Quota 100, si riaprono i giochi

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da Italiaoggi

Alessandra Ricciardi

Marco Bussetti

Mentre si apportano le ultime limature al testo del decreto legge su Quota 100, atteso al prossimo consiglio dei ministri, al dicastero dell’istruzione si lavora alla riapertura dei termini per il personale che vorrà fare domanda. Secondo alcune indiscrezioni, la finestra potrebbe essere contenuta a due settimane. La necessità è di consentire di pianificare in tempo utile gli organici, così da fare le operazioni di mobilità e di assunzione entro luglio prossimo.

Dopo la sanità, la scuola è il comparto pubblico in cui potenzialmente potrebbero esserci le maggiori cessazioni in virtù dei requisiti ridotti del decreto legge. Con oltre un milione di dipendenti l’impatto sulle casse dello stato e sulla funzionalità del servizio potrebbe essere esplosivo. Ma viste le penalizzazioni, dirette e indirette, contenute nel dl, ai piani alti di viale Trastevere si conta che alla fin fine docenti e Ata decidano di attendere i requisiti ordinari, snobbando Quota 100. Le prime previsioni, anche alla luce degli umori testati dai sindacati sul territorio, parlano di un’adesione di 10 mila unità, quasi il 10% della platea che sarebbe potenzialmente interessata a Quota 100. Se così dovesse essere, significherebbe che nel 2019 lascerebbero circa 30 mila dipendenti, un’uscita che dunque pareggerebbe quella dello scorso anno.

Secondo i dati definiti elaborati dal ministero sulle domande di pensionamento presentate entro dicembre scorso, infatti a legislazione vigente sono poco meno di 19.900 i pensionamenti 2019: 15.190 di docenti, dieci mila in meno rispetto all’anno corso, 4.448 per gli Ata, e siamo a 3.490 in meno rispetto al 2018/2019.

Se dunque l’adesione a Quota100 dovesse essere contenuta, si tratterebbe di gestire un flusso in uscita tutto sommato ordinario. Del resto, l’andare in pensione prima comporterà, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, un taglio dell’assegno del 5%, in caso di anticipo solo di un anno, fino a più del 30% se l’anticipo è di oltre 4 anni. Per non parlare poi dei ritardi previsti nel pagamento dell’indennità di buona uscita: l’articolo 23 del decreto stabilisce che la agli statali venga pagata al momento in cui matureranno i requisiti previsti dalla legge Fornero, e dunque raggiunti i 67 anni.

Se a dispetto di queste penalizzazioni, Quota 100 dovesse invece fare leva nella scuola, lo scenario cambierebbe completamente: con numeri più alti i rischi di rendere più «precario» il prossimo anno scolastico sarebbero alti. Le graduatorie di candidati abilitati a insegnare sulle cattedre scoperte sono sguarnite, tanto che già lo scorso anno 30 mila assunzioni sono andate deserte. Ecco perché nelle interlocuzioni del Miur con i sindacati c’è chi, ed è il caso della Uil scuola, ha lanciato la proposta di agganciare a Quota 100 un concorso straordinario per chi ha già 36 mesi di servizio alle spalle: si tratterebbe di dare una risposta di stabilizzazione su un gran numero di posti che altrimenti resterebbero senza un docente titolare.

La finestra per uscire con Quota 100 sarebbe sempre settembre. La bozza del decreto legge su Quota 100 all’art. 14, comma 7, precisa che per il personale della scuola ed Afam rimangono in vigore le disposizioni dell’art. 59, comma 9 della legge n. 449/1997, e dunque «la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno».