“Specialisti al lavoro”

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Redattore Sociale del 02.08.2019

“Specialisti al lavoro”: giovani autistici consulenti per le aziende

Da quando è sbarcata a Milano, lo scorso anno, Specialisterne ha assunto 25 giovani. Ma nel mondo l’omonima fondazione, nata in Danimarca 15 anni fa, ha trovato un impiego a mille persone con autismo ad alto funzionamento. E ora spera di arrivare a un milione
“Specialisti” giovani autistici assunti da aziende

MILANO. Metodici, concentrati. Attenti ai dettagli e capaci di spaccare un capello in quattro meglio di un samurai. Non si spaventano di fronte a mansioni ripetitive o a pagine piene di numeri. Sono i consulenti assunti a Milano da Specialisterne, società che si occupa di inserimento lavorativo di persone con disturbi dello spettro autistico, fornendo alle imprese servizi nel campo dell’informatica e della gestione dati. Li ha incontrati, per SuperAbile Inail, Dario Paladini.

“Cambiamo la prospettiva con cui di solito vengono viste le persone con autismo”, spiega Stella Arcà, responsabile marketing di Specialisterne. “E partiamo dalle loro capacità, da quello che sanno fare meglio”. Molte persone con autismo ad alto funzionamento o sindrome di Asperger hanno grandi doti organizzative, una memoria formidabile e possono sviluppare competenze approfondite nell’informatica, ma spesso sono escluse dal mondo del lavoro perché hanno invece difficoltà a gestire i rapporti sociali. Con Specialisterne seguono un corso di formazione di quattro mesi, durante i quali con l’aiuto di psicologi ed esperti possono riuscire a sviluppare competenze tecniche ma anche relazionali. Nel 2018 sono state svolte oltre 13mila ore di formazione. I corsisti sono stati in tutto 35 e di questi 25 sono stati assunti a tempo indeterminato come consulenti da Specialisterne e dislocati nelle aziende clienti. “Ovviamente non vengono lasciati soli. Fondamentale è la figura del tutor, che aiuta sia la persona autistica a inserirsi nell’ambiente di lavoro sia l’azienda cliente a valorizzare la diversità”, sottolinea Arcà. “I nostri consulenti sono impiegati in diversi campi, dall’inserimento dati all’archiviazione o al software testing”.

Da alcuni mesi Rebecca Pezone, 21 anni e un diploma di liceo scientifico, è una delle consulenti di Specialisterne dislocata nella sede italiana della multinazionale Flex. “Sono stata inserita in un team che si occupa di testare apparecchiature medicali”, racconta. “Ora stiamo lavorando a un progetto che durerà circa due anni su un particolare dispositivo medico. Lo testiamo in ogni sua parte e registriamo tutti i dati ed eventuali anomalie”. Un lavoro che richiede molta attenzione, soprattutto ai dettagli. “Ora sto decisamente meglio. Mi sento realizzata”, aggiunge. “Finito il liceo ho provato a cercare lavoro nella zona in cui abito, sul lago di Garda. Ma si trova qualcosa solo nel turismo. Ho provato a fare la cameriera, ma non fa per me. Bisogna sempre essere sorridenti, ma io non ci riesco se sono triste o arrabbiata”.

Rebecca ha seguito, come tutti gli altri consulenti, il corso di formazione di Specialisterne. “Abbiamo imparato molto sia a livello tecnico che socio-lavorativo. Prima soffrivo tantissimo di ansia. Quando dovevo mettermi in gioco o dovevo rispettare delle scadenze andavo in ansia. Era un grosso problema per me. Grazie al corso ho imparato a gestirla e mi sento più sicura”. Gestire lo stress e i rapporti con gli altri è fondamentale per lavorare. “Mi sento più serena. Il lavoro mi permette di conoscere tante persone. Il fatto di venire ogni giorno a Milano, in una grande città, è per me stimolante”. Con questo lavoro Rebecca può dare un sostegno al bilancio familiare. E ha grandi progetti: “Vorrei iscrivermi all’università, alla facoltà di Fisica. Lavorerò e studierò. Devo prendere il ritmo giusto. La fisica è la mia grande passione. L’ho sempre studiata e non mi limitavo a quello che si faceva a scuola, ma leggevo libri per conto mio”.

Quella milanese è una delle 21 sedi di Specialisterne aperte nel mondo dall’omonima fondazione creata nel 2004 in Danimarca da Thorkil Sonne, informatico e padre di un bambino al quale è stato diagnosticato l’autismo all’età di tre anni. L’idea della fondazione è nata dopo un viaggio di Thorkil con il figlio, che allora aveva sette anni, in giro per l’Europa. Tornati a casa, Thorkil si accorse che il bambino era in grado di disegnare con precisione le cartine geografiche che avevano usato nel tour, usando solo la sua memoria. In quelle 15 cartine c’erano circa 500 caratteri alfanumerici, tutti fedelmente riportati nei disegni. È un episodio che ricorda, per certi versi, la trama del pluripremiato film Rain Man, in cui Dustin Hoffman interpreta il ruolo di un uomo con autismo che, portato dal fratello in un casinò, sbanca il tavolo da gioco grazie alla sua capacità di memorizzare e calcolare.

Il figlio di Thorkil però non era un personaggio di un film, ma un bambino in carne e ossa. Un bambino che, tra l’altro, sapeva a memoria gli orari dei treni in arrivo a Copenaghen e in altre occasioni aveva lasciato di stucco familiari e parenti per la sua capacità di ricordare date e numeri. Il suo papà, di fronte a quelle cartine geografiche, capì che le doti di memoria e precisione del figlio e di tanti giovani con autismo potevano essere valorizzate, coinvolgendoli nel campo dell’informatica. Fondò allora Specialisterne (che significa semplicemente “Specialisti”) con l’obiettivo di formare giovani autistici e inserirli nel mondo del lavoro. Ha ipotecato la casa per avere i fondi necessari ad avviare il progetto. E dopo le prime assunzioni, ha capito che il metodo poteva funzionare. È riuscito a coinvolgere sia piccole aziende che multinazionali, come Microsoft, Sap, Everis, Deloitte, Avnet e Agbar (in particolare per lo sviluppo dell’app iBeach, localizzando, raccogliendo e uniformando informazioni su 18mila spiagge).

Grazie a queste collaborazioni con le multinazionali, il metodo di Thorkil è stato esportato in altri Paesi. Tanto che ora la fondazione ha l’obiettivo di creare nel mondo un milione di posti di lavoro per persone con autismo. Difficile dire se raggiungerà questo obiettivo: per ora ne ha creati circa mille. Certo è che ogni giovane autistico formato e avviato al lavoro rappresenta una ricchezza per se stesso, per l’impresa in cui è impiegato, per la società e pure per le casse statali. La fondazione ha calcolato che per ogni corona danese investita per ciascun “specialista” si generano 2,20 corone in imposte e contributi nelle casse dello Stato danese. Non male. Una vera e propria smentita per chi pensa che la disabilità sia un costo.

Il logo di Specialisterne è il seme del dente di leone (in Italia spesso viene chiamato soffione, piscialetto o cicoria selvatica a seconda della zona e degli usi dialettali): “Per la maggior parte delle persone il dente di leone è soltanto un’erbaccia noiosa da estirpare dalle nostre aiuole e dai prati”, scrive in decine di lingue diverse la fondazione su ogni sito nazionale di Specialisterne. “Ma quello che molte persone non sanno è che, se coltivato, il dente di leone è una delle piante più utili e preziose in natura, famoso per le sue proprietà mediche e curative”. I difetti o le stranezze delle persone autistiche possono rivelarsi un’opportunità e una forza.

Dario, Thomas, Stefano e gli altri loro giovani colleghi consulenti di Milano sono stati quindi assunti per le loro capacità. “Solo la metà ha una certificazione di disabilità, ma per nessuno abbiamo fatto un inserimento obbligatorio in base alle legge 68”, precisa Stella Arcà. “Ogni persona ha le sue caratteristiche e i suoi talenti. E per ciascuna ci poniamo obiettivi specifici, misurabili, raggiungibili in un tempo determinato e realistici”. Per le imprese i lavoratori con disturbi dello spettro autistico possono essere, insomma, una preziosa risorsa.

Lo dimostra la storia di Thomas Taioli, uno dei primi assunti, che fa il consulente all’interno della multinazionale Everis. Sul suo profilo Facebook, Thomas ha espresso tutta la sua soddisfazione. “A sette mesi dalla mia entrata in azienda sono stato scelto per fare formazione a un collega neuro-tipico (ossia senza disturbi, ndr). Ne sono onorato. Insegnare chiede percezione dell’altro ed è una capacità che può essere sviluppata in soggetti Asperger con impegno e costanza”. (dp)