Mappe satellitari e 3 miliardi «cash» per ristrutturare le scuole italiane

da Il Sole 24 Ore

Mappe satellitari e 3 miliardi «cash» per ristrutturare le scuole italiane

di Eugenio Bruno

Ancora 48 ore e la prima campanella dell’anno scolastico 2018/2019 inizierà a suonare. Mercoledì torneranno in classe gli studenti di Bolzano e provincia. Poi, via via fino al 20 settembre, tutti i 7,6 milioni di alunni prenderanno posto tra i banchi. E si troveranno davanti agli occhi lo stesso scenario di sempre: cattedre vuote, segreterie sguarnite, edifici (s)cadenti. Ma proprio su quest’ultimo punto Marco Bussetti ha promesso un cambio di passo. Quantificando in 7 miliardi le risorse a disposizione. Di queste – grazie al decreto ministeri appena andato in Gazzetta e all’accordo quadro con Regioni ed enti locali atteso in Conferenza unificata il 6 settembre – il ministro dell’Istruzione conta di poterne sbloccare già 3 nel giro di due settimane. Senza dimenticare l’intesa con Cnr e Asi che porterà alla mappatura via satellite dei quasi 40mila plessi scolastici italiani.

La fotografia delle scuole

Il patrimonio scolastico italiano è composto da 39.847 edifici di proprietà di comuni e province. A cui se ne sommano 2.656 inattivi, per un totale di 42.503. Oltre 22mila di questi sono stati costruiti prima del 1970. Ad oggi, quasi il 38% degli stabili non possiede il certificato di collaudo statico chiesto dalla legge 1086/1971, mentre più del 50% è privo di quello di agibilità/abitabilità e di prevenzione incendi. Dati in lieve miglioramento rispetto alla precedente rilevazione del 2015. Ma che comunque restituiscono l’immagine di un’edilizia scolastica datata e inadeguata. Un aiuto a mappare lo stato delle scuole italiane arriverà dallo spazio. Nei giorni scorsi il ministro Bussetti ha siglato un patto con i presidenti dell’Agenzia spaziale italia (Asi), Roberto Battiston, e del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Massimo Inguscio, per utilizzare i quattro satelliti Cosmo SkyMed dell’Asi per fotografare tutti gli edifici scolastici. Scaricando i dati degli ultimi otto anni, plesso per plesso, si potrà verificare se ci sono stati movimenti significativi legati a dissesto idrogeologico o terremoti. I dati saranno esaminati dai ricercatori del Cnr che faranno partire le eventuali segnalazioni o verifiche.

Le risorse a disposizione

L’attenzione al tema non è nuova. Anche i governi Renzi e Gentiloni l’avevano messa in cima ai loro propositi di intervento. Mobilitando circa 9,5 miliardi di euro. Di quelli ne sono stati spesi circa 5. Ne restano dunque 4,5, a cui si aggiungono i 2,9 previsti dalla scorsa legge di bilancio. Si arriva così ai 7 miliardi citati più volte da Bussetti. Che potrebbero anche crescere stando a quanto dichiarato dal sottosegretario (leghista) alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, venerdì scorso alla Versiliana. E cioè che per investire nella sicurezza delle scuole (e di altri ambiti) si potrà anche sforare il 3% del rapporto deficit/Pil.

In attesa che le trattative sulla manovra entrino nel vivo Bussetti agirà in proprio. Nel giro di un paio di settimane potrebbero essere sbloccate due “voci” pesanti: un miliardo del Fondo infrastrutture strategiche della legge di bilancio 2017 e 1,7 miliardi della programmazione triennale 2018/2020 del Miur. Poco meno di 3 miliardi cash. Che potranno beneficiare della semplificazione di competenze e procedure a cui si sta lavorando. La prima è arrivata con il “decreto ministeri”, che ha eliminato i concerti con Mef e Mit che servivano a programmare gli interventi e fatto confluire tutte le risorse per l’edilizia scolastica nel fondo unico del Miur. La seconda novità è contenuta nell’accordo quadro atteso in Conferenza unificata giovedì 6, che fissa a monte i criteri di distribuzione validi per l’intero triennio: 43% sul numero studenti; 42% sugli edifici; 10% per le zone sismiche; 5% sull’affollamento delle strutture. Non solo. Verranno anche tagliati i tempi per le varie fasi e autorizzate le anticipazioni dirette agli enti locali. Che riceveranno i fondi al massimo in cinque mesi anziché in un anno e mezzo come oggi. O almeno è questo l’obiettivo sulla carta.