L’eterno ritorno del grembiule ma ora i presidi dicono no

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Uno scatolone colorato e le schede col quesito: « Partecipa con il tuo voto per una scelta di tutti: vuoi continuare a indossare il grembiule? ». Ha vinto il no in questo curioso referendum alla primaria De Amicis di Gallarate: sette alunni su dieci quel camice lungo e nero, come impone il regolamento di istituto, preferirebbero lasciarlo a casa. Ora chi glielo dice che il vice premier Matteo Salvini lo vuole rendere obbligatorio per tutti. Se gli studenti si ribellano e i presidi si spazientiscono ( « abbiamo i solai e i controsoffitti che crollano, altro che grembiule»), il ministro dell’ Interno insiste su un suo cavallo di battaglia scatenato quando i Vigili del Fuoco gli contestarono le divise che indossava e lui si era augurato che almeno alle elementari tornassero. Tre mesi e mezzo dopo e una campagna elettorale in corso, lo ha ribadito aggiungendo il carico del richiamo al Ventennio: « Abbiamo appena reintrodotto l’educazione civica a scuola e vorrei che tornasse anche il grembiule per evitare che vi sia il bambino con la felpa da 700 euro e quello che ce l’ha di terza mano perché non può permettersela — ha detto ieri nel comizio della Lega a San Giuliano Terme — Ma sento già chi griderà allo scandalo ed evocherà il duce, ma un paese migliore si costruisce anche con ordine e disciplina».

In realtà il grembiule, pure col fiocco, alla materna e alla primaria c’è già, solo che non è obbligatorio ed è diffuso in modo disomogeneo nelle scuole. Rosa e bianco per le bambine, nero e azzurro per i maschi, tinta unica, il blu generalmente, per chi ne fa una questione anche di educazione di genere. Ci aveva già provato Mariastella Gelmini da ministra all’Istruzione nel 2008 a renderlo obbligatorio, ma rimase a discrezione dei presidi. Che ora si arrabbiano: « Non è una priorità per la scuola italiana. Ci sono tante cose che andrebbero fatte con urgenza. Al primo posto il controllo dei solai e dei controsoffitti di tutti gli istituti, ogni settimana c’è un crollo. Finora su questo fronte non è stato fatto nulla » , ribatte Antonello Giannelli dell’Associazione nazionale presidi. E poi, osserva Roberta Fanfarillo, voce dei dirigenti scolastici Flc- Cgil « se le scuole lo usano è per praticità, l’accostamento al regime, alla disciplina, è fuori luogo » . Ma tanto basta per sollevare un polverone politico. Il Pd richiama il ministro ad occuparsi dei problemi veri del Paese. E si consuma l’ennesimo screzio col collega di governo Luigi Di Maio che non tarda a punzecchiare: « Il dibattito sul grembiulino può scatenare una discussione nel Paese, ma facciamo in modo che le famiglie possano comprare pastelli e quaderni: prima il welfare familiare ».

Nelle scuole dove si usa le motivazioni sono altre da quelle evocate da Salvini. «Le famiglie ci avevano chiesto di non farlo usare da maggio in avanti per il caldo, invece lo abbiamo appena riconfermato altrimenti arrivano vestiti da mare e non è rispettoso. Ma la destra, il fascismo non c’entrano niente, così come l’inclusione, che non si fa con una divisa. Salvini usa il grembiule per distrarre dai veri problemi della scuola » è netta Rosamaria Lauricella, preside dell’istituto Valente di Roma. Mauro Presini, maestro e blogger che insegna nel Ferrarese, scuote la testa: « I bambini non sono uguali, devi partire dalle loro differenze per educarli al rispetto degli altri. Non renderli uguali col grembiule » . Racconta Antonella Meiani, maestra alla primaria Parco Trotter di Milano: « Avevo una bimba che veniva a scuola vestita in modo troppo ricercato: meglio una tuta, ho suggerito ai genitori. È nella relazione che si risolve la disparità » . Lo sa bene il maestro di strada Cesare Moreno, che pure quando insegnava nelle periferie di Napoli faceva indossare il grembiule perché era un rituale, il passaggio dalla casa alla scuola: il problema, dice, « non è nascondere la felpa di terza mano, ma combattere la povertà dei bambini».