Chiamata diretta, è proprio finita

da ItaliaOggi

Chiamata diretta, è proprio finita

Così l’ufficio legislativo del Miur in risposta a un’interrogazione urgente alla camera

Alessandra Ricciardi

Superare, modificare, aggiornare, cancellare… Tutti verbi utilizzati dai rappresentanti del governo giallo-verde in merito al destino della chiamata diretta, uno dei cardini della riforma della scuola di Matteo Renzi. Ebbene a chiarire che cosa accadrà alla chiamata dei docenti presso le scuole ad opera dei presidi, meccanismo sospeso per quest’anno grazie a un accordo tra Miur e sindacati, è stato proprio il ministero dell’istruzione. In risposta la scorsa settimana all’interrogazione urgente di Gabriele Toccafondi, deputato di Civica popolare, ex sottosegretario con i centristi di Ncd proprio all’istruzione nella passata legislatura, l’ufficio legislativo del ministero dell’istruzione scrive: «Si procederà nel primo provvedimento legislativo utile a modificare i commi dal 79 a 83 della legge 107/2015 al fine di pervenire all’eliminazione dello strumento della cosiddetta chiamata diretta».

Toccafondi nella sua interrogazione aveva evidenziato una certa confusione circa il destino della riforma. Con l’intesa Miur-sindacati sulla mobilità per il prossimo anno è stato ripristinato il sistema delle graduatorie e dunque della prevalenza dell’anzianità di servizio rispetto alla scelta ad opera del dirigente. Una scelta dall’inizio osteggiata dai sindacati perché ritenuta troppo discrezionale. L’accordo rappresenta «un passo indietro», per l’ex sottosegretario perché l’anzianità di servizio è «criterio apparentemente semplice e imparziale, ma non rispondente a una logica equa, non valorizzando le qualità specifiche di ciascuno ma partendo dal presupposto che tutti siano uguali, salvo per l’anzianità».

E in merito allo strumento giuridico utilizzato per sospendere il ricorso alla chiamata per l’anno che inizia il prossimo settembre, critica Toccafondi: «La norma di legge dovrebbe essere abolita con una norma di pari grado e non con un accordo sindacale». Resta dunque da chiarire a questo punto quali siano le intenzioni del ministro Marco Bussetti, se il «ministro intende cancellare i commi 79 e 80 della legge 107 sulla chiamata diretta o se vuole procedere a modifiche degli stessi, in che modo e con quali tempistiche».

In risposta, il Miur ha precisato che «l’istituto della cosiddetta chiamata diretta ha manifestato criticità riconducibili in particolare, in fase applicativa, all’ampia discrezionalità lasciata al dirigente scolastico e alle numerose incombenze a suo carico legate all’individuazione per competenze dei docenti in un momento peraltro fondamentale per l’espletamento delle attività propedeutiche all’avvio dell’anno scolastico».

Per questo, già il precedente esecutivo con la ministra Valeria Fedeli, e il legislativo Miur lo ricorda, nel dare gli indirizzi all’Aran per il rinnovo del contratto nazionale di comparto, aveva favorito la riduzione del campo di azione della chiamata.

Il secondo step è stato il contratto del 26 giugno, insediatosi il nuovo governo Lega-M5s, che ha sostituito la chiamata diretta «con criteri trasparenti indirizzi e obiettivi di mobilità e assegnazione dei docenti dagli uffici territoriali agli istituti scolastici». Il prossimo passo? «L’eliminazione» per legge del sistema della Buona scuola, precisa il dicastero di viale Trastevere.

Resterà dunque in piedi l’attribuzione dei docenti di ruolo alle sedi attraverso l’utilizzo delle graduatorie utili per la mobilità. Per la chiamata diretta è proprio finita.