Dai bambini alla nazione
di Antonio Stanca
Nel 2011 la casa editrice Nerbini di Firenze ha fatto rientrare tra i suoi programmi “La Collana Nerbiniana” che si proponeva di pubblicare lavori di studiosi impegnati a ricostruire la “Storia della stampa periodica per l’infanzia e la gioventù”. La direzione della Collana fu affidata a Juri Meda e sua è la presentazione dell’iniziativa inserita nel primo volume comparso in quello stesso anno a nome della giovane Fabiana Loparco, laureata in Scritture Giornalistiche e Multimediali, studiosa dei processi di nazionalizzazione dell’infanzia avvenuti nel primo ‘900 e dottoranda presso l’Università di Macerata. Il volume s’intitola I bambini e la guerra, Il Corriere dei Piccoli e il primo conflitto mondiale (1915-1918), pp. 198, € 22,00.
Nella presentazione Meda ha chiarito le finalità del piano promosso dalla casa editrice soffermandosi sulla sua importanza ed utilità. Con tali studi, ha scritto, si libererebbe un aspetto della cultura italiana dalla scarsa considerazione che finora gli è stata attribuita, si constaterebbe come esso faccia parte del contesto culturale della nazione, sia una sua espressione e come le altre vada collegata con la storia nazionale. Solo scoprendo, chiarendo, valutando anche la stampa periodica per l’infanzia e la gioventù si potrà avere completo il quadro della nostra cultura.
La Loparco, nel suo libro, ha rilevato quanto veniva stampato per i bambini nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento, si è soffermata, in particolar modo, sul secondo periodo e accurata è stata la sua indagine circa la stampa per l’infanzia comparsa nel settimanale Corriere dei Piccoli o Corrierino, supplemento domenicale del Corriere della Sera, durante gli anni della prima guerra mondiale. Niente è sfuggito all’esame della Loparco e lo dimostrano le tantissime note delle quali l’opera è corredata. Il suo studio non solo ha fatto ordine, ha sistemato una notevole quantità di materiale ma l’ha pure esaminata, ne ha riportato tante parti tramite continue citazioni. Incuriosisce, coinvolge la lettura del libro perché si trasforma in una scoperta continua, la si sente come un bisogno, quello di colmare una lacuna, di conoscere quanto ancora non si sapeva della storia della prima guerra mondiale. Questa viene ripercorsa dalla studiosa in ogni suo frangente e nello stesso tempo arricchita di un avvenimento, la stampa periodica per l’infanzia, che si è allora verificato e che è rimasto sconosciuto o poco conosciuto nonostante fosse collegato con essa. Come la letteratura, la filosofia, l’arte figurativa, drammatica anche la stampa periodica per l’infanzia fa parte di un’epoca, è una sua voce, ha il suo valore insieme a quello dei suoi autori e la Collana della Nerbini e l’opera della Loparco questo vogliono dimostrare.
L’epoca del Corriere dei Piccoli iniziò nel 1908 e durò fino al 1919 ed oltre, il giornale riflettè quanto avveniva nella vita, nella società, nella storia dell’Italia di quegli anni riducendolo alla dimensione che meglio poteva servire per attirare ed interessare i bambini di quel periodo. Più che con le parole esso si propose col disegno, l’immagine, la vignetta, il fumetto, il colore anche se nella parte centrale non rifiutò rubriche scritte adattandole, tramite un linguaggio semplice, facile, a coloro che dovevano essere i suoi lettori. Questi intendeva preparare, formare alla vita rinunciando alla maniera sentimentale che era stata di precedenti giornali per l’infanzia e trasmettendo valori, principi di carattere morale, civile, sociale, politico. I suoi lettori bambini dovevano essere “piccoli uomini” capaci di rinunciare alle bravate, alle monellerie proprie dell’età ed accettare di vivere con serietà il rapporto con la famiglia, la scuola, la società. Pertanto durante il lungo periodo della Grande Guerra il Corriere dei Piccoli cercò con i personaggi delle sue storie illustrate, con le loro azioni, d’inculcare nei più giovani l’idea di patria, di nazione, di fare di essi dei cittadini partecipi di quanto stava succedendo. Una funzione educativa, pedagogica voleva avere il giornale ma soprattutto una patriottica e la guerra rappresentava l’occasione migliore per svolgere tale compito. Tramite gli eroi, le eroine dei suoi fumetti, tramite le sue guerre disegnate, i suoi combattimenti illustrati il Corrierino proponeva modi diversi di fare la guerra, maniere diverse di combattere contro l’esercito degli Imperi Centrali, maniere non cruente, non sanguinose ma umoristiche, satiriche, burlesche, tutte finalizzate ad esaltare il valore, la virtù dei soldati italiani, a ridurre il pericolo che i nemici rappresentavano, a far pensare, a convincere che nostra sarebbe stata la vittoria finale nonostante fossimo meno attrezzati, meno equipaggiati degli avversari. Noi italiani, sembrava dire il giornale e con esso i disegnatori delle sue figure, delle loro avventure, siamo più poveri degli austriaci ma più ricca è la nostra mente, più forte il nostro senso del dovere, più sentito il nostro spirito patriottico, più capace la nostra azione. Dai piccoli lettori il messaggio sarebbe dovuto passare alle loro famiglie, da queste alla società, avrebbe dovuto raggiungere tutti, nazionali sarebbero dovuti divenire i principi che il giornale voleva trasmettere ai bambini. Una funzione di propaganda doveva avere perchè attraverso una comunicazione quanto mai semplice, fatta d’immagini, cercava risultati così ampi quali la nazionalizzazione di un popolo. E ci riuscirà perfettamente anche se diverse fasi visse il Corriere dei piccoli in relazione agli sviluppi del conflitto, alle tristi situazioni che seguirono alle nostre sconfitte iniziali. In quelle circostanze il giornale si vide costretto a ridurre gli entusiasmi che intendeva divulgare ma non li abbandonò completamente e li riprese appena possibile, appena possibile tornò a credere e a far credere nei valori della nostra nazione, nelle capacità dei nostri soldati.
Col giornale i bambini divennero il mezzo migliore per un processo esteso, l’Italia una nazione sentita e vissuta, la guerra una necessità per liberarsi dai soprusi patiti da tanto tempo. A questo aspirava il Corrierino e questo era pure un elemento che mancava alle nostre conoscenze di quegli anni. Che la Loparco lo abbia reso noto con la sua opera è certamente un merito e che sia riuscita pure a far rientrare in essa una documentazione quanto mai ricca e precisa ne ha accresciuto il valore al punto da averla fatta ritenere degna di essere la prima di una Collana di cultura.
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