Contrastare il bullismo con un videogame è possibile: gli studenti si mettono alla prova

da Il Sole 24 Ore

di Emilio Cozzi

È possibile sconfiggere il bullismo con un videogioco? È verosimile contrastare «un fenomeno complesso e multidimensionale», come si definisce la violenza on e offline nel recente “Il ritiro sociale negli adolescenti” (Raffaello Cortina Editore), attraverso un’arena digitale, il videogame, che spesso ne è il tramite?
È questo l’interrogativo di fondo della terza edizione di Game@School , le Olimpiadi nazionali del videogioco a scopo didattico, che dal 2017 mettono alla prova gli studenti delle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado dando un tema da sviluppare in un0’esperienza interattiva.

Organizzato dall’associazione ImparaDigitale, in collaborazione con il comune di Bergamo e la consulenza della Digital Bros Game Academy, l’evento ha coinvolto più di 800 aspiranti game designer in erba, divisi in 207 squadre da due a quattro elementi ciascuna, in Basilicata, Calabria, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Trentino Alto Adige.

Scopo della gara? Realizzare un videogioco la cui missione è salvare una vittima di bullismo, o modificare i comportamenti di chi mette in atto atteggiamenti di questo genere.

Un’intuizione giusta, considerati soprattutto due aspetti peculiari delle aggressioni via internet, o se si preferisce del cyberbullismo: anzitutto il tratto comune fra vittima e carnefice, che consiste, suggeriscono gli psicoterapeuti Susanna Conserva e Matteo Lancini, «nella mancanza di una relazione con adulti capaci di tradurre in parole emozioni e vissuti», una competenza che se trascurata durante la crescita «rischia di avere conseguenze sulla costruzione della propria personalità». In secondo luogo, è la platea a distinguere la declinazione digitale di quelle prevaricazioni forse vecchie come l’uomo, ma che oggi possono coinvolgere un numero infinito di spettatori. Silenti sì, ma non per questo meno dannosi per la dignità – almeno percepita – della vittima.

Non è un caso che nel 2013, l’anno della formulazione della prima proposta di legge contro il bullismo, l’Ipsos abbia rilevato che due terzi dei minori italiani riconoscono nel bullismo – sia online che offline – la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella cameretta, sui campi di calcio, di giorno come di notte. Per molti di loro, il bullismo «arriva a compromettere il rendimento scolastico, erode la volontà di aggregazione e, nei casi peggiori, può comportare serie conseguenze psicologiche, come la depressione». In altri termini, il bullismo è vissuto dai ragazzi come la peggiore delle minacce, oggi «più pericolosa della droga, del rischio di subire una molestia da un adulto, o di contrarre malattie sessualmente trasmissibili».

Una paura confermata anche dall’Istat che, con una ricerca dedicata nel 2014, rilevava che circa il 50% dei giovani fra gli 11 e i 17 anni è stato vittima nei 12 mesi precedenti di «episodi offensivi, non rispettosi e/o violenti da parte di altri ragazzi o ragazze. Il 19,8% aveva subito azioni di bullismo reiterate mensilmente. Per il 9,1% le prepotenze erano a cadenza settimanale». Un quadro preoccupante, chiuso dalla constatazione che fra i giovani utilizzatori di cellulare e/o internet «il 5,9% denuncia di avere subito ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, email, chat o social network. Le ragazze sono più frequentemente vittima di cyberbullismo (7,1%) rispetto ai ragazzi (4,6%)».

A fronte di questi dati, è opportuno l’approccio di Game@School, visto che ad assegnare il videogioco agli studenti era un’ideale vittima, che si rivolge principalmente a due tipi di destinatario: chi ha comportamenti violenti e chi assiste senza fare nulla, sentendosi non responsabile dell’aggressione o impotente.

Approvata in via definitiva nel maggio 2017, la legge per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo prevede che ogni istituto scolastico promuova un uso consapevole della rete attraverso apposite attività progettuali, in grado di favorire la conoscenza dei diritti e dei doveri connessi all’utilizzo delle tecnologie informatiche. Al netto del fatto che il comportamento online è sempre un prolungamento di quanto messo in atto nella quotidianità, un videogioco può essere lo strumento più opportuno per creare consapevolezza. Quelli progettati durante le Olimpiadi saranno valutati da una giuria di esperti e premiati a maggio, a Bergamo. Nel frattempo rimane la certezza che un videogioco può contrastare il bullismo. Perché parla ai ragazzi di uno dei temi per loro più scottanti e attraverso uno dei linguaggi a loro più consoni.