Piccole prove di carcere

Piccole prove di carcere:
le impronte digitali che vorrebbero imporre ai dirigenti

di Gabriele Boselli

Per reggere alla prossima espulsione dal contesto europeo e l’edificazione della nazional-post-democrazia occorre una dirigenza intermedia ben controllata e allineata che dimentichi anche nella scuola i doveri che la tradizione, da Capitini a Codignola (1), assegna loro.

Nella prospettiva della cacciata dall’Europa, pare che si voglia imporre ai dirigenti –in quanto quadri intermedi dello Stato nazionalpostdemocratico- le impronte digitali all’entrata e all’uscita dal loro ufficio. Usciti dal quale, immagino, verranno controllati con un braccialetto elettronico per vedere se veramente si recano a visitare le scuole, gli uffici dell’amministrazione o altri luoghi consentiti. Proposta inoltre per loro al ministro Bongiorno la divisa e il berretto, nonchè il frustino d’ordinanza per ammaestrare i docenti meno docili al volere di chi occupa attualmente lo Stato.

         Doveroso invece trascurare quelli che un tempo erano considerati i doveri di un dirigente e che di seguito riassumo a futura memoria.

Per  orientare l’istruire e l’educare occorre principalmente  studiare

Essere dirigenti -e ancor più restarlo davvero nonostante i tempi- richiede il non farsi soffocare dalla routine burocratica, lo stare poco alla scrivania per frequentare le biblioteche, il partecipare alla conoscenza e alla pratica della ricerca pedagogica, il coltivare seriamente lo studio scientifico delle varie scienze interessanti l’educazione. Centrali nella scuola dei docenti e degli alunni, per chi deve orientarli, sono comunque il discorso culturale generale e quello pedagogico.

Mutazioni culturali e antropologiche. Intenderle e confrontarvisi

Viviamo in un tempo che presenta tratti mai incontrati prima: calo della qualità della politica, globalizzazione culturale e antropologica, prove di un’intelligenza artificiale che può aiutare come inibire lo sviluppo del pensiero.

Nel tempo del post-umano e del trans-umano per non essere avviliti occorrerà saper fare esercizio delle antiche come delle nuove categorie di pensiero.

Solidità nell’innovare

Avendo ben presente l’intero del campo culturale (il vero è l’intero, insegnano Hegel e Gentile), la scuola può configurarsi come il luogo dell’avvenire. Essere agente di autentica innovazione è per un dirigente possedere e trasmettere un modo proprio di rispondere alla missione di ponte verso gli eventi futuri. Dominando epistemologicamente una pluralità di discipline e di  indirizzi  culturali, il dirigente scolastico può apportare fermenti di un futuro non riducibile alla semplice replica del  presente.

Non scrivania ma cattedra

Chi dirige autenticamente una scuola non tanto siede a una scrivania quanto  detiene una cattedra: abbia senso dello Stato, intraprenda iniziative, costituisca punto di riferimento, si ponga vicino a tutte le persone, le accompagni, le motivi.  Sia uomo (o donna) che abbia qualcosa da dare sul piano umano e da dire su quello culturale. Attento ma non prono alla mutevole progettualità ufficiale e fondatamente critico, s’interroghi su ciò che deve conservare e su quel che di nuovo la sua scuola può portare nel mondo.

L’insegnamento  dei predecessori

La scuola vera rinasce ogni giorno; ma è consapevole della propria storia.

I grandi presidi e direttori didattici che abbiamo conosciuto sapevano instaurare all’interno e con l’altro una relazione costitutiva dell’esistenza e della conoscenza, articolata in un tessuto intellettualmente complesso e pedagogicamente orientato. Non ostentavano certezze né impartivano ordini, ma offrivano alte indicazioni di senso.

Non timbravano il cartellino e certo si sarebbero rifiutati di farsi prendere le impronte digitali all’uscita del loro (non ufficio ma) studio.

(1) allievi entrambi, sig. Ministro, di Giovanni Gentile