Un PD allo sbando?

Un PD allo sbando?

di Maurizio Tiriticco

Il PD! Una grande tradizione, ma… prima di procedere sul “ma”, penso che sia bene ricordarla questa tradizione, e ricostruirla nei suoi passaggi più importanti, anche in occasione del quarantesimo anniversario dell’assassinio di Aldo Moro, che per certi versi non è affatto estraneo alle vicende dell’evolversi della storia dei comunisti italiani. Com’è noto, alla fine degli anni settanta del secolo scorso Aldo Moro ed Enrico Berlinguer si adoperarono per dar vita a un nuovo “soggetto politico”, o meglio a un “compromesso” che in molti definirono “storico” e che rappresentasse la migliore tradizione della Democrazia Cristiana – versione Don Luigi Sturzo – e del Partito Comunista Italiano, quello di Gramsci e quello della “svolta di Salerno”, voluta,e per certi versi imposta ai comunisti italiani di allora, da Palmiro Togliatti nel 1943. Un compromesso che si presentava ovviamente difficile, e che doveva essere avviato e condotto da politici di grande spessore!

Ma Togliatti morì a Yalta nel 1964, Moro venne assassinato a Roma nel 1968, Berlinguer morì l’11 giugno del 1984, lasciando, comunque, un PCI che, pochi giorni dopo – occorre ricordarlo – il 17 giugno, alle elezioni europee, si affermò come primo partito italiano. Raccolse infatti 11.641.955 voti, pari al 33,32% dei votanti! E poi? A Berlinguer successe Alessandro Natta, fino al 1988; e a Natta successe Achille Occhetto. Furono anni di enorme importanza sul fronte internazionale. La “cortina di ferro”, che per decenni aveva nettamente tenuto divisa l’Europa in due blocchi, da un lato i Paesi dell’Ovest, governati democraticamente, e dall’altro quelli dell’Est, sotto l’egida dell’Unione sovietica, cominciò a sgretolarsi in forza di un processo di democratizzazione – la glasnost e la perestroika – avviato nell’Unione Sovietica da Michail Gorbaciov, divenuto nel 1985 segretario generale del PCUS.

Furono anni di veloci e profonde trasformazioni nell’Est europeo, che si conclusero poi con la famosa “caduta del muro di Berlino”, il 9 novembre 1989. Il “crollo” dell’URSS, o meglio di un intero sistema di governo di tanti Paesi dell’Asia e dell’Europa occidentale, ebbe ovviamente serie ripercussioni su tutti i partiti comunisti e in primo luogo sul PCI, tra i più forti e i più autorevoli dell’Europa occidentale. Ovviamente, si trattava di avvenimenti che imponevano di fatto un intero ripensamento sulla natura e sulla vocazione del comunismo, sull’Unione sovietica di Stalin e dei suoi successori.

Un ripensamento che il PCI avrebbe dovuto affrontare per primo e con grande onestà intellettuale e lucidità politica, ma… Achille Occhetto, a mio vedere, non fu all’altezza della situazione! Invece di sollecitare, avviare e condurre un necessario e approfondito dibattito nel partito, allora tra i più grandi e organizzati nel nostro Paese e non solo, si preoccupò soltanto di cambiare nome al partito e di cancellare dalla sua bandiera il simbolo storico della falce e del martello. Una fretta che nessuno imponeva a lui né a tutti i comunisti italiani! Dette così vita al Partito Democratico della Sinistra e creò il simbolo della quercia! Il tutto, come se una storia di grande spessore e che “veniva da lontano” – come è opportuno dire – fosse liquidabile con un atto che in molti giudicammo allora molto intempestivo. Mi piace ricordare che l’espressione del “venire da lontano” aveva costituito un passaggio ormai storico del discorso che Palmiro Togliatti tenne all’Assemblea Costituente il 26 settembre del 1947 in occasione della sfiducia al quarto Governo De Gasperi.

Va comunque detto che certamente Occhetto non fu solo a condurre quella operazione! In effetti sembra che molti quadri del partito avessero una gran fretta di cancellare dalla bandiera rossa il simbolo della falce e del martello. I quadri sì, ma i compagni iscritti? Furono veramente consultati? Ci fu un dibattito aperto? Non credo!. Così, con un tratto di penna è come se decenni di storia – il Partito Comunista d’Italia era nato a Livorno nel 1921 – fossero cancellati! Come se ci si dovesse vergognare di essere comunisti! E fu così che a Rimini, il 3 febbraio del 1991, a conclusione del XX° congresso del PCI, nacque il PDS, il Partito Democratico della Sinistra.

E il “cambio”, a mio vedere, non fu solo di nome, ma di sostanza. In effetti, per tutti gli anni Novanta e con l’avvio del nuovo millennio, è come se si fosse avviata una corsa per mettere sempre più in sordina le origini e la storia del PCI e dei militanti comunisti italiani. Giungiamo così ai nostri giorni, all’“era Renzi”, se vogliamo chiamarla così! Estate 2010! Ha inizio l’era della “rottamazione” Una rottamazione senza incentivi – per dirla con lui – al fine di dar vita a un nuovo corso del partito e della politica. Ma, come tutte le comete appaiono e passano, anche la cometa del rottamatore sembra andata e passata! Non solo, ma… a furia di rottamare sembra che abbia rottamato anche se stesso e lo stesso partito che ha guidato per anni!

Ed è così che, dopo la tempesta delle tante Leopolde, nella grande bonaccia dell’oggi, un fantasma si aggira per l’Italia, e speriamo che non si aggiri per l’intera Europa! O meglio! I “fantasmi” sono due, due baldi giovanotti, sostenuti e incoraggiati da una vecchia volpe della nostra politica! Due giovanotti che hanno messo sotto scacco l’intera politica italiana! E, mentre sto scrivendo, il nostro saggio Presidente si arrovella per riuscire a dare al Paese un governo che certamente non sarà uno dei migliori possibili! In tale scenario, il PD è allo sbando! E speriamo che domani non lo sia anche un intero Paese!