La famiglia pesa sul rendimento

da ItaliaOggi

La famiglia pesa sul rendimento

L’Invalsi fotografa il persistere di cronici divari. Il Nord-Est va come il meglio d’Europa

Emanuela Micucci

Sul rendimento degli studenti, pesano il contesto territoriale e la condizione familiare. È quanto emerge da una lettura attenta del rapporto Invalsi 2018. «Strutturare un piano d’intervento mirato al miglioramento delle performance del sistema, soprattutto con un’attenzione alle aree più critiche del Paese», sono le conclusioni del ministro dell’istruzione Marco Bussetti. Al di là delle innovazioni delle prove Invalsi, che questo anno hanno coinvolto 1 milione e 100 mila studenti di II e V primaria, circa 570mila ragazzi di III media e circa 550mila di II superiore, ad emergere con rinnovata forza sono gli squilibri nei risultati conseguiti nella diverse regioni italiane, spesso tra scuole dello stesso territori e tra classi dentro lo stesso istituto, e dagli alunni di diversa appartenenza socio-economica e culturale.

Divari e differenze che emergono già in II primaria, sebbene ancora limitati, e che si aggravano alle medie e alle superiori. Con il Sud in forte ritardo e con risultati non all’altezza dei Paesi industrializzati. Tanto che in alcune regioni de Mezzogiorno il 75% degli studenti ha risultati al di sotto della media italiana e nell’Italia meridionale l’origine della famiglia condiziona pesantemente i livelli di apprendimento degli alunni.

Mentre le regioni del Nord-Est hanno livelli di conoscenza, competenza ed equità comparabili con quelli dei migliori sistemi scolastici del mondo. Una scuola italiana, dunque, né equa né efficace. Nulla di nuovo, si dirà. E in effetti, è una situazione ben nota da anni agli esperti e che si ripete puntuale nelle rivelazioni nazionali e internazionali. Un malato grave, di cui si conoscono i sintomi, si ipotizzano diagnosi, ma che adesso richiede cure urgenti, risolutive, a breve e a lunga scadenza.

È la linea di intervento politica proposta dall’Invalsi, neppure troppo velatamente, presentando il rapporto. Passare, dunque, dalla conoscenza a scelte politiche di miglioramento del sistema nazionale e locale e della singola scuola. Perché, dopo anni ancora non si è stati capaci di intervenire in modo efficace. Incominciando a superare pregiudizi infondati.

«L’affermazione, speso ripetuta, che le medie risulterebbero l’anello debole del sistema scolastico italiano non trova riscontro nei dati né delle prove Invalsi né delle indagini internazionali», osserva Roberto Ricci, responsabile area prove dell’Invalsi. «Quello che emerge, invece, è che nella secondaria di primo grado diventa manifesta la differenza di risultati tra le diverse aree d’Italia, e in particolare tra Nord e Sud situazione che viene mascherata se si guarda solo al punteggio medio dell’intero Paese».

Vale per i risultati in italiano, in matematica e in inglese. Già in II primaria in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna si osserva una maggiore frequenza di alunni con risultati molto bassi e differenze tra le scuole e tra le classi nel Sud molto più accentuata che al Centro-Nord. In matematica già in II primaria, il Mezzogiorno è la sola area del paese che presenta un differenza in negativo di alcuni punti rispetto alla media nazionale e che cresce e diviene statisticamente significativa in V, con il risultato più alto, il Nord-Est, e quello più basso, il Sud e Isole, che raggiunge 25 punti.

Divario che aumenta ulteriormente alle superiori, arrivando ai 31 punti tra Nord-Est e Sud e Isole, le due aree con il migliore e il peggiore punteggio. Non solo. In Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna gli allievi più in difficoltà non riescono a raggiungere i risultati più bassi degli studenti delle altre regioni. In italiano alcune differenze cominciano in V primaria per affermarsi con forza in III media: le due macro-aree settentrionali e il Centro hanno risultati significativamente sopra la media italiana, mentre il meridione significativamente al di sotto, con una differenza di 18 punti tra l’area con il risultato più alto, il Nord-Ovest, e quella con il risultato più basso, il Sud e Isole.

Addirittura in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna oltre il 50% degli studenti, con punte del 60-65%, non raggiunge i traguardi stabiliti dalle Indicazioni Nazionali. In una situazione italiana che non rassicura, poiché alla fine del primo ciclo in italiano solo il 65,6% degli alunni ottiene risultati adeguati o più elevati, in matematica appena il 59,9%.

Elevata al Sud e nelle isole anche la variabilità di risultati tra scuole e tra classi, segno di un sistema per nulla equo. In II primaria la somma di queste due variabili già raggiunge in italiano il 30% e supera in matematica il 37%. Ma è in inglese esplodono con percentuali altissime, raggiungendo in V primaria in ascolto il 47% nel Sud, il 45% nel Sud e Isole e toccando in III media rispettivamente i 39% e il 50%.

In generale questa variabilità in inglese è in tutte le aree maggiore rispetto a quella che si riscontra in italiano e matematica. Le spiegazioni possono essere diverse, spiega l’Invalsi: ad esempio, una diversa qualità dell’insegnamento da una scuola all’altra o anche un accesso differenziato a opportunità d’apprendimento della lingue inglese al di fuori de sistema formale d’istruzione». «Bisognerebbe intervenire scuola per scuola dove ci sono problemi», spiega Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi , «magari con professori specializzati in situazione difficili. Ci vorrebbe un piano che incentivasse anche economicamente i professori migliori ad accettare le sfide in posti difficili».

Del resto, negli ultimi anni l’Invalsi aveva insistito molto sul valore aggiunto, cioè sull’effetto scuola sugli apprendimenti degli studenti una volta eliminato il peso di tutte le altre variabili (genere, origine, condizioni socio-economico e culturali, territorio). Un aspetto che il rapporto questo anno non indagava, ma s cui il 30 ottobre presenterà un apposito studio. «Dobbiamo intervenire con estrema sincerità e realismo», promette Bussetti. «Per ora è stata fatta una ricognizione, ci rifletteremo».

Mentre per il futuro delle prove Invalsi, che questo anno grazie al debutto della somministrazione al computer, hanno visto azzerato il cheating, il ministro ribadisce che non intende abolirle o modificarle «almeno per ora». Confermando, quindi, il loro debutto il prossimo anno in V superiore come requisito per l’ammissione alla maturità. Anzi, vorrebbe estendere le prove ad altre materie, ad esempio «geografia». Disciplina che però, dopo le medie, è scomparsa da molti indirizzi delle scuole superiori.