P. Grossi, Pugni

Grossi è per i più giovani

di Antonio Stanca

Pietro Grossi è uno scrittore italiano di quarant’anni, è nato a Firenze nel 1978 e in questa città è rimasto fino a vent’anni. Poi ha girato il mondo, è tornato a Firenze per seguire un corso di studi universitari e, quindi, è andato a Torino per frequentare la Scuola Holden. In seguito, dal 2001 al 2006, è vissuto a New York, dove ha tentato di d’inserirsi negli ambienti del cinema, a Roma e a Milano, dove agli interessi per il cinema ha aggiunto l’attività di traduttore, di correttore di bozze nonché quella di agente pubblicitario.

Alla ricerca di una chiara definizione dei propri interessi, delle proprie capacità, di una soluzione dei propri problemi sembra essere sempre stato Grossi e di questa condizione della sua vita ha fatto il motivo ricorrente delle sue opere di narrativa, da essa ha ricavato lo spirito che anima i loro protagonisti. Dal primo romanzo, Touché, del 2000, alla raccolta di racconti, Pugni, del 2006, al secondo romanzo, L’acchito, del 2007, ai racconti che ne sono seguiti è sempre possibile assistere alla rappresentazione delle difficoltà sofferte da parte di chi non si è ancora inserito nella vita, dei problemi vissuti quando non si è ancora capita la propria posizione, la considerazione, la valutazione che ci è stata riservata.

Più evidente che altrove è risultato questo tema nei tre ampi racconti che compongono Pugni, opera pubblicata la prima volta nel 2006 dalla Sellerio di Palermo e nel 2017 ricomparsa in un’altra collana della stessa casa editrice. Con essa Grossi è giunto alle finali di molti premi letterari e premiato è stato anche nei paesi stranieri dove l’opera è stata tradotta.

Ragazzi sono i protagonisti di questi racconti, ragazzi che ancora stanno a scuola o che da poco l’hanno finita, sono adolescenti o poco più, appartengono a quella fascia di età che sospesa è tra realtà e idealità, verità e immaginazione, ragione ed evasione. E’ il periodo che fa apparire possibile ogni grandezza, che convince di essa, che limitata, finita fa sentire la propria condizione al confronto di quella che si pensa di poter raggiungere. Disorientati, divisi si sta, pertanto, tra quanto si vorrebbe fare e quanto si deve fare, tra la vita sognata e quella vissuta. Così, in questo modo ci si inizia alla vita, si diventa uomini indipendentemente da quel che succederà, se si riuscirà, cioè, a realizzare quei sogni o meno, se si diventerà grandi o se si rimarrà piccoli.

Questa fase di preparazione, d’iniziazione stanno attraversando i ragazzi dei racconti di Pugni. I due, la “Ballerina” e la “Capra”, del primo racconto hanno posto tutte le loro speranze di successo nel pugilato, ai due fratelli del secondo, Natan e Daniel, il padre ha regalato due cavalli con i quali hanno iniziato il loro viaggio nella vita, a Nico, protagonista del terzo racconto, sta succedendo di veder fallire intorno a sé quanto, amicizie, affetti, amori, aveva creduto dovesse durare, sta annaspando tra quel che gli è rimasto, sta cercando altro senza sapere cosa.

Abile è stato Grossi nel rappresentare situazioni così particolari, stati d’animo così complessi. Nessuno dei suoi protagonisti è ancora riuscito nei suoi intenti, nessuno si è ancora chiarita la propria strada e tutti sono esposti ad un turbinio di pensieri, tutti sono in preda a turbamenti, tormenti, ossessioni. E non solo nell’anima soffrono ma anche nel corpo quei ragazzi ché tutto in loro risente del travaglio patito e di tutto, di ogni particolare, scrive Grossi con un linguaggio molto realistico che non rinuncia, però, agli abbandoni poetici, agli effetti lirici, che a volte non dice e lascia intuire.

E’ questa, soprattutto, la sua novità, quella che insieme al contesto, intenzionalmente indeterminato, nel quale colloca le vicende rappresentate, lo distingue dagli altri autori che con questi temi si sono cimentati.