In attesa dell’aumento slitta la «pagella» per 7 mila presidi

da Il Sole 24 Ore

Se fosse una partita di tennis saremmo ancora al “palleggio” di riscaldamento. Con gli oltre 7mila presidi italiani che, anche quest’anno, saranno sottoposti, con alcune novità e semplificazioni, al procedimento di valutazione. Ma la loro “pagella”, per la seconda volta consecutiva, non peserà – in positivo o in negativo – sulle rispettive buste paga. Vale a dire, la retribuzione di risultato, la voce variabile del salario, circa 1.800-2mila euro annui, continuerà a essere assegnata, a dicembre, sostanzialmente a pioggia, differenziandosi solo in base alla complessità dell’istituto diretto, e non in relazione al giudizio ottenuto.

La situazione politica “incerta” e i risultati, in chiaro-scuro, del primo anno di applicazione della valutazione degli ex “capi d’istituto” hanno spinto il ministero dell’Istruzione ad adottare, anche per il 2018, una linea “soft” per consentire una maggiore “familiarizzazione” con il nuovo strumento anche in attesa del rinnovo del Ccnl – le trattative all’Aran si apriranno il prossimo 15 maggio – che dovrebbe portare a un adeguamento per l’intera categoria di circa 350/380 euro mensili da qui al 2020. In ballo ci sono le risorse stanziate dalla legge di bilancio 2018 per armonizzare progressivamente la retribuzione di posizione di parte fissa a quella prevista per le altre figure dirigenziali della nuova maxi-area «Istruzione e ricerca». Stiamo parlando di 37 milioni di euro per il 2018, di 41 milioni per il 2019 e di 96 milioni per il 2020 che toccherà alla contrattazione collettiva distribuire insieme alla dote prevista a suo tempo dalla Buona scuola: 46 milioni per il 2016 e 14 milioni per il 2017 da corrispondere a titolo di retribuzione di risultato “una tantum”.

Ebbene, in attesa del decollo della trattativa negoziale (e di una sua rapida finalizzazione: gli stipendi dei presidi sono fermi da circa nove anni) sul fronte “merito” si continua a navigare “a vista”. È stata Stefania Giannini a firmare la direttiva che, dopo un’attesa di 15 anni, ha introdotto la valutazione per i dirigenti scolastici, allineando il nostro Paese ai principali competitor internazionali. La procedura, la stessa anche quest’anno, passa per la compilazione da parte del preside del portfolio (per il 2018 c’è tempo fino al 31 luglio), a cui segue l’esame da parte dei nuclei di valutazione (il giudizio finale è assegnato dal direttore dell’Ufficio scolastico regionale). In base alla “pagella” ottenuta scatta (o sarebbe meglio dire, dovrebbe scattare), in proporzione, la retribuzione di risultato, e in caso di due valutazioni negative si potrà cambiare mansione all’interessato.

«In questi mesi – evidenzia Damiano Previtali, a capo della direzione Valutazione del Miur – abbiamo svolto un lavoro di ascolto per migliorare la procedura valutativa in cui il ministero crede molto. Quest’anno ci sono due importanti novità: una procedura essenziale e un maggior protagonismo da parte del dirigente scolastico. Infatti, il portfolio è diventato ancora più leggero, per esempio abbiamo ridotto da 18 a 3 i documenti da indicare da parte del dirigente, vale a dire l’atto di indirizzo per l’elaborazione del piano triennale dell’offerta formativa, il regolamento che accompagna il programma annuale, il contratto di istituto, ovvero gli aspetti specifici dell’azione dirigenziale. I nuclei di valutazione poi dovranno avere un’interlocuzione diretta con i dirigenti scolastici, andando nelle loro scuole o incontrandoli presso le strutture territoriali. Insomma c’è più spazio per il confronto diretto».

Si tratta di aperture «piuttosto timide – replica Licia Cianfriglia, responsabile relazioni istituzionali dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi -. Noi crediamo da sempre nella valutazione, ma la vogliamo vera. E slegarla ancora una volta dalla retribuzione di risultato è un grave errore. Così lo strumento diventa un ennesimo adempimento burocratico fine a sé stesso. Per questo motivo, e in attesa di avere risposte alla nostra protesta per le condizioni assurde in cui siamo costretti ad assumere responsabilità senza strumenti e riconoscimenti adeguati, continueremo nella mobilitazione e non compileremo il portfolio».