Il gap delle donne: più brave a scuola, meno pagate sul lavoro

da la Repubblica

Il gap delle donne: più brave a scuola, meno pagate sul lavoro

Rapporto Almalaurea 2017: all’esame di Terza media il 35 per cento delle studentesse prende nove (contro il 26 per cento dei coetanei), il voto di diploma e quello di laurea sono di due punti superiori. Le ragazze fanno più stage, tirocini, viaggi all’estero e meno ripetizioni. Ma cinque anni dopo il titolo accademico in busta paga mancano 262 euro rispetto ai maschi. E per le madri con figli il tasso di occupazione è di 29 punti più basso

Corrado Zunino

ROMA – Vanno meglio a scuola, e all’università. Poi non trovano lavoro. Meglio, faticano a trovarlo rispetto ai maschi che hanno avuto pari formazione. Le donne italiane quando sono adolescenti prendono almeno 9 all’Esame di Terza media nel 35 per cento dei casi (contro il 26 dei maschi), non fanno ripetizioni per recuperare le insufficienze (solo il 9 per cento contro il 15 dei coetanei) e, più grandi, il loro voto di diploma sarà – in media – 78,6 su cento. Per i ragazzi solo 75,1.

Il Rapporto 2017 di Almalaurea sul profilo dei diplomati dice che le donne italiane nella fase della preparazione sono “veloci e con le idee chiare”. Vanno meglio dei maschi perché sono più assidue e scrupolose: il 38 per cento dedica allo studio e ai compiti a casa più di 15 ore settimanali contro il 16 per cento, meno della metà, dei coetanei. Anche la fase delle esperienze internazionali è più intensa, sul versante femminile: viaggia all’estero, spesso per ragioni di studio, il 39 per cento delle femmine contro il 26 per cento dei maschi e le ragazze intraprendono in maggior misura percorsi formativi linguistici conseguendo un numero di attestati superiore (38 per cento contro 28).

PIU’ TIROCINI, STAGE E BORSE DI STUDIO 
Le studentesse fanno più libero volontariato e libere attività culturali. Sempre le donne, tendenzialmente, proseguono gli studi all’università: 77 per cento delle ragazze contro il 63 per cento dei ragazzi. Lo fanno per poter svolgere in futuro l’attività professionale di personale interesse e per approfondire gli interessi culturali.

Anche all’università i voti restano migliori. Tra i laureati del 2016, dove è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (59 per cento), la quota delle donne che si laurea in corso è superiore a quanto registrato per gli uomini (rispettivamente il 51 per cento e il 46) e il voto medio di laurea è uguale a 103,4 su 110 per le prime e a 101,3 per i secondi. Ancora due punti in più. Le donne svolgono più tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea. E ottengono più borse di studio. Anche nelle discipline Stem (tecnico-scientifiche), pur essendo inferiori in termini di iscrizioni ai corsi di laurea, raggiungono risultati sensibilmente migliori: il voto medio di laurea è 103,5 per le donne contro 101,4. Le laureate, tra l’altro, partono svantaggiate su un piano sociale provenendo da contesti familiari meno favoriti. Il 27 per cento delle donne ha almeno un genitore laureato contro il 33 dei maschi. E su un piano prettamente economico solo il 21 per cento proviene da una famiglia di estrazione elevata contro il 24 dei maschi.

Questo lungo viaggio d’impegno culturale, però, ancora non approda alle legittime soddisfazioni lavorative. Le donne italiane registrano, sì, risultati più brillanti lungo il percorso formativo e in quasi tutti gli indirizzi di studio, ma sul mercato del lavoro scontano ancora un forte divario in termini occupazionali, contrattuali e soprattutto retributivi. Tra i laureati magistrali biennali, a cinque anni dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari all’81 per cento per le donne e all’89 per gli uomini. Nello stesso arco di tempo, i contratti a tempo indeterminato sono una prerogativa maschile: riguardano il 52 per cento delle donne e il 61 per cento degli uomini. Le differenze sono legate alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne: queste ultime tendono più frequentemente a inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, luoghi di lavoro in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione.

I MESTIERI A ELEVATA SPECIALIZZAZIONE
La busta paga è diversa, conferma il Rapporto 2017. Tra i laureati magistrali biennali che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale, a cinque anni, è pari al 19 per cento a favore dei maschi: 1.637 euro per gli uomini contro 1.375 euro, 262 euro in meno per le donne. E il titolo di laurea ai maschi serve di più per lavorare: il 56 per centro degli occupati (contro il 53) ritiene il titolo “efficace o molto efficace” per lo svolgimento del proprio mestiere. A cinque anni dal titolo magistrale svolge un lavoro a elevata specializzazione (compresi i legislatori e l’alta dirigenza) il 47 per cento delle donne e il 56 degli uomini. E le donne guadagnano meno anche nelle occupazioni più richieste: Professioni sanitarie, Ingegneria, settore Economico-Statistico e poi Scientifico. Questa condizione di arretramento era stata già illustrata nel Rapporto 2013.

Per le Professioni sanitarie i maschi, sempre a cinque anni dalla laurea, percepiscono 1.618 euro mensili netti, le donne1.412. In Ingegneria 1.767 euro per gli uomini contro i 1.611 euro delle donne. Nel gruppo Economico-Statistico sono 1.646 euro contro 1.450, nel gruppo Scientifico 1.805 euro contro 1.571. Nel campo dell’insegnamento – dove persiste un differenziale sull’occupazione, naturalmente favorevole ai maschi – gli uomini percepiscono 1.418 euro e le donne 1.208. In Psicologia la differenza è ancora più alta: 1.505 euro contro 1.187. Una differenza intorno ai cento euro si registra anche nei gruppi che si sono laureati nelle discipline letterarie e linguistiche. Va notato, unico vantaggio femminile, che in questi due gruppi le donne hanno una lieve superiorità nell’ottenere contratti a tempo indeterminato.

E LA CARRIERA SI ACCORCIA  
La lettura dei dati conferma che le donne sono più penalizzate sul lavoro se hanno figli. Il divario in termini contrattuali e retributivi tra uomini e donne, infatti, aumenta in presenza di figli: a cinque anni dalla laurea sale addirittura a 29 punti percentuali. Il tasso di occupazione crolla al 61% per le donne con figli (resta all’80 per cento per le donne senza). Per  le madri i contratti a tempo indeterminato scendono al 47 per cento.

Le donne, alla fine di questo ragionamento, sono più insoddisfatte del proprio lavoro visto che hanno meno contatti con l’estero, minori prospettive di guadagno e carriera, meno sicurezza sul lavoro.