Ancora Sorrentino…

Ancora Sorrentino…

di Antonio Stanca

In questi giorni si è tornato a parlare di Paolo Sorrentino poiché imminente è l’uscita di un altro suo film, Loro, nel quale il regista ripercorre la storia, la vita di Silvio Berlusconi riprendendo quel tono canzonatorio che è stato di altri suoi film dove si procede alla denuncia, all’accusa dei vizi, dei difetti di personaggi noti, alla rivelazione delle gravi verità nascoste dietro grandi apparenze, alla rappresentazione dello stato di crisi, di fallimento nel quale sono precipitate oggi tante istituzioni.

L’atteggiamento dell’investigatore riguardo a quanto succede sembra voler assumere Sorrentino in molti lavori che vanno dal cinema alla televisione, alla produzione narrativa.

Ha quarantotto anni, è nato a Napoli nel 1970 e molto ha fatto. A poco più di vent’anni ha lasciato di studiare per lavorare negli ambienti del cinema, prima come aiuto nelle sceneggiature e nelle regie e poi per conto proprio fino a giungere a successi quali La grande bellezza del 2013, film che gli procurerà riconoscimenti estesi anche in ambito internazionale e nel quale viene rappresentata la difficile condizione vissuta da un noto scrittore che non riesce più a sentirsi ispirato, a scrivere, che si è messo alla ricerca della perduta scrittura, della sua “grande bellezza”, in una Roma dove, invece, finisce tra i bagordi di vecchie e nuove amicizie e dove solo alla fine gli sembrerà di avvertire l’ispirazione per un nuovo romanzo.

Il film, i molti premi ricevuti, faranno di Sorrentino un regista noto anche all’estero. Fama che gli verrà confermata nel 2015 dal secondo film in lingua inglese, Youth-La giovinezza, dove il regista fa vedere due vecchi amici che s’incontrano dopo molto tempo e si soffermano a parlare dei loro tempi passati, della loro giovinezza. Sono addolorati perché è un bene che hanno perso, che è finito, ed uno di loro in particolare rimpiange quei tempi perché con essi è finita la sua attività di compositore, nella quale tanto aveva creduto.

Anche per questo film ci saranno molti riconoscimenti ed altri ancora verranno per The Young Pope, una miniserie televisiva composta da dieci episodi e realizzata da Sorrentino nel 2016. In essa egli ripercorre la vita e l’opera di papa Pio XIII (cardinale italo-americano Lenny Belardo), eletto dal conclave quando era ancora giovane, il cardinale più giovane che, gli altri, eleggendolo, avevano pensato che fosse così fragile da poter ricondurre alle proprie volontà e ambizioni. Ma, nonostante la sua età, Pio XIII si rivelerà capace di frenare ogni pretesa dei suoi subalterni, di controllare ogni loro movimento, di scoprire ogni loro trama. Nella rappresentazione di quanto di oscuro, di segreto, di losco avviene nei palazzi del Vaticano si trasforma The Young Pope, nel ritratto di un papa insolito perché astuto, viziato, dedito più alle cose del mondo che a quelle di Dio, di un papa che discute di Dio, che non è sicuro della sua esistenza e che è convinto che Dio vuole, giustifica il peccato se commesso dal suo rappresentante sulla terra, cioè dal papa.

Un’altra situazione di crisi, di fallimento vuole rappresentare Sorrentino con questo film, un’altra volta vuole indicare i guasti che si nascondono dietro le apparenze, vuole provare che neanche la Chiesa ne è rimasta immune.

Un romanzo avrebbe egli ricavato da questo film e lo avrebbe pubblicato nel 2017 dopo due altri, Hanno tutti ragione del 2010 e Gli aspetti irrilevanti del 2016. Il romanzo s’intitola Il peso di Dio (Il Vangelo di Lenny Belardo) ed è uscito presso Einaudi nella serie “Stile Libero Big”. E’ una trasposizione del film, dei suoi ambienti torbidi, dei suoi personaggi rotti ad ogni nefandezza, ed è un’altra prova che Sorrentino oltre a sceneggiatore e regista sa essere pure scrittore. «Pigro nei movimenti del corpo ma superattivo in quelli della mente…», ha egli dichiarato di essere in un’intervista rilasciata a Giovanni Minoli.

Molto ha fatto e molto ha intenzione di fare perché è convinto di avere molto da dire riguardo ai tempi nei quali si è trovato a vivere. Tempi di crisi di tutto quanto è giunto dal passato, di fine, di fallimento di ogni valore costituito, di ogni regola, di ogni principio tramandato e questa situazione che si è creata, quest’atmosfera che si è definita vuole mostrare Sorrentino sia con i film sia con i libri. La sua, però, non è una polemica, egli non prende posizione in nome di realtà, di verità diverse da quelle constatate, non vede la modernità come un problema da risolvere ma la riporta negli aspetti che ha assunto, in quelli evidenti e in quelli nascosti, la fa vedere per intero e lascia a chi assiste ai suoi film o a chi legge i suoi libri la libertà di pensare.

Questo è il compito che si propone di svolgere Sorrentino con le sue opere ma questo è anche il suo limite giacché un intellettuale, in questo caso un autore, in qualunque senso o modo si esprima non può ridursi alla registrazione, anche se trasfigurata, del problema o dei problemi rilevati ma deve assumere una posizione, deve saper indicare una via da seguire. Non può arrendersi come chiunque altro, non può rimanere nella crisi ma deve sollevarsi su di essa in nome di quanto il suo talento gli suggerisce che possa servire a superarla. Sorrentino non lo fa perché pensa che sia inutile, che il male sia tanto dilagato da non poter essere contenuto. Rimane, quindi, nella condizione dello spettatore e a questa invita chi lo vede o lo legge.

Lo spettacolo, a volte comico, preferisce al suo grave significato.