Prove in entrata o in uscita? Il nodo della sanatoria precari

da Italiaoggi

Carlo Forte

Un concorso riservato agli aspiranti docenti con almeno 36 mesi di servizio. È l’ipotesi su cui è stata raggiunta un’intesa di massima tra il ministero dell’istruzione e i rappresentanti dei sindacati firmatari del contratto di lavoro, Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda-Unams il 3 giugno scorso. Secondo quanto è emerso nell’incontro, i 36 mesi di servizio non andrebbero intesi in senso stretto, ma come annualità di servizio. Così come previsto dall’art.11, comma 14, della legge 124/99: almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. Quanto ai dettagli, la questione è ancora aperta.

È certo, però, che le assunzioni che faranno seguito all’indizione del concorso riservato avverranno dopo le assunzioni relative allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già effettuati nel 2016 e nel 2018 e delle graduatorie a esaurimento. Quanto alle procedure da adottare, non è ancora stato deciso quale sarà il grado di selettività delle prove.

In pratica, non è ancora chiaro se le prove da effettuare saranno più facili, rispetto a quelle previste dal concorso ordinario oppure no. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, sarebbe stato superato lo scoglio della preselezione. Alla sessione riservata, infatti, si accederà senza alcun filtro, salvo il possesso del requisito di servizio. Ma non è ancora chiaro se le successive prove saranno in tutto analoghe a quelle del concorso ordinario oppure si opterà per una prova teorico-pratica basata sulla simulazione di una lezione, come avvenuto nelle selezioni riservate precedenti. Va detto subito, peraltro, che sebbene il governo abbia aperto un tavolo di concertazione con i sindacati per discutere la questione, la materia è riserva di legge. Non si tratta, dunque, di una trattativa per negoziare un contratto, ma di un tavolo di consultazione per giungere a decisioni condivise e per prevenire il contenzioso. La decisione finale spetta, infatti, in via esclusiva al legislatore. Ciò vuole dire che, per dare seguito agli accordi che il governo sta per prendere al tavolo tecnico con i sindacati, sarà necessario dare forma alle decisioni tramite un provvedimento legislativo.

In ogni caso, qualora il governo dovesse escludere la possibilità di un percorso selettivo facilitato, verrebbe meno anche la necessità di adottare una procedura concorsuale riservata. Basterebbe, infatti, ampliare la quota di riserva del concorso ordinario al 50%, prevedendo l’accesso senza preselezione in favore dei precari triennalisti. Dunque, la questione resta aperta. Così come pure tutta una serie di questioni accessorie.

Prima fra tutte la compatibilità delle nuove disposizioni con il dettato costituzionale. La Consulta, infatti, di recente ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma che precludeva l’accesso ai concorsi per i docenti già in ruolo (251/17). Sebbene si trattasse di una questione non sovrapponibile. Perché, in quel caso, la norma precludeva l’accesso tout-court (articolo 1, comma 110, ultimo periodo, della legge 13 luglio 2015, n. 107). Finora, peraltro, il giudice delle leggi non ha mai dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme riguardanti concorsi riservati. Sempre che, contestualmente alla selezione riservata, si tenga anche il concorso ordinario e che i posti messi a concorso vengano distribuiti equamente tra le due selezioni.

Resta il fatto, però, che qualora il governo dovesse decidere di istituire la procedura riservata senza prove semplificate, potrebbe essere meno rischioso optare per un ampliamento fino al 50% della quota di riserva del concorso ordinario. L’ordinamento, peraltro, già prevede la possibilità di istituire concorsi con una quota di riserva non superiore al 50% (si veda il comma 1-bis dell’art. 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001). E la Corte costituzionale è costante nel ritenere che questa previsione legislativa sia legittima. In ogni caso, la diatriba potrebbe essere agevolmente risolta aprendo la selezione riservata anche al personale di ruolo, se in possesso del prescritto requisito di servizio. Fermo restando che i docenti di ruolo hanno comunque diritto a partecipare ai concorsi ordinari. Allo stato attuale, peraltro, il superamento di un concorso a cattedra ha valore abilitante. E dunque, i docenti di ruolo che dovessero superare la selezione, conseguirebbero anche un titolo valido ai fini della mobilità professionale (passaggi di cattedra e di ruolo).

Si tratta, comunque, di complicazioni accessorie che deviano l’attenzione dalla questione principale. Ossia la necessità di stabilizzare i precari triennalisti archiviando il contenzioso seriale che, negli ultimi anni ha ingolfato i tribunali e, molto spesso, ha visto l’amministrazione soccombente. Tant’è che la legge 107/2015, ha dovuto prevedere un piano straordinario di immissioni in ruolo e al tempo stesso uno stanziamento di risorse per fare fronte ai costi delle soccombenze in giudizio.