Ford e la scuola italiana

Ford e la scuola italiana

di Maurizio Tiriticco

Negli Stati Uniti, nel lontano 1899 l’ingegnere Henry Ford entrò come ingegnare capo nella Detroit Automobile Company. Tre anni dopo, in seguito all’esperienza fatta in materia di organizzazione del lavoro, fondò la Ford, in cui introdusse un nuovo e rivoluzionario sistema di lavoro: la catena di montaggio. L’esperienza fu molto efficace, ma ovviamente più per il datore di lavoro che per gli operai. E in questa scelta ebbe il sostegno di un valido ingegnere, Frederick Winslow Taylor, proprio l’ideatore e l’organizzatore della catena di montaggio! Una fortuna per l’imprenditore: ma un disastro per gli operai. Contro questa meccanizzazione del lavoro umano si oppose uno psicologo di Harvard, Elton Mayo. Aveva compreso che il “fattore umano” è altrettanto importante nei processi produttivi, e che non può e non deve essere considerato alla stregua di una macchina. Nacque così il movimento delle “Human relations”. In altri termini, l’attenzione alle concrete condizioni con cui si effettuano le lavorazioni di ciascun operaio fa sì che questi lavorino meglio e che la stessa produttività si innalzi.
Ma questa “scoperta” – se vogliamo chiamarla così – che ha rivoluzionato quasi ovunque il mondo della produzione industriale, sembra che non abbia minimamente toccato l’organizzazione del nostro sistema scolastico. E non è un caso che un recente documento dei presidi esordisca proprio riferendosi ah Henry Ford. Eccolo testualmente.
“Il fordismo non si addice ai presidi”.I dirigenti scolastici dell’ANDiS (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici), Sezione Provinciale di Avellino, riunitisi il 17 maggio 2019 per un’ulteriore e approfondita analisi del DDL S.920-B, che prevede la rilevazione della presenza dei Dirigenti Scolastici e del personale ATA (amministrativi, tecnici, collaboratori scolastici) con sistemi di verifica biometrica e di videosorveglianza, Ribadiscono che le misure non siano assolutamente necessarie: i Dirigenti Scolastici sono già sottoposti ad un controllo esterno sia da parte dei NEV, Nuclei di Valutazione Esterna, sia da parte del Direttore Generale Regionale, sia da parte dell’INVALSI, attraverso le rilevazioni nazionali, controlli peraltro funzionali al miglioramento dell’azione dirigenziale e quindi di tutto il servizio istruzione; Che le misure previste sono eccessivamente e inutilmente dispendiose per i cittadini, considerato il numero dei punti di erogazione del servizio. La prospettiva dicotomica che si sta disegnando: i dirigenti rispondono dei risultati e degli obiettivi raggiunti fissati a livello nazionale dal MIUR, a livello regionale dal Direttore Generale e a livello di singola scuola sulla base del Rapporto di Auto Valutazione, organizzando la loro azione autonomamente, o rispondono del rispetto dell’antiquato, burocratico orario d’ufficio. I Dirigenti Scolastici di Avellino si appellano al buon senso dei senatori perché respingano questo disegno di legge e non escludono di farsi promotori di una sottoscrizione di firme per chiedere le dimissioni del Ministro Bussetti, che durante l’iter legislativo non ha efficacemente rappresentato le ragioni dei dirigenti scolastici e della scuola italiana”.
In effetti, le misure proposte dal Miur, in ordine a verifica biometriche e accessori vari, sono in realtà del tutto arretrate in ordine alle finalità e agli obiettivi che oggi un sistema di istruzione – e non solo, ma anche di formazione e di educazione – di un Paese avanzato, come l‘Italia è – o dovrebbe essere – si deve proporre. Non si può ridurre una scuola ad un insieme di regole avanzate sotto il profilo tecnologico, ma estremamente arretrate rispetto alle finalità proposte. Proprio perché, invece, la scuola oggi esige spazi di attività creativi e motivanti, e non solo per gli studenti. Sono anni che dico e scrivo che una scuola le cui funzioni e tempi sono scandite dalle tre C di sempre, la Campanella, la Cattedra e la Classe d’età, non riuscirà mai a coinvolgere gli studenti, e neppure gli insegnanti. E non riuscirà mai a far conseguire ai suoi fruitori quelle competenze di cittadinanza attiva di cui all’ultima “Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea”: quella del 22 maggio 2018, relativa, appunto, alle competenze chiave per l’apprendimento permanente. Che oggi costituisce la finalità prima di un sistema di istruzione: insegnare ad imparare! E che riguarda tutti gli studenti dell’Unione Europea!
Tempi eguali per tutti, studenti ed alunni, livellano attività di ricerca e avviliscono ogni iniziativa creativa. Gruppi di alunni organizzati solo in ordine alla classe d’età penalizza i cosiddetti migliori ed umilia i cosiddetti peggiori. La cattedra sottolinea ed esalta un sapere che deve essere erogato. E finisce sempre – tranne rare eccezioni – con il favorire proprio la lezione cattedratica. Insomma, il nostro è un modello scolastico che il Regno d’Italia, dopo l’Unità ha ereditato dalle scuole gesuitiche! Un modello forse necessario quando occorreva “fare gi Italiani”, ma inadeguato alle esigenze molteplici, ricche, vivaci dei giovani d’oggi.
Quindi nelle nostre scuole meno taylorismo e fordismo e più relazioni umane! Per di più in un Italia in cui oggi è necessario misurarsi con pericolose suggestioni sovraniste, che vanno aggredite e sconfitte solo con la promozione di saperi sempre più avanzati e condivisi.