La crisi frena i nuovi concorsi

da ItaliaOggi

La crisi frena i nuovi concorsi

Il regolamento è pronto, ma congelato a causa dell’assenza di un governo a pieni poteri. Selezione ordinaria e riservata salteranno un anno

Alessandra Ricciardi

Il testo, molto articolato a causa della concomitante disciplina di due concorsi, quello riservato e quello pubblico, alias ordinario, è pronto da un po’. Nei prossimi giorni dovrebbe essere diramato al Cspi, il parlamentino della scuola, per il prescritto parere. Ma, anche a voler fare in fretta, almeno un mese passerà. Un mese nel quale dovrebbe, probabilmente, trovare la quadra anche la formazione del governo ad oggi frenata dai veti incrociati dei vincitori delle urne del 4 marzo. Sta di fatto che rispetto ai tempi annunciati dalla ministra uscente dell’istruzione, Valeria Fedeli, che parlava di marzo per la pubblicazione delle nuove regole prescritte dalla Buona scuola, anche se a maggio il dpr dovesse acquisire il via libera del Cspi, il successivo iter, a partire da quello parlamentare che prevede l’acquisizione del parere da parte delle commissioni cultura di camera e senato, per finire ai controlli del Consiglio di stato, richiederà almeno altri due mesi. Insomma, di concorsi quest’anno non se ne parla. La selezione, che doveva decollare in tempo utile per agganciare i percorsi formativi del prossimo anno accademico, rischia dunque di saltare un anno.

Il ritardo con cui vedrà la luce il dpr è un obolo che si paga alla crisi post elettorale. Un obolo necessario, dicono fonti parlamentari, visto il diverso quadro politico della XVIII legislatura rispetto alla precedente, che impone un supplemento di attenzione per far sì che chi sarà maggioranza di governo, Lega e M5s in prima fila, possano dire la loro. Se è vero che smontare punto punto la riforma della Buona scuola richiederebbe un lavoro altrettanto lungo di quello che ha portato alla nascita della legge 107, è altrettanto vero che correttivi, sia di primo livello, e dunque parlamentari, che di secondo, e dunque ministeriali, sono già allo studio dei pontenziali candidati alla poltrona di ministro di viale Trastevere. Un lavoro di «cacciavite», per utilizzare un termine caro all’ex ministro dell’istruzione Beppe Fioroni, che lo utilizzò in riferimento alla riforma di Letizia Moratti, che consentirebbe di incidere su passaggi decisivi della riforma in tempi consoni rispetto all’appuntamento elettorale delle Europee del 2019.

Il dpr che sta per essere formalizzato riguarda la selezione dei docenti non abilitati con tre anni di servizio alle spalle maturati negli ultimi otto anni, e che faranno un percorso di formazione di due anni una volta superato il concorso, e quelli senza servizio ma laureati, con 24 cfu nelle materie inerenti alla disciplina per la quale si concorre. Per loro invece percorso triennale.

Intanto, sul fronte sindacale sta prendendo corpo la richiesta, che potrebbe trovare anche un approdo unitario per quanto riguarda le sigle confederali, perché il prossimo esecutivo e la relativa maggioranza parlamentare si facciano carico di una norma ponte che riguardi la stabilizzazione del precariato che resta fuori dai concorsi riservati previsti dalla Buona scuola: ci sono i docenti in possesso del solo titolo delle magistrali, ma anche i docenti di religione, gli Itp, i precari che superano i 36 mesi di servizio e che sono fuori dalle selezioni riservate e poi gli amministrativi che svolgono da anni le funzioni di sostituto dei dsga. Una platea vasta e trasverale alle categorie che le sigle vorrebbero portare alla ribalta per chiedere una fase di cambiamento.