Istruzione e formazione professionale: due percorsi che rischiano di contrapporsi

print

da Tuttoscuola

Istruzione e formazione professionale (IFP), una nuova formulazione comparsa nel titolo quinto della Costituzione approvato nel 2001, che non voleva solo aggiornare l’istruzione artigiana e professionale comparsa nella prima edizione del dettato costituzionale, ma che cerca di riassumere in quella congiunzione due aspetti istituzionali, uno statale e l’altro regionale. Il dibattito di quegli anni si era orientato alla loro unificazione pensando ad un sistema molto spostato sul mondo del lavoro con le caratteristiche dei territori e quindi di competenza regionale, lasciando a livello nazionale i licei e gli istituti tecnici come riferimento della grande impresa.

Con l’elevazione dell’obbligo scolastico a sedici anni fu introdotto anche quello formativo per la formazione professionale (FP), con una qualifica triennale ed un diploma al quarto anno, mentre gli istituti statali, portati a cinque anni, rimasero legati al sistema scolastico nazionale lasciando che la suddetta formula costituzionale fosse attribuita soltanto ai percorsi  regionali.

Ciascuno di questi canali ebbe una propria regolamentazione in termini di profili professionali ed una storia diversa. In alcune regioni si tentò l’esperienza di integrazione fra le scuole ed i centri  di formazione, ma i due sistemi non hanno retto all’intreccio dei rispettivi ordinamenti, il che ha sottoposto alunni e personale ad un inutile stress burocratico, e quindi si preferì operare sui raccordi, sia per quanto riguardava i passaggi degli studenti, sia per la presenza di corsi regionali negli istituti statali a loro volta accreditati dalle stesse regioni.

Dovevano essere stipulati accordi con gli USR per attivare percorsi così detti sussidiari in modo da portare ad una qualifica triennale in istituti quinquennali, che prevedevano durata, articolazione, obiettivi degli stessi, nonché le modalità per l’effettuazione delle prove finali in merito alle competenze acquisite in contesti anche non formali ed informali ed il riconoscimento dei crediti spendibili nei suddetti sistemi, ma anche nel mondo del lavoro, per il quale si definivano le modalità di alternanza e della formazione in apprendistato. Dopo il primo ciclo di istruzione si poteva accedere direttamente all’IFP ed al predetto apprendistato e questi valgono anche come assolvimento dell’obbligo di istruzione.

Il canale regionale quadriennale (qualifica + diploma professionale) iniziò a sperimentare per iniziativa del ministero del lavoro il “sistema duale”, affidando l’intera gestione dei percorsi a centri regionali selezionati, al fine di consolidare detti centri che nel Paese hanno una presenza molto frammentata. Una tale sperimentazione ancora in atto voleva promuovere il nuovo apprendistato, realizzare percorsi di alternanza scuola–lavoro di 400 ore al posto delle 210 previste per gli istituti professionali (IP), far maturare crediti per l’ingresso negli istituti di formazione tecnica superiore (IFTS) di uno o due anni, attivare percorsi per i disabili e laboratori di recupero per i disoccupati.