Una scrittura penalizzata?

Una scrittura penalizzata?

di Maurizio Tiriticco

Scrivere oggi è veramente un successo, se pensiamo al fatto che ormai tutti, ma proprio tutti – parlo della nostra realtà italiana – scrivono e leggono, ovunque e sempre! I nostri due pollici ormai sono sempre attivi a lanciare messaggini e i nostri occhi sempre attivi per leggerli ed, ovviamente, poi, per rispondere! Quando i messaggini non sono anche vocali, per cui… avanti ora e sempre, anche con la bocca e con le orecchie! Quintali, anzi tonnellate di parole, se si potessero pesarle, vengono scritte e lette oggi, minuto dopo minuto, almeno nelle ore diurne! Di notte Chissà! Molti maniaci dei messaggini sono insonni!
Ormai siamo tutti alfabetizzati! Possiamo ricordare che sono passati solo alcune decenni da quando ancora l’analfabetismo, sia quello strumentale che quello funzionale, gravavano su gran parte della nostra popolazione. Chi non ricorda il buon maestro Manzi, che con santa pazienza in tv insegnava a leggere e scrivere agli ultimi analfabeti del nostro Paese? Erano gli anni Sessanta del secolo scorso. Per l’esattezza era il programma televisivo “Non è mai troppo tardi”, concepito e creato appunto per combattere l’analfabetismo che, nonostante una scuola elementare obbligatoria attiva da decenni, ancora gravava su gran parte della nostra popolazione. Il programma fu attivo dal 1960 al 1968!
Ora possiamo dire che, ormai, agli inizi del secondo millennio, siamo tutti in grado di leggere e scrivere! Almeno credo! Ma… e qui avanzo alcuni dubbi! Un conto è la quantità, ma altro conto è la qualità. Basti pensare che ormai il twittare è sinonimo di scrivere! Anzi è lo “scrivere” oggi! Via la penna! La penna? Che cos’è la penna? Ah! Sì! Quella cosa che usavano i miei nonni, tanto tempo fa! Eppure, io la penso diversamente! E’ ovvio, con i miei novant’anni! E penso che scrivere con la penna, parola dopo parola, frase dopo frase, periodo dopo periodo, paragrafo dopo paragrafo, ed anche sapere “andare a capo”, conoscendo ovviamente la regola della divisione in sillabe (ma che cos’è la sillaba, dirà qualche sprovveduto giovane lettore) costituisca una competenza residuale di grande importanza. Mi avevano insegnato – ed avevo anche imparato – che scrivere con la penna, parola dopo parola, legando insieme le diverse lettere, vocali e consonanti, era anche un riflesso attivo del cervello, quando formula i suoi pensieri e vuole ordinarli in modo corretto ed anche, a volte, quando necessario, comunicativo! Insomma, leggere e scrivere non è una pura funzione strumentale fisica, ma anche e soprattutto una funzione strumentale cognitiva! Ed emotiva anche! In quanti modi posso esprimere a volte lo stesso pensiero? E le stesse emozioni? Da ragazzo scrivevo benino e i miei amici si rivolgevano sempre a me per scrivere biglietti o lettere d’amore! Altri tempi! E il corrispettivo in genere erano sempre figurine, quelle dei calciatori!
Ormai la penna non si usa più! Neanche quella stilografica! Che festa quando con la prima comunione ti regalavano la penna stilografica (e si raccomandavano! Non macchiarti!). Abbiamo perduto la penna, ma… un “ma” grosso così! Non rischiamo di perdere anche – o di impoverire – funzioni fondanti del nostro produrre pensiero? Alla domanda non so rispondere! Se qualche amico è in grado di farlo, lo faccia! Concludo, allegando una delle mie favolette, legata appunto alla penna, questo strano strumento che forse dimenticheremo!


La guerra delle penne

Tantissimi anni fa non c’erano le penne che usiamo oggi. E non c’era neanche la carta. Si usava il càlamo, un pezzo di canna appuntito, che veniva intinto nell’inchiostro e si scriveva su fogli ricavati dal papiro, una pianta di cui l’Egitto era ricchissimo, oppure su pelli di pecora, debitamente conciate: povere pecorelle! Più di mille anni fa qualcuno si accorse che una penna d’oca, più flessibile rispetto alla canna, permetteva di scrivere con maggiore facilità e rapidità. Poi, dalla Cina venne importato in Europa l’uso della carta e la scrittura ebbe così una maggiore diffusione. E poi… tanti cambiamenti!

Quante arie si dava la penna d’oca, mentre la mano veloce di uno scrivano la maneggiava dolcemente per scrivere su una preziosa pergamena. E il povero càlamo invece, ormai fuori uso… gettato per terra!
– Caro càlamo! Mi dispiace per te! Del resto, tu sei solo un pezzo di canna duro e appuntito! Io, invece, vedi come svolazzo leggera sul foglio? E lo scrivano fatica di meno ed è più veloce! E poi sono anche bella! Guarda il mio bel piumaggio!
– Perché non lo dici all’oca quando le hanno strappato le più belle penne delle ali? Non immagini quanto ha sofferto? Io, invece, non ho fatto soffrire nessuno!
– Mio caro! Il progresso ha il suo prezzo! Io durerò in eterno, perché la mia scrittura è dolce e leggera. Tu sei capace di scrivere solo le aste, come i bambini nei primi giorni di scuola!
– Quante arie ti dai, penna d’oca! Verrà anche il tuo turno!
– Mai! Sei solo pieno di invidia!
Aveva ragione il càlamo, perché arrivò anche il turno della penna d’oca…
Quante arie si dava il pennino quando, un po’ di secoli dopo, fece la sua comparsa! Era di un metallo forte e duro, l’acciaio, sconosciuto agli antichi! Faceva la sua bella figura, innestato su di un’asticella di legno ed era estremamente flessibile al tratto!
– Cara penna d’oca! Sei proprio finita male! Nessuno ti vuole più. Quante arie ti davi con tutte quelle piume che non servono a niente! Ormai siamo nell’età industriale! Tutto corre veloce… anche la scrittura!
– Non dubitare! Verrà anche il tuo turno, vedrai, sussurrò la penna d’oca, finita ormai dentro un vaso qualsiasi insieme a dei fiori appassiti.
E così accadde.
Quante arie si dava la penna stilografica quando, sul finire dell’Ottocento, fece la sua prima comparsa!
– E’ giunta la tua ora, caro pennino! Il mio pennino è d’oro, capisci? E’ prezioso! E poi non ho più bisogno del calamaio! L’inchiostro lo porto sempre con me! E poi ho un bel cappuccio e chi mi usa mi porta sempre con sé e nei taschini delle giacche faccio sempre la mia bella figura!
– Non dubitare! Verrà anche il tuo turno, vedrai, sussurrò il pennino, finito addirittura dentro un secchio per l’immondezza! Pronto a finire allo scarico fuori città! Che triste fine!
Infatti…
Nella metà del Novecento due fratelli ungheresi, Laslo e Josef Biro inventarono la penna a sfera, che oggi usiamo in tutte le scuole e in tutti gli uffici. Ormai è un coro che fa il giro del mondo.
– Care penne stilografiche, che fine avete fatto? Lo immaginiamo! Starete tutte nel fondo di mille cassetti di mille scrivanie! Dimenticate da tutti. Siamo noi che comandiamo e siamo miliardi nei taschini di tutti e nelle cartelle di tutti i bambini!
Ma… un altro coro di voci si levò da milioni di cassetti! E càlami, penne d’oca, pennini e stilografiche sussurrarono insieme:
– Care penne biro! Attenzione! Sta avanzando un nemico pericoloso per voi e per tutte le penne della storia! La tastiera! E i caratteri sono già scritti! Basta sfiorarli con un leggero colpo di polpastrello!
Ma poi… chi farà fuori la tastiera? Il touch screen!! e la storia continua…

Il saliscendi della vita…

Mastro Ticchio