Basta una pagina!

Basta una pagina!

di Maurizio Tiriticco

Mi piace citare l’intera pagina 32 de “la Repubblica” di oggi Primo Maggio 2019! Vi ritrovo tutta l’Italia che abbiamo, ma anche tutta l’Italia che, invece, vorremmo! Lettera di Anna Maria Corposanto a Corrado Augias. Titolo redazionale: “Ma in fondo a che serve la storia?”. Guai ad eliminarla! Espungo dal testo: “E’ attraverso lo studio della storia che ho trovato la mia strada e che ho costruito il mio lavoro, dalle letture affascinanti delle elementari fino alla laurea con una tesi di storia moderna. … Grazie al metodo storiografico e allo studio del nostro passato, ho imparato ad amare il presente e il futuro allo stesso modo, con stupore e meraviglia”.
Copio dalla risposta di Augias, che giorni fa ha anche avuto modo di parlare con gli alunni di una quarta classe di un liceo scientifico. “Ho fatto qualche domanda sul 25 aprile, l’assassinio di Giacomo Matteotti, l’inizio del fascismo. Nebbia. Ho chiesto a che punto fossero con il programma; risposta: alla Rivoluzione Industriale. Alla richiesta di indicare un prima e un dopo di quella rivoluzione, altra nebbia… Mai avevano sentito parlare delle origini del fascismo né del deputato Matteotti né della somma di violenze e di viltà da parte del governo di allora, con le quali Mussolini s’impadronì dell’Italia. La storia si studia a scuola ed è sbagliato ridurne l’apprendimento adducendo che agli esami di maturità pochi scelgono quel tema… Sono persuaso che gli smarriti giovanotti che inneggiano al Duce, richiesti di definire il fascismo, non andrebbero più in là dei treni che arrivavano in orario o della bonifica delle paludi. Ecco perché il Manifesto per la Storia, lanciato da questo giornale, non riguarda solo una materia di insegnamento, ma ha un alto valore civile”.
Nella stessa pagina Lorenzo Mazzucato, in una lettera ad Augias, scrive tra l’altro: “Il Primo Maggio penso a mio padre. Non era comunista come me. Non ricordo di avere mai festeggiato insieme con lui il Primo Maggio. Non ha mai manifestato né protestato con me durante scioperi e rivendicazioni. Ma allora perché ogni Primo Maggio penso a lui? Forse perché mio padre mi insegnò e mi mostrò con l’esempio quotidiano il Valore del Lavoro, la grandezza fisica e morale del Fare. Da mio padre ho ricevuto in dote, mai con discorsi complicati, ma con l’esempio, l’Etica del Lavoro”.
Ed ancora, Mario Colella, napoletano di 74 anni, in una bella lettera inviata a Concita De Gregorio, lamenta che “la polizia ha sequestrato un manifesto con scritto ‘Ama il prossimo tuo’. Ciò in una pubblica riunione dove era presente il ministro della malavita, dell’odio e del razzismo. Quello stesso che in altri comizi imbraccia il rosario forse a mo’ di moschetto. Sì, ministro della malavita… A Napoli altra epoca, altri momenti, nel 1860 Liborio Romano era ministro di polizia e capo camorra”. E poi Colella ci ricorda quella grossa cantonata in cui cadde il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri quando scambiò l’8 settembre 1943 con il 25 aprile 1945! Ciò avvenne quando in un discorso ufficiale dello scorso anno dal microfono della Fiera del Levante a Bari ebbe a dire testualmente: “Oggi è l’8 settembre. Una data particolarmente simbolica della nostra storia patria, perché in quell’estate di 75 anni fa si pose fine ad un periodo buio della nostra storia, culminato con la partecipazione dell’Italia a una terribile guerra. Con l’8 settembre, inizia un periodo di ricostruzione prima morale e poi materiale del nostro paese. Un periodo che è stato chiamato, con la giusta enfasi, miracolo economico…”. Orrore! Un Presidente del Consiglio dei Ministri della nostra Repubblica nata dalla Resistenza, che non conosce le origini del Paese che è tenuto a governare!
Ed ora torniamo a bomba! Come si suol dire! Cioè, alla necessità assoluta dello studio della storia! Un monito ci viene da lontano, e da uno dei nostri Grandi: “O Italiani, io vi esorto alle storie…”. Era il 22 gennaio del 1809. UgoFoscolo prese la parola in un’aula dell’Università di Pavia. Si trattava della orazione inaugurale della cattedra di eloquenza, intitolata “Dell’origine e dell’ufficio della letteratura”. “O Italiani – ci ammoniva il poeta – io vi esorto alle storie, perché niun popolo più di voi può mostrare né più calamità da compiangere, né più errori da evitare, né più virtù che vi facciano rispettare, né più grandi anime degne di essere liberate dalla obblivione da chiunque di noi sa che si deve amare e difendere ed onorare la terra che fu nutrice ai nostri padri ed a noi, e che darà pace e memoria alle nostre ceneri. Io vi esorto alle storie, perché angusta è l’arena degli oratori; e chi omai può contendervi la poetica palma? Ma nelle storie, tutta si spiega la nobiltà dello stile, tutti gli affetti delle virtù, tutto l’incanto della poesia, tutti i precetti della sapienza, tutti i progressi e i benemeriti dell’ italiano sapere”…
Sono passati più di due secoli, e questo richiamo alla storia, o meglio alle istorie, è più attuale che mai! Ne va della cultura del nostro Popolo, che ancora voglio scrivere con la P maiuscola! E della nostra stessa libertà! Perché, com’è noto, “El sueño de la razón produce monstruos”, per dirla con Francisco Goya.
E infine, per concludere! Leggo da qualche parte che sarebbe opportuno ricorrere alla castrazione chimica dei tanti deficienti giovani delinquentelli che oggi, privi di ogni conoscenza e coscienza civiche, amano avventarsi in gruppo – l’unione fa la forza! – contro i più deboli! Proporrei una pena senz’altro maggiore, per i loro cervelli immaturi: lo studio obbligato di tutta la nostra storia patria! E, se delinquono ancora, di tutta la storia europea!