Un orizzonte possibile

Un orizzonte possibile

di Stefano Stefanel

Mentre termina un altro complesso anno scolastico continuano ad aumentare le proposte settoriali di iper regolamentazione della scuola italiana. Il Miur del Ministro Profumo pare avvitato su proprie priorità, comunicate ma non rese norma, che vanno nella direzione della valorizzazione del merito, mentre le varie componenti della scuola fanno equivalere un miglior servizio con un aumento delle risorse (più docenti, più sostegno, più soldi, più tempo scuola, più ecc.), incuranti delle sofferenze dei cittadini costretti a tagli drastici sullo sfondo di una situazione greca che non ci fa abbastanza paura. Senza gli 8 miliardi di tagli al personale dell’istruzione attuati da Tremonti-Gelmini l’IMU e l’IVA dovrebbero essere ancora più alte. Oggettivamente non si può non tenere conto della divaricazione assoluta tra ciò che pensa l’opinione pubblica e ciò che pensano i lavoratori della scuola. Questi ultimi ribadiscono che non si possono fare le riforme senza consultarli, tranne bocciare tutte le riforme degli ultimi  quindici anni. L’equazione “più risorse, più qualità, migliori risultati” è smentita da tutta la storia della scuola italiana, che ha raggiunto il baratro dei risultati Ocse-Pisa con ampie risorse mal spese. Inoltre non ci si mette neppure d’accordo sui numeri, visto che solo il sistema scolastico italiano centralizza tutto il personale in un unico contratto e con un unico datore di lavoro (il Miur) e dunque i confronti con gli altri paesi dell’Ocse non sono attuabili. Cosa si può fare dunque per dar fiato ad un sistema scolastico in gravissima crisi senza fare una nuova riforma scatenante tutte le proteste che ogni riforma porta con sé? Ad ogni “riforma” o “mini-riforma” chi lavora a scuola premette che quella in atto non è una “riforma”, ma una “contro-riforma” e con un semplice uso del linguaggio ha già risolto tutto. Si sa, invece, che fine hanno fatto tutte le sperimentazioni degli ultimi anni, con rifiuti generalizzati e boicorraggi che hanno costretto il decisore politico a passare alla legge, magari subendo critiche per non averla prima sperimentata. Insomma un circolo così vizioso che ad ogni annuncio si produce un effetto eco e, una volta finito quello, dell’annuncio non rimane che qualche vago ricordo. Il Governo ha approvato l’organico funzionale nel decreto semplificazione, ma poi struttura gli organici come sempre. Vanificando se stesso. Poi il prossimo anno questo Governo se ne va e quello che arriva fa finta che la norma sull’organico funzionale non esista. E così su tutto.

 

CHE FARE?

Poiché ritengo irrealistico e nocivo approvare una nuova riforma della scuola in regime di spending review, con il personale della scuola che invoca la difesa della democrazia come base per nuove assunzioni e aumento delle risorse per le scuole, credo che l’unica cosa realizzabile sia puntare tutto sull’autonomia scolastica. Credo sia possibile, con passaggi amministrativi o legislativi molto leggeri, “deregolamentare” alcuni punti strategici del sistema scolastico, in modo da porre le scuole davanti alla necessità di attivare un’autonomia virtuosa. Un aumento dell’“autonomia reale” renderebbe anche necessaria una valutazione di sistema e di persone snella ed immediata e forse qualcuno a scuola comincerebbe a capire che cosa farsene dei dati dell’Ocse Pisa e dell’Invalsi, visto che ora stanno lì, snobbati se non osteggiati dalla classe docente che da quei dati non ne esce benissimo. Non voglio essere vago, ma credo che ci siano alcuni margini di deregolamentazione in grado di far iniziare fin da settembre percorsi di ricerca e innovazione didattica ed amministrativa molto significativi. Ne enumero alcuni, senza la pretesa dell’esaustività, ma al fine di aprire un possibile confronto (o di non perdere e far perdere troppo tempo in assenza di confronto).

Quadri orari

Gli attuali quadri orari sono “modificabili” nella misura massima del 20% da tutte le scuole, ma praticamente nessuna li modifica per la rigidità delle classi di concorso. Anche nella scuola primaria dove non ci sono classi di concorso e quadri orari predefiniti prevale il conservatorismo connesso ai programmi del 1984, abrogati ma in ottima salute. Inoltre norme di legge fissano nel 75% il tempo scuola minimo da frequentare nelle scuole secondarie per essere scrutinati. Prendiamo questi numeri e lasciamoli così, solo che su quei numeri strutturiamo una modifica dell’attuale rigido assetto scolastico, senza incidere sui posti di lavoro:

–      il monte ore obbligatorio delle discipline è dell’80%, il resto sono proposte opzionali della scuola, anche relative ad approfondimenti o recuperi;

–      gli alunni devono frequentare almeno il 75% delle lezioni.

Questa deregolamentazione mandata a regime autorizza le scuole a pensare un 20% di tempo scuola in forma innovativa e orientativa. Gli studenti che più soffrono la vita tra banchi e aule hanno comunque possibilità di scuola meno invasive.

Nelle scuole secondarie di secondo grado poi tutto questo potrebbe diventare ancora più incisivo, stabilendo un monte ore obbligatorio e un’opzionalità più spinta nellp’ambito degli attuali quadri orari. E tutto questo potrebbe avere anche potenzialità maggiori incidendo sulle materie di indirizzo del triennio.

 

Mansionari ATA

I mansionari ata vanno eliminati, perché condizionano alla disponibilità del personale servizi ormai necessari ed essenziali per l’autonomia scolastica (mensa, scodellamento, pulizie della mensa, apertura negli orari necessari, prescuola e postscuola, ecc.). I dirigenti scolastici dovrebbero definire il profilo del personale ata necessario al buon funzionamento della propria scuola nell’ambito di voci contrattuali già esistenti. A quel punto il personale ata quando chiede di andare in una scuola o nell’altra sa qual è il profilo di quella scuola (una scuola dell’infanzia di paese ha bisogno di servizi ausiliari ben diversi da quelli di un istituto professionale con officine). L’offerta formativa precederebbe la definizione dei profili e le scuole potrebbero progettare con la certezza che non saranno condizionate da resistenze ormai fuori dal tempo.

 

Ore del personale docente

L’unificazione di orario di cattedra, ore funzionali obbligatorie, ore per esami, scorporando solo il tempo per la valutazione e gli scrutini porterebbe ad una necessità progettuale più ampia e responsabile. Inotre renderebbero possibile fin da subito un organico funzionale, visto che ogni docente dovrebbe prestare servizio a scuola (tutto incluso) per un numero di ore annue spalmabili su orari flessbili e onnicomprensivi. Un insegnante di scuola secondaria dovrebbe dare alla scuola circa 1.000 ore annue (810 di insegnamento pari a 18 ore a settimana per 45 settimane + 80 attualmente regolare dall’art. 29 + 80 ore circa per esami + 30 ore per il ricevimento dei genitori) e sarebbe la scuola a regolamentare il loro utilizzo salvaguardando la didattica. Tutto nell’arco dell’anno scolastico tradizionale (settembre-giugno).

 

Valutazione dei dirigenti scolastici

Tutti ormai si sono fatti consapevoli che se si applicano le norme in vigore i dirigenti scolastici non saranno mai valutati. Sono troppi, sindacalizzati, lamentosi. In questo momento c’è – da una parte – la corsa a farsi assegnare una reggenza e – dall’altra – a contestare un dimenzionamento con numeri troppo alti, quasi che non fosse noto a tutti che attualmente almeno il 30% della categoria regge scuole e reggenze che tendono piuù ai duemila che ai mille alunni complessivi. La categoria non collabora alla valutazione come tutte le altre categorie e la storisa della valutazione non punitiva è una pia favoletta, così come una pia favoletta è che dirigendo scuole piccole ci si trasforma in leader educativi. Per valutare i dirigenti si devono semplificate le procedure deregolamentando le attuali complicate procedure. Si individuino a livello ministeriali tre voci al massimo, quantificabili, e si parta con una “classifica” che si stratificherà verso l’alto, ma almeno qualche immagine di sistema lo darà. E poi credo sia ora di finirla con la valutazione sperimentale e volontaria e sia necessario che una volta individuata una carenza la si persegua.

Di esempi del genere ce ne sarebbero tantissimi, ma credo di aver mostrato cosa intendo per deregolamentazione a legislazione e contratti vigenti. Tutto questo per evitare di cadere nell’errore di fare una nuova riforma e far ripartire contestazioni cicliche e prevedibili.

Se poi parliamo di spending review nella scuola una cosa si potrebbe fare subito: abolire i trasferimenti di sistema e liberare dunque gli uffici ministeriali da un lavoro che occupa risorse e personale.

Io farei così: ogni scuola entro il 31 maggio comunica i posti liberi. Il personale di ruolo fa domanda, la graduatoria è fatta coi soli anni di servizio di ruolo e poi la singola scuola procede. Al 30 giugno si fa il secondo passaggio. Ogni scuola si troverebbe a muovere 7-8 persone l’anno e il meccanismo non coinvolgerebbe un potenziale di 800.000 posizioni l’anno centralizzate nella più assoluta opacità. Ma faccio per dire, si capisce.

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