La scuola riapre: tanti supplenti, pochi reggenti

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Ancora poche ore e sentiremo il suono della prima campanella. Apripista, giovedì 5 la Provincia autonoma di Bolzano, seguita lunedì 9 dal Piemonte e via via da tutte le altre regioni fino alla Puglia il 18. A quel punto tutti gli 8,5 milioni di studenti italiani avranno preso posto tra i banchi. Ma difficilmente lo stesso accadrà per gli oltre 850mila insegnanti attesi in cattedra. Tra graduatorie esaurite, prof che non si trovano, precari appesi a un filo ed escalation di supplenti, l’anno scolastico 2019/2020 inizierà – complice la crisi “agostana” di governo – tra tante (vecchie) ombre e poche (nuove) luci. Come il drastico calo degli istituti senza preside grazie alle immissioni in ruolo di 2mila dirigenti scolastici freschi vincitori di concorso.

Partiamo dalle novità per i ragazzi. Alle superiori il 2019/2020 coincide con la revisione del’alternanza scuola-lavoro, ora ridenominata percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, che vede scendere il numero minimo di ore obbligatorie “on the job” (ma le scuole possono aumentarle, pescando anche da fondi Ue o regionali, secondo le linee guida del governo uscente che sono state però bocciate dal Cspi).

Alle elementari debutta il patto di corresponsabilità, con la cancellazione delle sanzioni previste in un regio decreto del 1928: d’ora in avanti saranno le scuole, anche coinvolgendo le famiglie, a individuare le eventuali mancanze disciplinari degli alunni e le relative “punizioni”. Sempre alla primaria sono attesi 2mila maestri in più per aumentare il tempo pieno al Sud (oggi, in tutta Italia, le classi funzionanti a 40 ore settimanali sono il 33,6%, ma con forti disuguaglianze territoriali).

Sul fronte inclusione, poi, partono le nuove regole, che fanno perno sul «piano didattico individualizzato», e rivoluzionano le certificazioni mediche (qui è in corso un’interlocuzione con il ministero della Salute per semplificare gli adempimenti richiesti alle famiglie).In rampa di lancio poi le «équipe territoriali»: 120 docenti deputati alla creazione di ambienti digitali con metodologie innovative e sostenibili.

Più critico appare il rientro per gli insegnanti. Per gli oltre 750mila prof di ruolo e altri 100mila dell’organico di fatto il 2019/2020 si apre nell’attesa del nuovo Ccnl: il ministro dell’Istruzione uscente, il leghista Marco Bussetti, aveva garantito aumenti «a tre cifre». A oggi però è tutto fermo, in attesa di capire quante risorse il nuovo esecutivo riuscirà a inserire in legge di Bilancio. In base ai primi calcoli del Miur, per assicurare ai circa 850mila insegnanti italiani i 100 euro e gli 11,50 di elemento perequativo di incremento medio mensile, servivano intorno ai 2,2 miliardi di euro. Di questi 800 milioni sono stati già previsti dalla manovra 2019 e sono pertanto disponibili. Restavano (e restano) da trovare i restanti 1,4 miliardi.

Senza contare lo stallo che attanaglia i nuovi concorsi, più volte annunciati e poi fermati dalla crisi di governo: quest’anno tra cattedre stabili vuote (anche per Quota 100) e supplenze più o meno lunghe, secondo stime ministeriali, ci saranno almeno 120mila supplenti da nominare. Ma, stando ai sindacati, gli incarichi a tempo determinato potrebbero anche essere 170mila. In un quadro del genere è facile prevedere, specie al Nord, il solito “carosello” di insegnanti. Con buona pace della continuità didattica per i ragazzi.

Una riapertura serena attende invece i presidi. Grazie a un drastico ridimensionamento del fenomeno delle “reggenze” che negli anni scorsi erano arrivate a sfiorare le 2mila unità. Grazie all’assunzione in queste settimane di 2mila dirigenti scolastici vincitori di concorso gli istituti senza un “capo” sono circa 600, tra sedi vacanti e distacchi. Oltre ai nuovi ingressi, i presidi iniziano il 2019/2020 con un’altra buona notizia: è arrivato in busta paga il maxi-aumento di circa 450 euro netti al mese per effetto del Ccnl 2016-2018. Una serenità che non si respira all’interno delle segreterie, ingolfate di lavoro e povere di personale. A causa dei ritardi nella selezione dei 2.004 direttori dei servizi generali e amministrativi. E non è un caso che l’Anquap abbia proclamato proprio per oggi, che di fatto segna l’avvio dell’anno scolastico 2019/2020, un giorno di sciopero di Dgsa (titolari o facenti funzioni) e Ata. Nella speranza di ottenere dal governo entrante più attenzione alla categoria rispetto a quello uscente. Anche perché – come spiega il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli, – «in queste condizioni il regolare funzionamento amministrativo delle scuole è gravemente compromesso».