Dall’assoluto al relativo
di Antonio Stanca
Nella serie BEAT, Biblioteca Editori Associati di Tascabili della Grafica Veneta S.p.A. di Trebaseleghe (Padova), è stata ristampata, nel 2011, l’opera S’è fatta ora (pp. 137, € 9,00) di Antonio Pascale, giornalista e scrittore nato a Napoli nel 1966 e vissuto a Caserta prima di trasferirsi, nel 1989, a Roma perché impiegato presso il Ministero delle Politiche Agricole. A Roma ancora oggi risiede e lavora mentre continua ad essere l’autore di racconti, romanzi, reportage, saggi, a collaborare con giornali e riviste, scrivere per la radio e il teatro ed impegnarsi in ambito ecologico. Numerosi riconoscimenti hanno ottenuto le sue opere.
La versione originale di S’è fatta ora risale al 2006, all’opera sono stati assegnati il Premio Brancati e il Premio Bergamo. Essa rimane divisa tra il diario e il romanzo. Altre volte era successo, con Pascale, di non poter definire con precisione il genere letterario seguito, di non poter distinguere tra il giornalista e lo scrittore. Stavolta le sei parti che compongono lo scritto, delle quali la sesta è di tutte riassuntiva, trattano delle diverse fasi attraversate dal protagonista Vincenzo Postiglione, nel quale l’autore s’immedesima, durante gli anni della sua formazione, dei vari aspetti di questa. Di un romanzo di formazione si potrebbe dire se non fosse così poco romanzato, se non concedesse tanto al documento, al vissuto, se non fosse così vero nei tempi, luoghi, eventi, personaggi che hanno fatto parte dell’infanzia, dell’adolescenza, della giovinezza dell’autore-protagonista. Questa dimensione concreta, reale è, però, riscattata da un elemento che emerge durante la narrazione e che va oltre il contingente, il quotidiano, non finisce come questo in un breve giro di tempo poiché riguarda la mente, l’anima del ragazzo che si sta preparando alla vita, diventa uno dei problemi sui quali egli tornerà più volte, una delle domande che continuerà a porsi. Tra quanto succede intorno a Vincenzo e quanto nel suo spirito giungerà a muoversi l’opera del Pascale e in un modo, in un linguaggio così aderenti ai due ambiti da far riuscire difficile classificarla.
Prima Vincenzo vivrà come i suoi coetanei, insieme a questi ma poi scoprirà di aver bisogno di spiegazioni, chiarimenti, significati che gli altri non cercano. E’ il Pascale che, tramite il suo personaggio, vuol dire quanto era avvenuto nella sua prima vita, quali erano stati i suoi bisogni interiori. Nella narrazione lo scrittore dice di sé prima bambino, poi ragazzo ed infine giovane, mostra come si è formato, come è maturato nei rapporti familiari, sociali, nelle esperienze amorose, sessuali, nelle convinzioni politiche, negli impegni di studio, negli interessi culturali, nella concezione della vita, come è passato dagli ambienti di provincia, Caserta, a quelli di città, Roma. Ogni parte dell’opera è con le altre collegata da continui richiami, riferimenti, ognuna muove dall’infanzia del protagonista e giunge alla maturità, ogni volta si parte dall’inizio per arrivare al Pascale che nel 2006, quando aveva quarant’anni, scrisse S’è fatta ora, ogni volta si giunge al confronto tra idea e realtà, teoria e pratica, si constata come la teoria abbia fissato la vita secondo principi unici, inalterabili, definitivi e come la pratica abbia dimostrato che divisa, frazionata in tanti aspetti, modi è da intenderla. Della necessità di tradurre l’assoluto in relativo scrive Pascale e la presenta come essenziale per vivere. E’ questa l’acquisizione più importante alla quale lo ha condotto la sua formazione. Ha avuto difficoltà ad accettarla, a convincersi, ma ha dovuto riconoscerla come l’unica possibile di fronte alle tante situazioni che si è chiamati a vivere.
Varia, infinita, incalcolabile, imprevedibile nei suoi risvolti è la vita ed anche se con rammarico bisogna rinunciare ad una sua misura ridotta, a riportarla a principi, regole fisse, a riferirla a quel passato che ancora stenta a scomparire ed accettare i tanti volti che ha assunto.
Di carattere esistenziale è la maturazione avvenuta nel giovane Pascale di S’è fatta ora, è stata la sua morale a formarsi, a disporsi verso l’esterno. Crescendo è diventato egli più capace di accogliere la varietà, la diversità che gradualmente gli si rivelavano nelle persone e nelle cose, ha capito che il passato era da considerare finito e che, pur se carico di difficoltà, problemi, imprevisti a causa della sua vastità, il presente era l’unico tempo da vivere.
Non è facile soprattutto per un intellettuale, che tanto bisogno ha di riferimenti, condividere un presente così indeterminato come l’attuale, accoglierlo e cercare in esso la propria collocazione e che Pascale l’abbia fatto e continui a farlo significa che è disposto a stare sempre impegnato, che accetta di confrontarsi in continuazione, che identifica l’opera con la vita.
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