Per una didattica laboratoriale

Per una didattica laboratoriale

di Maurizio Tiriticco

E’ indubbiamente interessante l’articolo di Massimo Recalcati sul “nuovo analfabetismo (“la Repubblica” di oggi, 24 luglio, pag. 29), ma vorrei avanzare alcune considerazioni. Cito un passo della parte finale dell’articolo: “Io sono – anacronisticamente o, se si preferisce, novecentescamente – tra quelli che credono ancora nel modello tradizionale della lectio ex cathedra. E’ solo la testimonianza dell’insegnante e della sua parola che può accendere o spegnere il desiderio di sapere negli allievi. Non c’è educazione alla lettura, non c’è, dunque, educazione in senso ampio, se non c’è la parola di un maestro. Ecco un’altra semplice verità che l’iper-cognitivizzazione attuale del sapere rimuove. Bisognerebbe invece non dimenticarlo mai: Un maestro, un maestro, il mio regno per un maestro!”.
Che dire? Comunque, Recalcati conosce il rischio che ha corso concludendo il suo articolo con le considerazioni pessimistiche di cui sopra. In realtà nella prima parte del suo pezzo Recalcati osserva: “Lo statuto dell’allievo implica lo sforzo di apprendere quello che si ignora. Questo sforzo viene rigettato oggi in nome di un accesso spensierato al mondo. Tuttavia, mentre scrivo, avverto che il rischio di una morale paternalista è qui in agguato”. Ma la morale non è solo in agguato! Va espressa! In primo luogo va detto che la lezione cattedratica non è stata assolutamente cancellata. La questione è un’altra: il fatto che oggi – sottolineo oggi – considerare lo spazio/tempo scuola riempito soltanto con la lezione/ascolto di un tempo, compito per casa, successiva interrogazione e voto, ovviamente segreto, sarebbe assolutamente fuori luogo e fuori tempo. I modi con cui “stare in aula” sono oggi molteplici! E fortunatamente!
E non lo dico io! Lo dice anche la nostra amministrazione. Si vedano – anzi, si leggano con attenzione – le Indicazioni Nazionali (relative all’istruzione obbligatoria e ai licei) e le Linee guida (relative agli istituti tecnici e a quelli professionali). Emergono copiose indicazioni e suggerimenti didattici che non negano la lezione di sempre, ma che implementano la gestione del tempo/spazio dell’aula anche con altre modalità. In realtà, il fatto è che la lezione cattedratica, di cui apprezzo pur sempre la validità, non può più essere l’unico modo con cui l’insegnante costruisce il suo rapporto con gli alunni. In effetti la lezione cattedratica obbliga gli alunni ad un’attenzione mirata alla parola detta, attenzione che esige anche comprensione. Quindi non ho nulla contro tale tipologia di insegnamento, ma penso che occorre essere consapevoli che possono esservi altri modi con cui gli alunni possono accedere a conoscenze, concetti, saperi. E non tiro in ballo le competenze, altrimenti il discorso si allarga… in zone forse pericolose per chi pensa che la lezione di sempre sia il toccasana della complicatissima scuola dei nostri giorni, e non solo del nostro Paese!
Di qui la cosiddetta didattica laboratoriale! Ma di che cosa si tratta? Copio dal web la definizione che ne dà Giovanni Marconato. Si tratta di “una strategia di insegnamento e di apprendimento nella quale e in forza della quale lo studente si appropria della conoscenza nel contesto del suo utilizzo. Questo in contrasto con la didattica convenzionale in cui la conoscenza viene proposta agli studenti in isolamento da ogni suo utilizzo e per le sue caratteristiche generali. Essa tende a superare due tra le cause principali di un apprendimento superficiale, riproduttivo e che genera un transfer limitato delle conoscenze all’interno e all’esterno della scuola: la separazione dei momenti di costruzione e di utilizzo della conoscenza e la natura decontestualizzata del sapere. L’organizzazione della didattica convenzionale si fonda sul presupposto che l’acquisizione e l’utilizzo della conoscenza siano due processi che appartengono a due universi differenti: a scuola si impara la conoscenza, mentre il suo utilizzo avviene una volta terminata la scuola. In questa prospettiva, lo scopo della scuola è di fornire conoscenza corretta, bene organizzata secondo l’epistemologia della disciplina e, cosa importante, presentata in modo neutro rispetto ai possibili utilizzi, perché solo la genericità facilita il suo utilizzo in molti contesti differenti”.
Concludo invitando il lettore ad accedere al sito di Tuttoscuola, in cui troverà una serie di interessanti interventi sulla didattica laboratoriale condotti da una specialista in materia, la Prof.ssa Patricia Tozzi. Insomma, l’insegnante deve gestire la sua classe di discenti oggi, anche e soprattutto scendendo dalla cattedra, motivando e stimolando i suoi alunni, ma non solo collettivamente – come avviene dalla cattedra – ma singolarmente, perché ciascuno di loro è un mondo, da esplorare, da comprendere, da interessare, da motivare. Tutte operazioni che, se il docente occupa perennemente una cattedra come fosse una trincea da cui sferrare l’attacco fatto di nozioni nozioni nozioni, diventano oggi assolutamente impossibili!
La scuola non si rinnova pensando ad un passato non più proponibile, ma guardando all’avvenire! Gli studenti di ieri non sono quelli di oggi! E quelli di domani non saranno quelli di oggi!