F. Nirenstein, In Israele

Di nuovo la Nirenstein tra i suoi Ebrei

di Antonio Stanca

E’ nata a Firenze nel 1945, è un’italiana di origine ebrea, è laureata in Storia Moderna e nel 1976 col giornale Paese Sera ha iniziato la sua attività giornalistica che in seguito l’ha vista presente su molti settimanali italiani, in particolare L’Europeo, Panorama ed Epoca. Agli inizi i suoi interessi erano concentrati sulla politica italiana. Quando aveva cominciato a scrivere, negli anni Settanta, era ancora in corso il movimento studentesco del ’68 e c’erano ancora le Brigate Rosse. Poi i suoi interessi si sono spostati verso la politica estera e in particolar modo verso quanto avveniva in Medio Oriente, verso le tante complicazioni alle quali si andavano esponendo gli stati di quella parte del mondo con particolare riguardo ad Israele.

Si chiama Fiamma Nirenstein, oltre che giornalista è scrittrice ed anche programmi televisivi ha curato segnando ogni sua attività, ogni suo impegno di un carattere non solo politico ma pure umano, morale, civile, sociale, perseguendo ogni volta finalità che andavano oltre la circostanza, la vicenda particolare perché rivolte al raggiungimento di un bene superiore, di una condizione di vita improntata agli ideali della pace, del progresso, della civiltà.

Molti libri ha scritto la Nirenstein, molti riconoscimenti ha ottenuto e come nei servizi sui giornali anche nei libri intenti profondamente umanitari ha sempre perseguito, dalla parte degli offesi, degli sconfitti si è sempre messa, alla ricerca della verità, della giustizia è sempre stata. Molti capi di stato ha incontrato, intervistato, incarichi politici ha ricoperto. Il suo, però, è stato un pacifismo rimasto inascoltato, un umanesimo che ha visto annullati i suoi appelli, i suoi richiami ai valori più alti dello spirito, alle necessità prime della natura umana. Niente ha potuto la Nirenstein quando con i suoi giornali, i suoi libri ha denunciato il pericolo, la violenza che incombevano in tante zone di quel Medio Oriente che sarebbe diventato il suo argomento più trattato perché il più esposto agli orrori della moderna barbarie.

Anche nel recente breve volume In Israele, uscito quale supplemento de Il Giornale e dedicato al 70° anniversario della fondazione d’Israele, la Nirenstein esprime il suo dissenso, la sua condanna per quanto di difficile, di complicato, di pericoloso, di mortale, di crudele ha dovuto sopportare il popolo ebreo prima e dopo aver ottenuto una terra nella quale potesse riconoscere il proprio Stato, la propria patria. Sempre esposti a soprusi, a rivendicazioni sono stati gli ebrei e nonostante tutto si sono mostrati sempre capaci di raggiungere risultati positivi in ogni settore della vita, da quello economico a quello tecnologico, scientifico, culturale, letterario. Sempre in progresso si sono fatti vedere. Anche mentre sostenevano attentati, scontri non trascuravano la condizione della loro vita. E’ questa tanto importante per loro, tanto importante è lo spirito di partecipazione ai bisogni, ai problemi comuni da essere diventato la nota distintiva degli ebrei, quella che li segnala tra tante altre popolazioni. Nessun popolo come quello ebreo vive, sente i problemi della propria terra, del proprio Stato, della propria gente, nessuno come quello ebreo partecipa alla loro soluzione si tratti anche di andare in guerra, di rischiare la vita. Questa volontà, questo bisogno di stare meglio, di stare insieme, di sentirsi uniti, di essere solidali, di aiutarsi, ha fatto sì che gli ebrei superassero gli infiniti ostacoli che hanno segnato la loro esistenza, che giungessero oggi ad essere un popolo, a volersi un popolo migliore di tanti altri nonostante si sia tante volte tentato di cancellarlo.

Molta ammirazione esprime, nell’opera, la Nirenstein a proposito di tale indole dell’uomo ebreo ma anche molta riprovazione riguardo a quel che è finito col diventare un accanimento da parte di altri popoli, vicini o lontani, contro gli ebrei. Col libro vorrebbe se non risolvere un problema tanto antico quanto grave, almeno mostrarlo nelle infinite manifestazioni che ha assunto, ripercorrerlo nei tempi, farlo giungere ad un pubblico più vasto affinché diventi un elemento costitutivo della cultura generale, del sapere popolare, una parte di esso che non si può trascurare.