negozio del centro, e Leo che ancora bambino aveva perso entrambi i genitori in un incidente, che a Milano era stato mandato dal Sud Italia, a Milano era cresciuto con gli zii, qui era stato iniziato al lavoro finché non era riuscito ad inserirsi in un’importante azienda tedesca ed a raggiungere una posizione di rilievo ed uno stipendio da dirigente. Alberta e Leo si erano conosciuti, si erano innamorati, si erano sposati. Avevano fatto casa a poca distanza dalla città, erano felici perché sinceri, onesti, buoni, bravi si sentivano e così si comportavano tra loro e con gli altri. Niente sembrava potesse disturbare quella che era la loro favola, una vita fatta di amore, di bene pur in tempi diversi da questi sentimenti. Erano, tuttavia, da loro tanto sentiti, tanto vissuti da aiutarli a superare quanto di difficile, di contrario proveniva dall’esterno, dai modi di pensare, di fare generalmente diffusi. Capace di salvarsi ogni volta sembrava la loro felicità anche se ad un confronto continuo era chiamata. Sarà per questo che il loro rapporto, pur così chiaro, così luminoso, subirà una crisi. La causa sarà un malinteso, un equivoco che disturberà la loro vita, farà posto a pensieri, comportamenti completamente diversi dai soliti. Senza che se ne accorgessero, che lo volessero tra dubbi, sospetti, rancori giungeranno a trovarsi soprattutto lei che ingannata, tradita si sarebbe creduta per un certo periodo di tempo. Fin quando quello che aveva ritenuto un inganno non si era chiarito senza molte spiegazioni e quello che era stato il loro amore non era tornato a confermare la sua forza, la sua resistenza.
Aveva di nuovo vinto quella Modignani innamorata dei vecchi tempi. Non li aveva negati neanche nei momenti di crisi e capaci li aveva mostrati di far uscire pure da questi.
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