Il paradosso del tessile: tanto lavoro e pochi studenti

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Nei prossimi tre anni il settore tessile avrà bisogno di circa 21mila tecnici; se si allarga l’indagine all’intero comparto moda il fabbisogno stimato dagli operatori arriva a 47mila nuovi ingressi da qui al 2024. Ma se si guarda al numero di iscritti oggi agli indirizzi di studio tessile-moda delle scuole secondarie superiori si accende subito “una spia rossa”: i frequentanti al primo anno di questi istituti tecnico-professionali non superano le 3mila unità. A ciò si aggiunga che oltre un terzo degli impieghi offerti dalle aziende rischiano, concretamente, di rimanere posizioni vacanti.

La fotografia del prossimo anno scolastico non fa immaginare una (rapida) inversione di tendenza. All’istituto “Marzotto-Luzzatti” di Valdagno (Vicenza), per esempio, dove alle spalle c’è un’azienda leader in Europa, la Marzotto, gli iscritti a settembre 2019 all’indirizzo tessile saranno appena 11.

Anche al “Paleocapa” di Bergamo il prossimo anno i ragazzi della prima classe del tessile saranno 11. Ma qui, anche grazie alle attività di orientamento alle medie organizzate assieme a Confindustria Bergamo, c’è stato un sostanziale raddoppio degli alunni rispetto agli anni precedenti. «Dopo il biennio iniziale riusciamo a mantenere una classe in terza – spiega il preside, Imerio Chiappa -. I nostri studenti, presa la maturità, ricevono 3-4 offerte di lavoro. Parliamo di occupazioni che prevedono, in media, una retribuzione dai 1.450 euro in su».

A mancare, oltre a una comunicazione adeguata, è spesso anche un dirigente di ruolo. Accade, è un altro esempio, all’istituto tecnico “Quintino Sella” di Biella, una delle più antiche scuole tessili d’Italia, quest’anno affidata a un “reggente”.

Certo, troviamo anche best practice. A Padova, all’istituto professionale “Ruzza”, ci sono quattro classi a indirizzo moda professionale e due a indirizzo sistema moda, più un corso serale. «Riusciamo ad attrarre ragazzi soprattutto per le tante attività che facciamo, come open day, mini stage e sfilate – racconta Silvia Tebaldi, docente di laboratori tecnologici ed esercitazioni moda -. È forte anche il legame con il territorio, e organizziamo, inoltre, project work con le aziende». Anche a Napoli, all’istituto “Isabella D’Este”, evidenzia la preside Giovanna Scala, «puntiamo molto su orientamento e dialogo, quotidiano, con le imprese. Al tessile abbiamo circa 270 iscritti. Bisogna investire di più sulla comunicazione. Ho portato nella scuola una gestione manageriale. L’indirizzo di studio funziona: in due anni circa 30 studenti hanno ottenuto un contratto di lavoro».

Il punto è che serve un’accelerazione. Tra i profili più richiesti dalle aziende (e che spesso non si riescono a trovare) ci sono: «Periti chimici e tecnici, filatori, tessitori, addetti alla confezione, prototipisti e modellisti – sottolinea Paolo Bastianello, presidente del comitato per la Formazione di Smi (Sistema moda Italia) -. A novembre, assieme al Miur, abbiamo dato vita alla rete Tam, che riunisce 56 tra istituti tecnici, professionali e Its, afferenti al settore tessile, abbigliamento, moda».

L’obiettivo è proprio quello di migliorare l’orientamento a livello territoriale. Ma è fondamentale pure ripensare le competenze dei ragazzi delle scuole tessili e rendere più efficaci i percorsi di alternanza. «La congiuntura economica non è delle migliori – chiosa Bastianello -. Ma sono fiducioso in uno scatto di reni del settore e in un rafforzamento del link scuola-lavoro. La rete Tam è operativa. I primi risultati mi auguro arriveranno già alle prossime iscrizioni al 2020/2021».