I. Cotroneo, Le voci del sogno

Ivan Cotroneo tra i sogni

di Antonio Stanca

Il napoletano Ivan Cotroneo ha cinquantuno anni ed è scrittore, sceneggiatore e regista. Negli anni ‘90 aveva abbandonato gli studi di Giurisprudenza presso l’Università di Napoli e si era trasferito a Roma dove a ventiquattro anni si era diplomato in sceneggiatura. Aveva cominciato d’allora a prendere contatti con il mondo dello spettacolo, del cinema, con registi che gli avevano affidato incarichi, gli avevano fatto realizzare parti di alcuni film oltre che curare la sceneggiatura. Anche con la televisione Cotroneo ha cercato rapporti e molti sono stati i programmi da lui ideati e realizzati. Né ha trascurato il teatro.
Tra tanti impegni quello per la scrittura narrativa gli ha procurato opere importanti che insieme alle altre del cinema e della televisione lo hanno reso degno di notevoli riconoscimenti.
Un personaggio variamente impegnato, ampiamente noto è diventato quel ragazzo che a vent’anni aveva lasciato l’Università per andare nella capitale. In molte direzioni si è applicato ed ora è una figura di rilievo nell’ambito culturale, intellettuale, artistico del nostro paese. Sono stati soprattutto il cinema e la televisione a farlo conoscere al grande pubblico e sono stati anche i temi molto attuali che il Cotroneo generalmente tratta. La sua produzione letteraria non è meno importante ma meno frequente è risultata ed alcune narrazioni hanno avuto una trasposizione cinematografica ad opera dello stesso Cotroneo. Anche regista è ormai ed anche nell’ultimo scritto, il breve volume Le voci del sogno, che a Dicembre del 2018, è stato pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo di Roma, si possono scoprire collegamenti, richiami con quanto comparso nel suo cinema. Si tratta di quattordici brevissimi brani nei quali ritorna sempre il motivo del sogno. Risalgono ad una circostanza dello scorso autunno quando a Roma, presso il Chiostro del Bramante, fu allestita una mostra di arte contemporanea. Erano quattordici gli artisti che esponevano e quattordici le stanze che li ospitavano. A Cotroneo fu chiesto di preparare delle audioguide, dei brevi commenti che potessero essere sentiti in cuffia dai visitatori e che si riferissero a quanto esposto nelle varie stanze. Quei commenti contiene questo libretto.
Allora ogni artista si era fatto interprete di un sogno attraverso le sue opere. Venissero rappresentati uomini o donne, vecchi o giovani, interni od esterni, case o paesaggi, ogni argomento doveva diventare quello di un sogno, doveva valere come un sogno e Cotroneo doveva trovare per ognuno le parole necessarie a chiarirlo, a spiegarlo. Leggera, lieve, aerea, trasparente era risultata la sua lingua, vicina a quella della poesia, della lirica si era rivelata, non aveva voluto distinguersi dalla dolcezza delle immagini, delle scene delle quali diceva, si era identificata con la loro delicatezza, la loro serenità.
Di sogni era stato chiamato a dire Cotroneo e la lingua dei sogni aveva mostrato di saper usare, di ciò che non si sente, non si vede, non si tocca aveva saputo parlare, ai colori, alle luci delle opere di quegli artisti aveva fatto assomigliare le sue parole. E tanto si era lasciato trasportare da essersi soffermato, alla fine di quella operazione e di questa opera che la raccoglie, a dire anche di quelli che erano stati i suoi sogni durante una notte passata a Napoli a Piazza Mercato, presso casa sua, quando ancora ragazzo gli era sembrato di sentire delle voci, di vedere delle figure, di assistere a dei movimenti che avvenivano intorno a lui e che erano le forme, le mosse assunte dai suoi pensieri, dai suoi sogni. Ora che di sogni stava parlando riconosceva anche i suoi, capiva come anche i sogni abbiano un loro valore, una loro funzione, quanto essi valgano a modificare, migliorare lo stato, la condizione di una persona, di un tempo, di un luogo, come siano stati all’origine del progresso, come diventino idealità, aspirazione.