Iscrizioni, più trasparenza per prendere decisioni consapevoli

da Il Sole 24 Ore

di Daniele Checchi

Il problema della scelta della scuola per i propri figli è percepito differentemente nella scala sociale, e assume alta rilevanza nelle classi medie, indipendentemente dal grado di sviluppo economico del Paese che si prenda in considerazione. La ragione risiede nel fatto che sono proprio loro le famiglie che hanno sperimentato le possibilità di avanzamento sociale che l’istruzione può essere in grado di fornire. Per la maggioranza delle famiglie nelle classi inferiori l’istruzione si è rivelata un percorso accidentato. Per le élite l’istruzione è piuttosto uno status symbol a cui ambire per gli effetti di visibilità sociale.

Cosa possono fare allora nel contesto italiano i genitori alla ricerca di una formazione di qualità per i propri figli?

Di seguito alcuni spunti che vengono dagli studi sulle carriere scolastiche. Il primo è che la formazione scolastica è un processo cumulativo, che comincia dall’infanzia. La curiosità per la novità e il desiderio di apprendere si formano nei primi anni di vita attraverso la stimolazione percettiva. Quindi è fondamentale scegliere materna e primaria, perché lì si gettano le basi della capacità di apprendere di cui avranno bisogno i ragazzi nella secondaria. Il secondo spunto è che la qualità di una scuola è data dalla competenza e dall’impegno dei docenti. Se la competenza di un insegnante dipende dal percorso formativo che ha intrapreso, il suo livello di coinvolgimento dipende dalle condizioni in cui è richiesto di lavorare, che a loro volta dipendono dal clima che il dirigente della scuola riesce a garantire ai propri colleghi. Il terzo spunto dice che la formazione scolastica non è un percorso solo individuale, ma è un processo sociale, che avviene nel gruppo dei compagni di classe. La classe è la prima esperienza di socialità organizzata che affrontano i ragazzi. Alcuni genitori (e qualche preside) si preoccupano dell’eccessiva presenza di alunni di nazionalità non italiana, ma il problema non è quello. La scelta dei propri “pari” importa per il tipo di stimoli che produce sui ragazzi, in termini di conoscenza della diversità, di competizione e/o di emulazione dei comportamenti e di formazione delle aspirazioni. È esperienza comune registrare un disallineamento (specie nell’adolescenza) tra l’impostazione genitoriale e l’aspirazione del gruppo-classe.

Come tradurre allora questi spunti in criteri di scelta di una scuola che si desidera possa essere di qualità?

Il primo criterio suggerisce di cercare istituti che progettino i percorsi formativi integrati, possibilmente partendo dall’infanzia. In Italia il numero degli istituti comprensivi (che integrano almeno primaria e medie) è cresciuto negli anni, ma spesso si è trattato di un accorpamento amministrativo senza che a esso sia corrisposta una riprogettazione congiunta dei percorsi. I dirigenti scolastici si trovano a coordinare un numero eccessivo di scuole molto eterogenee, senza poter esercitare un indirizzo effettivo. Concretamente un genitore dovrebbe preoccuparsi non solo della sede specifica (l’edificio) dove vuole iscrivere il figlio, ma anche di capire la struttura organizzativa interna e il grado di coordinamento tra scuole. Il piano triennale dell’offerta formativa può fornire degli elementi.

Il secondo criterio richiede di conoscere chi siano e come lavorino gli insegnanti. A oggi non esiste alcuna possibilità di conoscere il percorso formativo e l’auspicabile aggiornamento periodico degli insegnanti. Trattandosi di pubblici dipendenti a cui affidiamo la formazione delle giovani generazioni, questa mancanza di informazione è particolarmente critica. Nelle università è obbligatorio a tutto il personale docente rendere visibile online il proprio Cv: perché non estendere la norma agli insegnanti della scuola? Nel sito Scuola in chiaro è possibile avere dati aggregati su composizione per genere ed età e sui tassi di assenteismo. Forse si può chiedere di più. Sulle condizioni di lavoro, l’unica fonte di informazione sarebbero gli insegnanti stessi. E infatti i genitori dei nuovi entranti chiedono informazioni ai genitori degli anni precedenti sulla “qualità percepita” degli insegnanti di una scuola, e spesso di una sezione. Sappiamo che ci sono team di insegnanti coesi e motivati e team scoordinati e disimpegnati. Perché non permettere di segnalare questa maggior qualità e disponibilità con una rilevazione del clima organizzativo ?

Il terzo criterio richiede di conoscere chi siano i propri futuri compagni di classe. Questo si scontra con il principio di ugual trattamento degli studenti e con il valore dell’educazione alla diversità. Per questa ragione fa bene il Miur a non rendere visibili i dati sulla composizione degli studenti per cittadinanza o per disabilità nel sito Scuola in chiaro (ma lascia visibili i dati sulle bocciature). I genitori possono però utilizzare strategie indirette per raccogliere questa informazione: sapere per esempio la quota di alunni che si iscrive a un liceo dopo la terza media, o all’università dopo la quinta superiore, fornisce informazioni (approssimative) sul grado di aspirazione prevalente in una scuola.