P. Di Paolo, Vite che sono la tua

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Di Paolo o di un rinnovato umanesimo

di Antonio Stanca

Col libro Vite che sono la tua, edito l’anno scorso da Laterza, Bari-Roma, Paolo Di Paolo è tornato a mostrarsi impegnato in un’altra operazione di carattere culturale e sociale. Non sono mai risultati distinti questi due ambiti nella sua produzione sia narrativa sia teatrale o saggistica, siano raccolte di interviste a noti personaggi, articoli per giornali e riviste, programmi per la televisione, libri per bambini e ragazzi.

Di Paolo ha trentacinque anni, è nato a Roma nel 1983, si è laureato in Lettere presso “La Sapienza” ed ha svolto un Dottorato di ricerca in Storia letteraria e linguistica italiana presso l’Università di Roma III. Nel 2004, a ventunanni, ha esordito come scrittore con la raccolta di racconti Nuovi cieli, nuove carte, che è stata finalista nel “Premio Italo Calvino per l’inedito”. Avrebbe continuato nella narrativa, altri riconoscimenti avrebbe ottenuto ma anche altre direzioni avrebbe assunto la sua attività e sempre sarebbe stato possibile notare come Di Paolo tenda a recuperare, a difendere i valori della cultura, intesa come storia, letteratura, filosofia, scienza, religione, lingua, di fronte ai pericoli che i tempi moderni rappresentano per essi, di fronte alla massificazione, alla volgarizzazione, alla confusione culturale e linguistica che ormai sono divenute dilaganti.

Specificamente rivolto in questo senso è stato il libro-saggio del 2016 Tempo senza scelte, dove l’autore mette in evidenza come non solo la cultura tradizionale ma anche quella dei tempi a noi più vicini, dei secoli da poco trascorsi, sia stata importante, abbia agito tanto da determinare, definire il pensiero, il costume, la vita che attualmente avviene, si svolge. Una funzione civile, sociale, morale ha avuto quella cultura, è diventata argomento di studio, programma scolastico, è servita a far maturare migliaia di ragazzi, di giovani, li ha trasformati nei suoi eredi, nei suoi continuatori, divulgatori.

Rammaricato, però, si mostra l’autore nella parte finale dell’opera poiché costretto si vede a riconoscere il pericolo che la sopraggiunta cultura di massa rappresenta per quel patrimonio. Essa, infatti, potrebbe livellare, spianare ogni forma di conoscenza, annullare ogni distanza, ogni differenza, conformare, adeguare tutto a modelli prestabiliti impedendo di “scegliere”, di essere diversi dal contesto pena l’esclusione da esso. Ad un impegno maggiore, pertanto, invita Di Paolo affinché questo non succeda. E in tale direzione si muove quando, nel 2017, con Vite che sono la tua riprende a dire della possibilità di riscattarsi dalla situazione corrente, a proporre dei modi per contrastarla, per non rimanerne vittima.

In questo libro Di Paolo presenta parti, brani delle opere narrative più importanti di ventisette scrittori dei tempi moderni. Sono tra i maggiori, tra i più famosi, i loro nomi vanno da Twain a Salinger, da Calvino a Mann, da Roth a Dostoevskij, da Balzac a Truman Capote, Proust, Camus e tanti altri. Le loro nazionalità sono diverse, anche le opere presentate lo sono per i contenuti e i modi espressivi ma uguale è il trattamento che ad ogni brano di esse presentato riserva Di Paolo. Egli non si limita a riportarlo ma lo commenta inserendosi tra le sue righe, frammentandolo, piegandolo ad un discorso da lui creato. Un racconto sembra venirne fuori ogni volta, un racconto nel quale Di Paolo si adopera per mostrare come anche in autori così celebri, anche in opere così alte, si possano scoprire momenti, motivi, ragioni, modi di pensare, di fare che sono di tutti, come tutti possano riconoscersi, ritrovarsi nella scrittura, nel linguaggio di un grande scrittore, come vicino a chi ha scritto possa sentirsi chi legge. E’ un invito quello che Di Paolo vuole formulare con quest’opera affinché ci si impegni a leggere, ci si convinca a superare quella distanza che soprattutto adesso si è creata tra autori e lettori, ci si abitui all’idea che in un libro più che altrove è possibile trovare quanto serve, ricavare indicazioni, suggerimenti. Vicini vuole mostrare gli scrittori, familiari, utili le loro opere.

Di nuovo Di Paolo sostiene il valore, la funzione civile, sociale, morale della cultura, di nuovo vuole salvarla dalle contaminazioni che i tempi moderni vanno diffondendo, di nuovo vede in essa la possibilità di migliorarsi, di resistere alle minacce che incombono.

Una missione sembra ormai diventata quella che Di Paolo svolge, un’opera di mediazione tra quanto è avvenuto e avviene in ambito intellettuale e quanto nella vita quotidiana, un’azione che vorrebbe portare alla comunicazione, allo scambio tra le due dimensioni. Un esempio, tra i più convinti, di un rinnovato umanesimo va considerato il suo.