Titolo Quinto, un’altra ripartenza

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Titolo Quinto, un’altra ripartenza

di Gian Carlo Sacchi

L’ultimo decennio è costellato di false partenze per l’applicazione del Titolo Quinto della Costituzione revisionato nel 2001 e sancito con tanto di referendum popolare.

Un solenne pronunciamento della Conferenza delle Regioni nel 2008 è stato in ballo circa due anni per avere il concerto dello Stato nell’apposita Conferenza Unificata, senza risultato; il 20 giungo 2012 l’apposita commissione degli assessori regionali stila un’altra bozza di accordo, che riparte per tutto l’iter politico-burocratico.

Sappiamo che tanto tempo è passato senza che ne centrodestra ne centrosinistra avessero sottoscritto l’apposita intesa: ora speriamo nel governo tecnico ?

Il problema non è quello del colore della maggioranza politica, ma dello scontro centro – periferia, che nemmeno il così detto federalismo fiscale è riuscito pienamente a risolvere. L’attuale inquilino di viale Trastevere sembra abbia aperta una porta alle Regioni, proprio in un momento in cui oltre al centralismo burocratico-sindacale si farà sentire la necessità del risparmio: tagliare a monte infatti è più facile che non attuare un decentramento che rischia di moltiplicare i centri di spesa. E’ tuttavia solo un’adeguata riorganizzazione dei poteri che può mettere in atto la compartecipazione alle entrate fiscali regionali e locali, e sempre a condizione che l’aumento delle tasse possa servire allo sviluppo dei territori e non soltanto a rimpinguare le casse dello stato, altrimenti siamo di nuovo in un circolo vizioso senza uscita.

Il documento uscito dagli esponenti regionali infatti ripercorre nuovamente tutto l’iter decentralistico, inaugurato ben prima del titolo quinto e rimasto sulla carta; quello che lascia con il fiato sospeso è il giro delle risorse economiche: dove si risparmia nelle strutture statali infatti non è detto che possa trovare un equilibrio sul piano locale, e così per completare il quadro si dovrà mettere mano sia ad una nuova legislazione nazionale (si pensi soltanto alla difficoltà di definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni) ed a non poche legislazioni regionali di “sistema”, se si vuole andare fino in fondo e cioè arrivare alla gestione del personale, così come aveva indicato nel 2004 la Corte Costituzionale.

Fino a qui è stato sostanzialmente il ministero ad opporsi: il miracolo lo farà la spending review ? Ma anche le Regioni non si sono dimostrate molto entusiaste di un corpo normativo che inseriva il servizio educativo, scolastico, formativo,dal nido all’istruzione e formazione professionale, tra le “funzioni fondamentali” loro e degli enti locali alle quali ovviamente bisogna far fronte con il suddetto federalismo fiscale, peraltro, com’è noto, non completato.

Rincuora sapere che tra di loro i nostri Lander si siano accordati, ma sui tempi di messa in opera, pur indicati con una sequenza stringente, si possono nutrire ancora molte perplessità, soprattutto data la complessità delle operazioni: “decentramento delle funzioni amministrative (era già previsto dal DL.vo 112/1998) e riparto della funzione legislativa; trasferimento delle risorse finanziarie, umane e strumentali”. Sul fronte regionale poi si pone la “modulazione del raggiungimento degli obiettivi secondo diverse modalità e la definizione di condizioni e modalità per l’attuazione della sperimentazione di nuovi modelli organizzativi”.

Oltre al dimensionamento della rete scolastica, già di competenza delle Regioni, viene inserito il riparto delle dotazioni organiche sulle quali però siamo ancora abbastanza in alto mare, anche se una proposta interessante era già stata approvata dalle medesime per cercare di inserire un calcolo ponderato di dette risorse, ma fino ad ora anch’essa è stata abbandonata, non solo per la questione finanziaria, ma anche per i livelli di contrattazione (deve essere inserito quello regionale), per il calcolo degli organici funzionali di istituto e la possibilità per alcune di esse, nonché per le province autonome, di accedere direttamente al reclutamento del personale.

Il Ministero chiede alle Regioni solo un parere su un organico definito a livello nazionale che cerca di far combinare la popolazione scolastica con le disponibilità economiche, ottenendo sempre un nulla di fatto in sede di Conferenza Unificata proprio perché alla fine si tratta di una manovra che non tiene conto delle reali esigenze dei territori.

Un’interessante operazione da condividere sarà l’organizzazione delle banche dati, affinché si abbiano informazioni sul funzionamento dell’intero sistema ai vari livelli territoriali: oggi il flusso informativo riguarda ciò che deve confluire all’ISTAT e che serve per la gestione del personale; altri elementi, tipo l’edilizia scolastica, la dispersione, ecc., sono sempre più necessari, anche in riferimento alle richieste dell’UE, ma spesso fanno parte o di ricerche particolari o si trovano in osservatori realizzati da alcune realtà regionali.

L’applicazione concordata del titolo quinto pone peraltro fine al contenzioso dinnanzi alla Corte Costituzionale alla quale spesso viene demandato il compito di occupare il vuoto politico, anche al fine di eliminare il frequente sovrapporsi di competenze e iniziative dei diversi livelli di governo.

Costi e fabbisogni standard, nonché i criteri di perequazione, vanno considerati secondo l’esigibilità e la sostenibilità del servizio e perciò dovranno vedere il pieno coinvolgimento degli enti locali e delle autonomie scolastiche.

Sul riparto delle dotazioni organiche c’è una scadenza, il 30 ottobre 2012, e, nell’ambito della compatibilità finanziaria, saranno le Regioni a distribuire il personale in base alla programmazione dell’offerta formativa, secondo quanto stabilito, come si è detto, da un’apposita legge regionale, pena la sospensione dei trasferimenti. E qui c’è un bel daffare per molte assemblee legislative.

I suddetti progetti sperimentali saranno avviati previa accordo tra il Ministero e le single Regioni e potranno riguardare:

– nuovi modelli organizzativi delle istituzioni scolastiche, anche valorizzando le reti di scuole;

– modelli di reclutamento del personale;

– interventi innovativi per l’edilizia scolastica;

– raccordo dei sistemi informativi tra i diversi livelli istituzionali finalizzati al governo della rete scolastica, della gestione delle iscrizioni e per gli interventi di lotta alla dispersione.

Il nuovo documento si conclude con l’indicazione di circa un anno di tempo per realizzare tutto quanto, ma è proprio sui tempi che come detto all’inizio si nutrono perplessità, anche in relazione alla complessità dell’attività legislativa, da entrambe le parti. A ben guardare lo scadenzario andrà ad impattare pressappoco con la fine della legislatura. Un’altra volta le Regioni avevano approvato un masterplan più o meno di questo genere ponendo come termine settembre 2009. Questa sarà la volta buona ?

Il testo proposto è concreto e mostra consapevolezza circa la coerenza e l’efficacia degli esiti dell’operazione: non si può che esprimere ancora una volta fiducia e speranza.