da ItaliaOggi
Pure i tecnici sono disoccupati
Fondazione Agnelli analizza gli esiti sul mercato del lavoro. Poi tocca all’alternanza
Emanuela Micucci
Solo il 30% va all’università, e l’indice di occupazione è appena al 40%. Per il 34% si tratta di un lavoro non coerente con gli studi. E il voto di maturità non conta per trovare un posto. Sono i risultati del report della Fondazione Agnelli su tutti i 550 mila diplomati tecnici e professionali del periodo 2012-2014. Realizzato da Fondazione Agnelli e Crisp, a partire dai dati dell’Anagrafe nazionale degli studenti del Miur e delle Comunicazioni obbligatorie del ministero del lavoro, il rapporto analizza gli esiti sul mercato del lavoro di quasi 550 mila diplomati tecnici e professionali degli anni scolastici 2011/12, 2012/13 e 2013/14 (www.fga.it).
Un’indagine su base censuaria, che «ci restituisce per la prima volta in modo completo e puntuale il percorso di questi diplomati a due anni dal diploma», spiega Mario Mezzanzanica del Crips. Diventando un «importante contributo a supporto delle politiche per i sistemi dell’istruzione e del lavoro». Iniziando dalla riforma Fornero dell’apprendistato e dal Jobs act che hanno impattato su queste tre generazioni di diplomati. Con l’entrata a regime della riforma Fornero la quota dei contratti di apprendistato cresce per i diplomati del 2013, mentre riguardava solo 1 su 10 diplomati 2012. Ma si arresta con l’arrivo del Jobs act, tant’è che per i diplomati del 2014 ne vengono attivati meno.
Il Jobs act, infatti, grazie al sistema degli sgravi contributi, impenna per quest’ultimi diplomati impennando i contratti a tempo indeterminato, a scapito degli apprendisti. Senza però ridurre la quota di forme contrattuali più precarie.
Sul totale dei diplomati tecnici e professionali dei tre anni scolastici analizzati, ben il 50,2% ha un lavoro precario, solo il 22,2% ha un contratto a tempo indeterminato e il 27,6% è apprendista. Dati significativi poiché, dopo il diploma, il 70% ha scelto di entrare subito nel mercato del lavoro. Solo il 30% ha proseguito gli studi all’università o agli Its. Ben il 27,4% è un Neet che né studia né lavora.
Tra quelli che hanno deciso di trovare lavoro, poi, l’indice di occupazione nei primi due anni è appena del 40%: «Un dato comunque lusinghiero nella congiuntura economica avversa del periodo esaminato», commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Ma a due anni dal diploma oltre a metà, il 51,3%, svolge un lavoro qualsiasi e solo il 34,3% ha un occupazione coerente con il titolo di studio. Il voto di diploma, poi, non conta nulla: 10 punti in più incidono per lo 0,9 sulle possibilità di trovare lavoro. In media si attende 9 mesi prima di ottenere un lavoro significativo, cioè con contratto di durata almeno di 30 giorni consecutivi. La distanza media casa-lavoro è 40 chilometri.
Nonostante i divari Nord-Sud per l’indice di occupazione, che oscilla dal 61% del Veneto al 22% di Campania e Calabria, si nota anche una forte eterogeneità tra province: alcune piemontesi e liguri, ad esempio, mostrano un significativo ritardo rispetto al resto del Nordovest, come quelle laziali rispetto al Centro. «Serve un sistema di conoscenza costante che accompagni i ragazzi», ha commentato la ministra Fedeli.