da ItaliaOggi
Il governo sarebbe pronto a delle aperture soprattutto in materia di reclutamento. Dal prossimo anno e nei prossimi, infatti, l’amministrazione dovrà provvedere a coprire un turnover quantificabile nel doppio dei numeri ordinari: dai 70 mila ai 100 mila posti vacanti. Perché l’effetto combinato tra la cosiddetta quota 100 e il raggiungimento dei requisiti previsti dalla legge Fornero determinerà un numero di pensionamenti molto più alto di quello che l’amministrazione è abituata fronteggiare. Il tutto con l’ulteriore problema dello svuotamento delle graduatorie a esaurimento. Che costituiscono una sorta di camera di compensazione quando le graduatorie dei concorsi non risultano abbastanza capienti.
Il rischio che si corre, dunque, è quello di trovarsi nella impossibilità materiale di coprire il turnover con immissioni in ruolo. E in quel caso l’amministrazione sarebbe costretta a coprire i posti ricorrendo addirittura alle graduatorie di istituto di III fascia, se non addirittura alle messe a disposizione.
La soluzione ipotizzata di accelerare i concorsi, peraltro, risulterebbe scarsamente praticabile. Perché il problema fondamentale è reperire i commissari. I docenti di ruolo, che costituiscono il bacino a cui l’amministrazione attinge principalmente per comporre le commissioni, sono sempre meno disponibili ad assumere questi incarichi, per tre ordini di motivi. Prima di tutto perché non è più previsto l’esonero dall’insegnamento per chi svolge tale ruolo. Poi l’esiguità dei compensi. E, non ultimo, l’alto rischio di rimanere coinvolti in procedimenti penali anche in assenza di comportamenti penalmente rilevanti.
Poi c’è la questione dell’autonomia differenziata: un dossier che è stato rinviato a dopo le Europee, ma che preoccupa molto i sindacati e il personale della scuola, perché prevede il mancato versamento nelle casse dello stato del cosiddetto residuo fiscale da parte delle regioni più ricche. Inoltre, scatterebbe la facoltà, per le regioni a cui sarà attribuita, di modificare anche i programmi scolastici e l’offerta formativa, consentendo una frammentazione culturale tra regione a regione, accusano i sindacati.
Infine c’è la questione del mancato finanziamento del rinnovo del contratto di comparto. A fronte di un aumento netto di circa 500 euro in busta paga in favore dei dirigenti scolastici, già corrisposto, al restante personale è stata versata solo l’indennità di vacanza contrattuale che, nella migliore delle ipotesi, comporterà aumenti a regime di 14 euro netti.
Insomma, le posizioni restano distanti e i sindacati sono compatti nel procedere contro il governo gialloverde con il primo sciopero generale del settore pubblico. Ancora da definire le modalità dello sciopero e le manifestazioni sul territorio. Unità, unità: questo è ad oggi il filo rosso della ritrovata collaborazione della Triplice.