Tutti scrittori?

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Tutti scrittori?

di Antonio Stanca

   Quella della scrittura sembra diventata un’attrazione, una mania alla quale non sfugge più nessuno. Essere scrittore, scrivere romanzi o almeno uno sembra diventato un desiderio ovunque diffuso. In ambito specifico quasi tutti i nuovi scrittori sono stati o ancora sono giornalisti. Sono, cioè, passati da un tipo di produzione ad un altro convinti di poterlo fare senza alcun problema, pensando che tra i due generi non ci sia nessuna differenza. Hanno continuato, quindi, a scrivere in narrativa come nel giornalismo senza accorgersi di averla fatta scadere, di averla ridotta a cronaca se non ad indagine o analisi generica. L’hanno inaridita, l’hanno privata di quei contenuti, di quell’espressione, di quell’atmosfera necessaria ad attirare, a coinvolgere, ad emozionare il lettore, a trasferirlo in una dimensione diversa da quella che vive.

   Scrittori, tuttavia, non hanno creduto di poterlo essere solo i giornalisti ma tanti altri: tra poco non ci sarà un politico, uno sportivo, un cantante, un attore, un qualunque personaggio noto che non abbia scritto un libro o che non abbia in mente di farlo. In queste opere gli autori spesso scrivono di loro, della loro vita, della loro storia, di un loro caso particolare mentre quegli altri scrivono d’altro, non autobiografiche sono le loro opere nonostante i limiti, i difetti dei quali si diceva.

   Il problema è grave: non solo per gli autori ma anche per i lettori questa sta diventando la nuova produzione narrativa e quelli i nuovi scrittori. Né servono gli esempi, ormai sempre più rari, di vecchi scrittori ancora vivi, delle loro opere, a richiamare l’attenzione, a correggere l’errore. I nuovi mezzi di comunicazione, la pubblicità è capace di far apparire grandi romanzi quelli che non lo sono, di farli premiare, di fare dei loro autori personaggi d’eccezione pur essendo degli sconosciuti.

   E non solo di questo ci si meraviglia ma anche del fatto che nonostante si stia vivendo un’epoca nella quale la visione ha quasi completamente sostituito la lettura, da tante parti, da tante persone si voglia diventare scrittori. Non ci si rende conto che un libro è oggi un successo molto effimero perché rischia di non essere letto da nessuno e di rimanere inutile come i tanti, tantissimi altri che ormai esistono.

   In un libro, nella sua scrittura convergono, invece, le aspirazioni della moltitudine. Col libro, forse, crede di essere ricordata, di diventare immortale poiché scarsamente convinta è del valore delle immagini, delle visioni? Ma nemmeno quel libro vale ché uno scadimento esso rappresenta rispetto a quanto è da intendere per narrativa e visto che ancora non si sono diffuse, non sono state accettate altre concezioni, altre maniere al riguardo.

   Come spiegare quanto sta succedendo? A cosa attribuire il fenomeno?

   Tutti vogliono essere autori di narrativa senza accorgersi di averla travisata al punto da non farla più riconoscere, da non farle più assicurare nessun tipo di notorietà.

 E’ difficile capire ma intanto si continua sulla strada delle “ambizioni sbagliate”.