Neuroscienze affettive, emotive e cognitive

Neuroscienze  affettive, emotive e cognitive

di Adriana Rumbolo

 

Un gruppo di ragazzini 8/9 anni cammina in una strada di campagna,  con decisione, verso un boschetto.

E’ primavera e nei giorni  scorsi è piovuto.

Davanti a  un fosso che i ragazzi sono abituati a superare con un salto, quel giorno si fermano: in fondo al fosso è rimasta acqua della pioggia e se il salto non riuscisse bene , finirci dentro  non presenterebbe pericolo di vita, ma sporcare, forse irrimediabilmente scarpe e calzettoni, si..

Un danno che i genitori non avrebbero capito.

E  allora, un’alternativa.

Rapidamente  uno  del  gruppo , leader momentaneo, perché   gli è venuta per primo un’idea,   spiega:  bisogna trovare un  legno abbastanza lungo e grosso  per conficcarlo nella sponda opposta del fosso e facendo leva saltarlo, senza pericolo di finirci dentro.

Loro sono abituati a saltare in lungo,  in alto,  gli ostacoli ma questa è un’esperienza nuova e tutti s’impegnano.

Si organizzano e piano, piano chi meglio e chi peggio ci riescono.

L’idea nata dalla continua esperienza dell’apprendimento quotidiano, dalla  fiducia percepita e radicata nel proprio corpo, in un intensa vita dinamica, unite all’euforia di un’esperienza nuova , e l’orgoglio dell’esibizione davanti ai compagni e la paura incombente dei genitori  di fronte a un danno fisico o all’abbigliamento,  dà un chiaro messaggio che, in una manciata di minuti, corpo,  emozioni , cognizioni, interagiscono sapientemente per realizzare l’obiettivo.

Il bambino percepisce  quest’ equilibrio,  guida nell’interazione con l’ambiente e non si chiederebbe il perché: c’è.

Sente invece un forte malessere se qualcosa  o qualcuno  disturba quest’equilibrio incasellando le sue potenzialità, la sua fantasia i suoi sogni, il suo corpo, facendolo sentire  insicuro e minacciato pronto solo a una difesa scomposta come un animale in gabbia.

Credo sarebbe inutile in quelle condizioni mostrargli i cartelli delle domande mirate

come: cosa fai, cosa ti aspetti, cosa eviti, da cosa ti  difendi?

Apriamo, se riusciamo, la gabbia  per offrire rispetto, silenziosità sorriso e spesso un soggetto farà come gli animali che rilasciati dopo una breve cattività, a fin di bene (a scopo curativo), hanno un attimo  di smarrimento e recuperato  tutto il proprio sé s’ inoltreranno nella foresta metafora della vita.

L’essere umano è un animale più complesso ma una volta uscito dalla gabbia, quando sarà pronto, aprirà lui un dialogo.

Guai se il primo incontro  fosse con un altro soggetto che tendesse a un’indagine affrettata , o vedesse prioritari interessi o persone estranei a quella situazione.

L’umiltà è importante nell’attimo  del primo approccio.