Sentenza TAR Lombardia 20 marzo 2018, n. 1494

N.01494/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00922/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 922 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-in qualità di esercente la potestà genitoriale sulla minore -OMISSIS-, e -OMISSIS-in qualità di esercente la potestà genitoriale sulla minore -OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Paolo Maria Zappa, con domicilio eletto presso il suo studio in Cernusco Sul Naviglio, Via Uboldo, n. 14;

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n. 1;
ISTITUTO COMPRENSIVO VIA SAN FRANCESCO 5- 20061 Carugate, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sanzione disciplinare comminata dall’Istituto Comprensivo Via S. Francesco 5, con sede in Carugate, Via S. Francesco 5, a -OMISSIS- in data 13 febbraio 2017 Prot. N° 759/fp, conosciuto in data 14 febbraio 2017 in sede di consegna ai genitori ricorrenti delle valutazioni scolastiche del primo quadrimestre, provvedimento emesso dall’Equipe pedagogica in persona del Coordinatore -OMISSIS-e dal Dirigente Scolastico Dott.ssa -OMISSIS-, nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali, e dei seguenti ulteriori atti:

b) del verbale relativo al Consiglio di Classe della III A dell’Istituto Comprensivo Via S. Francesco 5, con sede in Carugate, Via S. Francesco 5 tenutosi in data 8 febbraio 2017, relativamente alla votazione di comportamento attribuita a -OMISSIS- dall’Istituto Comprensivo Via S. Francesco, n. 5, con sede in Carguata, Via S. Francesco 5 in data 08.02.2017;

c) della decisione assunta dall’ Organo di Garanzia dell’Istituto Comprensivo Via s. Francesco 5, con sede in Carugate, Via S. Francesco 5, Prot.1433, in data 10 marzo 2017 e comunicata alla scrivente difesa mezzo pec in data 11 marzo 2017.

d) di ogni altro eventuale atto e/o provvedimento, anche non conosciuto, preparatorio, presupposto, connesso e conseguenziale, comunque lesivo della posizione della figlia dei ricorrenti.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2018 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

I sigg.ri -OMISSIS-e -OMISSIS-sono genitori della minore -OMISSIS- la quale, nell’anno scolastico 2016-2017, ha frequentato il terzo anno della scuola secondaria di primo grado dell’istituto comprensivo di Carugate; Via S. Francesco, n. 5.

Con il ricorso in esame tali soggetti impugnano principalmente il provvedimento datato 13 febbraio 2017 con il quale è stata irrogata alla studentessa la sanzione disciplinare del richiamo scritto in ragione del contestato avvenuto utilizzo di telefono cellulare in assenza di autorizzazione del docente. Viene inoltre impugnato il verbale del Consiglio di Classe tenutosi in data 8 febbraio 2017, nella parte in cui risulta la decisione di assegnare all’alunna un voto in condotta pari a sette.

Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.

La Sezione, con ordinanza n. 654 del 24 maggio 2017, ha accolto l’istanza cautelare.

Tenutasi la pubblica udienza in data 20 marzo 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritiene il Collegio che il ricorso – nella parte in cui si rivolge avverso il richiamo scritto – sia fondato essendo meritevoli le censure, aventi carattere assorbente, con le quali si evidenzia che la sanzione avversata sarebbe stata applicata in assenza di contraddittorio ed in difetto di istruttoria, non avendo l’Amministrazione adeguatamente accertato se la condotta sanzionata sia effettivamente ascrivibile alla ricorrente.

Al riguardo va innanzitutto chiarito che, ai sensi del regolamento disciplina approvato con delibera del Consiglio di Istituto n. 148 del 2015, l’ammonizione scritta costituisce una vera e propria sanzione disciplinare applicabile agli studenti che abbiano utilizzato telefoni cellulari, registratori e riproduttori audio-video o attrezzature informatiche in assenza di autorizzazione del docente. Si deve pertanto ritenere che il richiamo scritto rivolto all’alunna ricorrente – con cui viene appunto stigmatizzato l’utilizzo senza autorizzazione di un telefono cellulare al fine di effettuare la registrazione di un breve filmato – costituisca una vera e propria misura sanzionatoria.

Ciò premesso, si deve ora osservare che l’art. 4, terzo comma, del d.P.R. 24 giugno 1998, n. 249 (Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria) stabilisce espressamente che <<Nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni>>.

Una norma analoga è poi contenuta nel richiamato regolamento di disciplina approvato dall’Amministrazione scolastica resistente, laddove vengono individuate specifiche garanzie procedurali volte ad assicurare il rispetto del principio del contraddittorio.

Nel caso di specie l’Amministrazione non ha rispettato tale principio non avendo inviato all’interessata alcuna contestazione degli addebiti e non avendo, a maggior ragione, provveduto ad acquisire, nel corso del procedimento, le ragioni dell’incolpata.

A contrario non può valere la memoria del docente depositata sub doc. 3 dall’Amministrazione resistente, e ciò in quanto tale memoria è stata redatta dopo la chiusura del procedimento sanzionatorio ed in quanto da essa si evince che l’alunna è stata sentita dal docente stesso in maniera del tutto informale al di fuori del procedimento stesso.

Va poi osservato, da un punto di vista sostanziale, che la sanzione è stata applicata in quanto l’alunna è risultata essere protagonista di un breve filmato, poi postato sui social network. Come osservato in sede cautelare, l’Amministrazione ha però omesso di accertare se la ricorrente fosse consenziente all’effettuazione delle riprese ed alla successiva pubblicazione del video. Elementi questi che avrebbero dovuto e potuto essere accertati acquisendo innanzitutto, in sede procedimentale, una ricostruzione dei fatti dalla diretta interessata.

E’ pertanto opinione del Collegio che l’omessa attivazione delle garanzia partecipative non sia risolta in una violazione meramente formale, ma abbia anche determinato una insufficiente ricostruzione fattuale della vicenda, ciò che costituisce una ulteriore causa di illegittimità del provvedimento sanzionatorio avversato.

Ne consegue che, come anticipato, le censure in esame devono essere accolte.

Per quanto concerne il voto in condotta, ritiene il Collegio che sia fondata la censura con cui si deduce la violazione dell’art. 3, comma 2, del d.m. n. 5 del 2009.

Stabilisce tale disposizione che la valutazione del comportamento dello studente <<…in sede di scrutinio intermedio o finale non può riferirsi ad un singolo episodio, ma deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale…>>.

Ciò premesso si deve osservare che – nel caso di specie – non risulta che all’alunna siano stati contestati addebiti ulteriori rispetto a quello di cui si è discusso in questa sede. Si è visto peraltro che l’accertamento della condotta che ha giustificato l’emissione della misura sanzionatoria è stata effettuato in assenza del necessario contraddittorio, con risultati non sufficientemente sicuri.

Si deve pertanto ritenere che anche la valutazione della condotta sia affetta da illegittimità in quanto basata – a quanto risulta e in mancanza di ulteriori specificazioni da parte dell’Amministrazione intimata – su un unico episodio peraltro neppure adeguatamente ricostruito.

Va per queste ragioni ribadita la fondatezza della censura.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento degli atti impugnati.

La particolarità della vicenda fattuale induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio, salvo il rimborso del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate, salvo l’obbligo per la parte soccombente di rimborsare ai ricorrenti il contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1,2 e 5 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di riproduzione in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la potestà genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare il medesimo interessato riportato sulla sentenza o provvedimento.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Consigliere, Estensore

Valentina Santina Mameli, Primo Referendario

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Celeste Cozzi Ugo Di Benedetto
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO