“Fermate le impronte digitali a scuola”. I dirigenti scolastici tornano in piazza

da la Repubblica

Giovedì 16 maggio sit-in davanti al Senato. “Bisogna togliere ai presidi le troppe pratiche amministrative e di controllo”.

di ANNA MARIA DE LUCA*

Giovedì 16 maggio ci sarà un sit-in davanti al Senato. I dirigenti scolastici scendono in piazza, sostenuti dai sindacati. La questura ha già autorizzato la data. I presidi si stanno organizzando da tutte le regioni d’Italia per  protestare davanti al Senato contro le misure del Governo, “vessatorie e immotivate”. I controlli biometrici (impronte digitali o scansione dell’iride) inseriti nel cosiddetto Ddl concretezza sono assolutamente inadatti alla scuola e lesivi del loro ruolo, sia dal punto di vista della legge che dal punto di vista del Contratto nazionale del lavoro.

Cosa chiedono. Scendere in piazza è l’ultimo di una serie di tentativi messi in campo dai dirigenti scolastici per farsi ascoltare dal Governo. Stanchi di essere diventati uno dei bersagli degli ultimi mesi, i presidi chiedono di essere rispettati in quanto rappresentano, anche legalmente, la prima istituzione con cui viene a contatto ogni cittadino italiano: la scuola. “Riteniamo che la qualità del servizio di istruzione non si migliori trattando i dirigenti degli istituti e il personale Ata da assenteisti seriali, ma investendo in ammodernamento e sicurezza degli edifici, in organici adeguati, dando risorse per l’attuazione dell’offerta formativa e la formazione del personale, liberando le scuole da oneri impropri che devono essere a carico di altri soggetti”, dice Roberta Fanfarillo, responsabile nazionale dirigenti scolastici della Federazione lavoratori della conoscenza (Cgil). Per “oneri impropri” la Fanfarillo si riferisce alla manutenzione degli edifici, alle pratiche amministrative per i pensionamenti, alle ricostruzioni di carriera, alla concessione di prestiti ai dipendenti, ai controlli sanitari sulla vaccinazione obbligatoria.

I controlli biometrici stanno per andare al voto. Da anni i dirigenti scolastici denunciano le difficili condizioni di lavoro a cui sono sottoposti e l’impossibilità di far fronte alle pressioni, insopportabili, delle responsabilità che l’amministrazione centrale e le altre amministrazioni pubbliche scaricano continuamente sulle scuole. Di fatto, la risposta del Governo si limita a proporre macchinette per i controlli biometrici, operazione che, secondo l’Associazione nazionale presidi, costerebbe all’erario 100 milioni di euro (cifra che, molto probabilmente, potrebbe essere prelevata dai già deboli bilanci delle scuole).

L’urgenza di scendere in piazza. E’ un periodo di lavoro intenso questo, per i dirigenti scolastici, e alle difficoltà quotidiane ora si è aggiunta la necessità di organizzarsi per lasciare la propria scuola almeno per un giorno, il 16 maggio appunto, per arrivare a Roma e mandare ai parlamentari un chiaro segnale di dissenso. L’iter del Ddl concretezza è stato inaspettatamente accelerato e gli emendamenti sostenuti dai dirigenti scolastici sono stati respinti. La commissione Lavoro ha infatti approvato il testo l’8 maggio inviandolo in plenaria senza tenere in alcun conto la posizione dei presidi. Cosi come la lettera indirizzata il 12 aprile scorso a tutti i senatori della Repubblica, al presidente del Consiglio e ai vicepresidenti Di Maio e Salvini, alla quale la Bongiorno aveva risposto proprio su Repubblica. Nel testo che andrà in votazione in Aula resta dunque confermata la previsione di controlli biometrici, per il personale amministrativo Ata e per i ds (non per i docenti). L’eventuale approvazione potrebbe avvenire nel corso della prossima settimana.

*dirigente scolastico