AA.VV. (a cura di E. Rossi), Organizzazioni di volontariato e attività commerciali e produttive

ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E ATTIVITA’ COMMERCIALI E PRODUTTIVE
a cura di Emanuele Rossi
Ed.E.  Zancàn Padova Aprile 2012 pp. 207

Il volume, fresco di stampa, è, come tutte le pubblicazioni della Fondazione Zancàn, frutto del dibattito fra grandi esperti professionisti ed operatori dei soggetti del Terzo Settore.

Il tema, lungi dal sembrare ristretto in angusti spazi accademici o limitato ai Soggetti del Terzo Settore, offre uno spaccato dell’attuale dibattito politico e culturale sulla forte trasformazione in atto dello Stato sociale.

Il tema prende lo spunto da una norma della L.n. 266/91, Legge-quadro dei rapporti tra volontariato e pubbliche Amministrazioni, che prevede la possibilità per le organizzazioni di volontariato di poter svolgere  attività commerciali e produttive “marginali” per meglio sostenere il perseguimento dei propri obiettivi che debbono essere privi di lucro “neppure indiretto”.

Tale norma è stata successivamente precisata da un decreto ministeriale che ha stabilito i limiti e le condizioni  per le quali un’attività commerciale può dirsi “marginale”, restringendo notevolmente la portata di tali attività.

Successivamente, a seguito anche dell’influsso della normativa europea in materia, un decreto legge ha apparentemente ampliato tale spazio di azione.

E’ da tener presente che nel 1991, data di promulgazione nella  L.n. 266, erano presenti nel campo del sociale come soggetti con attività non lucrative solo le organizzazioni di volontariato, distinte dalle cooperative di solidarietà sociale che invece svolgono attività produttive  vere e proprie.

Solo successivamente in Italia è stata approvata la L.n. 383/2000 sulle associazioni di promozione sociale e successivamente ancora è stata emanata la normativa sulle imprese sociali.

E’ inoltre da tener presente che altri soggetti del Terzo Settore  si imponevano con sempre maggior forza nel campo del sociale come le fondazioni di partecipazione, di comunità e soprattutto quelle bancarie.

Inoltre sia la crisi economica cominciata alla fine degli Anni ’90, sia il diffondersi sempre più impetuoso delle idee liberiste ed antistataliste anche nel campo sociale, facevano sì che da un lato il settore pubblico territoriale si ritirasse sempre più dal campo del sociale e dall’altro corrispondentemente  il Terzo settore veniva sollecitato ad intervenire nel campo dei servizi  sociali  non solo per colmare lo spazio lasciato scoperto dal settore pubblico, ma anche per una maggiore presa di coscienza del proprio ruolo di soggetto attivo di sussidiarietà orizzontale, succesivamente sviluppato nella teoria della  “ Big society “.

Questo tumultuoso agitarsi dei soggetti del Terzo Settore ha coinvolto culturalmente anche molti ambienti  gravitanti attorno e dentro le orfganizzazioni di volontariato, provocando anche in esse una deriva verso la logica dell’impresa sociale, che però ad altre organizzazioni di volontariato è sembrata tradire i principii essensiali su cui era fondata la L.n. 266/91.

Di qui si è sviluppato nel mondo del volontariato e più largamente anche dell’opinione pubblica e poi in campo scientifico un ampio dibattito non ancora concluso.

Questo volume rappresenta in modo lineare e assai completo lo stato attuale del dibattito.

Infatti i capitoli principali ed iniziali sono affidati alla penna di studiosi come Ugo Ascoli, docente di sociologia economica nell’Università politecnica delle Marche, Emanuele Rossi, docente di diritto costituzionale nella Scuola superiore Sant’Anna dell’Università di Pisa, Renato Frisanco, ricercatore della Fondazione Roma-Terzo Settore, già Fondazione del volontariato, costituita da Luciano Tavazza, cofondatore, con mons Giovanni Nervo, anche del MoVI, Movimento di volontariato Italiano.

Seguono poi numerosi scritti di ricercatori in campo sociologico, economico e giuridico, nonché molti interventi di dirigenti di Organizzazioni di volontariato e del Terzo Settore.

Il tema è sviscerato da diverse angolature e con diverse argomentazioni, dalle quali emergono i due orientamenti, che si affrontano in modo dialettico e talora molto critico, circa la liceità etica, economica e giuridica della gestione di inprese non marginali da parte delle Organizzazioni di volontariato.

L’orientamento possibilista insiste molto sulle mutate condizioni dello Stato sociale, mentre gli oppositori paventano lo snaturamento dello spirito del volontariato.

I primi possono, forse in modo troppo affrettato, considerarsi innovatori; i secondi, in modo forse meno ragionato, “conservatori”.

Il dialogo che si svolge per tutto il volume è assai interessante, vivace e strettamente aderente alla realtà attuale e certamente la sua lettura giova ad una sempre più ampia formazione dell’opinione pubblica circa la permanenza del valore fondativo  della gratuità nell’incessante mutare della storia.

Salvatore Nocera