Ausili, una mamma: “Ministro, le spiego come cambiano la vita dei caregiver”

Redattore Sociale del 03-10-2018

Ausili, una mamma: “Ministro, le spiego come cambiano la vita dei caregiver”

La mamma di un ragazzo con disabilità scrive al ministro Fontana, per spiegargli “la vita dopo il nuovo nomenclatore tariffario, in Lombardia. Da ventiquattro anni solleviamo nostro figlio, più volte al giorno. Abbiamo chiesto due asili e ci sono stati negati. Ecco come si potrebbe fare..”

ROMA. Il nome è un termine tecnico, ma la sua funzione è così concreta che può cambiare la vita di milioni di persone. Il “nomenclatore tariffario” lo conoscono solo gli addetti ai lavori e chi ne ha bisogno: persone con disabilità e loro familiari e caregiver. Ma quanto possa incidere, con l’elenco di ausili (e protesi) che contiene, nella vita quotidiana delle persone, lo fa capire bene oggi una mamma, Alessandra Casula: la mamma di Federico, 24 anni e una gravissima disabilità fisica. “Muove solo un po’ la testa e in parte la mano sinistra: questo gli basta per scrivere poesie, perché Federico è un poeta e ha già pubblicato due libri”, ci spiega Alessandra, che su Facebook ieri ha rivolto al ministro della Famiglia e delle disabilità Lorenzo Fontana un accorato post, in cui spiega “le consuete, inutili, gratuite, fatiche di una persona con disabilità e dei suoi caregiver, ovvero la vita dopo il nuovo nomenclatore tariffario, in Lombardia”.

E’ un’istantanea della vita quotidiana di un caregiver familiare: “Da ventiquattro anni solleviamo quotidianamente nostro figlio, più volte al giorno, per ogni incombente quotidiano, anche quando gli facciamo il bagno nella vasca – racconta Alessandra – È pericoloso, sia per lui che per le nostre schiene e abbiamo deciso di fare il grande passo”. Il “grande passo” si chiama “nomenclatore tariffario”: è, tecnicamente, l’elenco degli ausili che possono essere richiesti al Servizio sanitario nazionale in presenza di determinate e certificate patologie e invalidità. “Abbiamo chiesto, per la prima volta, due ausili cui nostro figlio ha diritto: un sollevatore e una sedia da bagno”: sono gli ausili che, letteralmente, “solleverebbero” da una grande e sempre più insostenibile fatica Alessandra e chi con lei si prende cura di suo figlio. Nel panorama degli ausili, pare esista proprio ciò che al caso loro. “Il medico ci ha consigliato un sollevatore verticalizzante, per provare a rimetterlo in piedi e fargli alcuni esercizi di fisioterapia in posizione eretta e una sedia da bagno basculante, per evitare di farlo cadere mentre lo laviamo sotto la doccia. Con la sedia troppo dritta cadrebbe in avanti, per chiarire”.

Il medico “prescrittore”. Teoricamente, tutto semplice. Praticamente, è l’inizio di quella che Alessandra chiama “una giostra insensata e irrispettosa”: in altre parole, la burocrazia. “Ho chiamato il tecnico ortopedico che mi ha fatto vedere diversi modelli, su carta. Come si può pensare di ordinare due ausili del genere guardandoli da un catalogo? Siamo andati in ortopedia e li abbiamo provati. Federico sta seduto bene solo in un tipo di sedia, di una certa misura. Scegliamo anche il sollevatore verticalizzante. Della misura giusta. Bene, con il preventivo, tutte le misure e le foto illustrative, il medico ci ha fatto la prescrizione”.

Il medico “autorizzatore”. Compiuto quindi il primo passo, prescrizione alla mano, “siamo andati all’ufficio disabili (perché andare in un ufficio solo non basta mai, in questo paese) ad aprire una pratica al termine della quale un secondo medico, l’autorizzatore, deve decidere se la nostra richiesta è legittima. Questo, senza mai guardare nemmeno in faccia nostro figlio, ovviamente. Ci viene recapitato a casa un sollevatore completamente diverso da quello prescritto: enorme, per anziani. Un’altra marca, non verticalizzante. Sulla bolla di consegna, però, c’era scritto che mi stavano consegnando l’ausilio della marca richiesta. Sarà stato un errore? Speriamo… Gliel’ho fatto portare via. Della sedia da bagno, nessuna notizia, per mesi”.

Il “verdetto” è un no. “Oggi, mi chiama il povero medico prescrittore, che mi dice che il medico autorizzatore, quello che non sa niente di me, di Federico, della mia schiena e del pericolo che corriamo ogni giorno a prenderlo in braccio come se non avesse 24 anni, perché non ci ha mai visto, insomma, lui ha bocciato ogni richiesta e ora gli devo fare una relazione per spiegargli perché voglio proprio una sedia basculante da bagno e un sollevatore verticalizzante. Dovrò fornire ulteriore documentazione, riportarla al medico, ritornare all’ufficio disabili e aspettare. Devo ricominciare tutto da capo! Aspettare che il medico autorizzatore o chi della Asl per lui si convinca che ho bisogno di un ausilio per sollevare ogni giorno mio figlio. Ho una rabbia che non potete nemmeno immaginare. Mi sento umiliata. E penso a quanti fanno fatica a muoversi di casa e non hanno nessuno che li aiuti in questa nuova giungla burocratica. Prima, il sistema era già macchinoso, ora è ancora peggiorato. Vergogna, vi odio tutti, devo perdere giorni di vita per andare dietro alle vostre giostre insensate e irrispettose”.

Dopo lo sfogo, però, arriva anche la proposta. “Le spiego cosa potrebbe funzionare. Il medico che conosce la persona disabile le prescrive gli ausili necessari. La persona disabile si reca all’ortopedia di fiducia e sceglie gli ausili più adatti al suo caso. L’ ortopedia invia alla Asl la bolla di consegna. Il medico che ha prescritto l’ausilio controlla che sia tutto a posto. STOP. Come per i farmaci. Siamo stufi di perdere tempo e di essere trattati come topi in un labirinto”.

La spiegazione. Poche ore fa, l’aggiornamento: una prima reazione “istituzionale” all’appello di Alessandra, che però non risolve la questione: “Sono stata contattata dalla Asst (Azienda socio sanitaria territoriale) di Lodi. Ho capito cosa sta succedendo. Dopo il decreto 12 gennaio 2017 firmato dal premier Gentiloni, contenente i nuovi Livelli essenziali di Assistenza, con il nuovo Nomenclatore tariffario, avrebbero dovuto essere pubblicate le tariffe da corrispondere per queste prestazioni agli erogatori sia pubblici (Aziende sanitarie e ospedaliere, Aziende ospedaliero-universitarie, Irccs pubblici) che privati equiparati o accreditati (Irccs privati, Ospedali religiosi, ambulatori e laboratori, aziende ortopediche, ecc.). Le tariffe, a quanto pare, non sono ancora state pubblicate e siamo nel marasma, perché per ogni ausilio richiesto fanno le ‘gare’ tra le diverse aziende ortopediche e vince il migliore offerente. Questo sistema non funziona, occorre che le tariffe siano pubblicate e uguali per tutti, che siano rispettose della qualità e dei conti pubblici. Ma sia lasciata alle famiglie la libertà di rivolgersi all’azienda ortopedica di fiducia. La gentilissima persona della Asst che mi ha contattata mi ha detto che non dovrò ricominciare le pratiche da capo e che si occuperanno di trovare ogni documento necessario. Il mio caso personale, insomma, dovrebbe essersi risolto, però credo che esista un problema diffuso: bisogna lavorare con le associazioni per semplificare il sistema di erogazione degli ausili, che oggi è macchinoso, complicato, irrispettoso dei tempi e delle esigenze delle persone e per nulla sicuro per i conti pubblici”. (cl)