Una proposta strana

Una proposta strana

di Maurizio Tiriticco

L’associazione “TreeLLLe, per una società dell’apprendimento permanente (Life Long Learning)”, ha formulato una proposta che definisce forte. Si veda nel sito “www.treellle.orgvedi” la pubblicazione «Il coraggio di ripensare la scuola». Si tratta di una scuola con un ingresso precoce, cioè una scuola obbligatoria dai 3 ai 14 anni a curricolo unico, con un «tempo lungo» per tutti (5 + mensa +3 ore). Per la scuola secondaria superiore (dai 14 ai 19 anni) TreeLLLe propone che le scuole offrano un tempo lungo «opzionale», ma attrattivo grazie all’offerta di un palinsesto di «attività» a largo spettro tra cui i giovani possano scegliere sulla base dei loro bisogni e interessi (arti, musica, sport, alternanza scuola-lavoro, volontariato sociale e ovviamente, dove necessarie, attività di sostegno allo studio).
Mi chiedo: una scuola obbligatoria dai 3 ai 14 anni? Perché? Non capisco! L’obbligo di istruzione oggi in Italia è decennale! Va dai 6 ai 16 anni, ben due anni oltre i 14 proposti da Treelle! Si intende tornare indietro? E poi non mi sembra opportuno “obbligare” i genitori a far frequentare ai figli la scuola dell’infanzia (oggi triennale, 3/6 anni di età). Il che suonerebbe come una sorta d’attacco a quell’istruzione parentale, pur sempre vigente nella nostra legislazione. Il problema, semmai, è un altro: generalizzare il più possibile nel Paese l’offerta di una scuola per l’infanzia.
Un’altra questione riguarda l’uscita degli studenti dal sistema scolastico. Ho sempre detto e scritto che costringere cittadini maggiorenni (18/19 anni di età) su banchi scolastici è assolutamente inopportuno. Per cui l’offerta erogata dal nostro sistema scolastico dovrebbe concludersi con il compimento del 18° anno d’età. Il problema, in effetti, è un altro, rispetto alla proposta avanzata da TreeLLLe! Il fatto, cioè, che la nostra istruzione secondaria è ancora strutturata nei tre percorsi di sempre, licei, istituti tecnici e istituti professionali, “attivati” nel corso della nostra storia patria per rispondere a diverse esigenze, che una volta potevamo considerare rispondenti sia alla “classe sociale” di appartenenza dell’alunno che alle diverse offerte del mondo del lavoro. I licei erano funzionali alle famiglie di un certo livello socioculturale e finalizzati a lavori che potremmo definire intellettuali. Gli istituti tecnici erano funzionali a lavori concettuali “non elevati”, potremmo dire: in effetti, la classica distinzione in “ragionieri” e “geometri”. Gli istituti professionali erano aperti a chi – come si suol dire – “non ha voglia di studiare” e/o “non ce la fa”! Per non dire poi dei “giudizi di orientamento” formulati dagli insegnanti della scuola media! Quante volte ho letto giudizi di questo tenore: “Non si consiglia il proseguimento degli studi, ma l’accesso al mondo del lavoro”. Si aprirebbe un terreno di indagine di estremo interesse, per tutte le implicazioni che ne derivano!
Ma OGGI, alla luce di quanto accade nel mondo del lavoro e della ricerca, ha ancora senso questa rigida tripartizione della nostra istruzione secondaria? A mio avviso, si dovrebbero attivare percorsi largamente unitari – che superino la tradizionale tripartizione culturale, di fatto, classista – in cui siano possibili offerte (da parte dell’istituzione) e opzioni (da parte degli studenti) pluri- ed interdisciplinari non rigide, ma opportunamente articolate. Che peraltro, anno dopo anno potrebbero anche essere modificate senza attendere che l’amministrazione centrale debba procedere con riforme “calate dall’alto”, come si suol dire.
Sembra quindi assolutamente opportuno OGGI attivare percorsi quadriennali (fascia d’età 14/18 anni) non rigidamente tripartiti – ed oggi ancora allocati in edifici scolastici con tanto di insegna… “Liceo classico Giulio Cesare”, “Istituto Tecnico Leonardo da Vinci”, “Istituto Professionale Alberghiero Amerigo Vespucci” – ma progettati, programmati e realizzati in ordine alle richieste sempre nuove del mondo del lavoro ed alle esigenze ed alle opzioni degli studenti. Si tratta di richieste ed esigenze a cui un sistema nazionale di istruzione (e non dimentichiamo, di educazione e formazione anche, come recita la norma, di cui al dpr 275/99) non può assolutamente sottrarsi.
Oggi non esiste più – o non dovrebbe esistere più – un’istruzione secondaria tripartita. Ciascun istituto dovrebbe essere sempre finalizzato ad erogare un servizio di istruzione, formazione ed educazione di alto livello, qualunque sia la sua “ragione sociale”. Un solo esempio. L’Istituto Professionale di Venegono Superiore (Varese) ha adottato questa – potremmo dire – “ragione educativa”: “Ogni essere umano ha il diritto di sbocciare, di rivelare il suo pieno potenziale e di realizzare il suo scopo in questo mondo. Questo è il significato dei Diritti Umani”. La firma è quella di Daisaku Ikeda, uno studioso giapponese, filosofo, educatore, maestro buddhista e molto attivo nel sociale.
Quindi, occorrerebbe muoversi verso un’istruzione secondaria superiore unitaria nelle finalità educative, ma articolata e differenziata negli obiettivi formativi. La questione non è di poco conto! E – come si suol dire – il dibattito è aperto.