Al palo la riforma del Testo unico

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Il prossimo governo dovrà riscrivere il Testo unico dell’istruzione: una materia molto delicata. Perché comporta una complessa operazione di make up del decreto legislativo 297/94. Che va riscritto comprendendo le innovazioni legislative intervenute dal 1994 ad oggi. In particolare per quanto riguarda la legge 107/2015. Una sfida importante per il prossimo esecutivo: dall’impostazione culturale che verrà impartita alla rilettura delle disposizioni sulla scuola dipenderà il futuro dell’istituzione e i rapporti interni tra le varie componenti. Tra l’altro, un disegno di legge per procedere in tal senso esiste già. Si tratta del disegno di legge AS1349 varato dal governo il 28 febbraio scorso, denominato: «Delega al governo per la semplificazione e la codificazione in materia di istruzione, università, alta formazione artistica e musicale e coreutica e di ricerca». Che però è orientato nel senso di un’accelerazione del processo di inasprimento gerarchico verticale tra il dirigente scolastico e i docenti. Un processo già avviato nelle legislature precedenti.

Il testo è stato presentato in aula al senato il 10 luglio scorso, ha superato il vaglio della V commissione bilancio e prevede il riordino in un unico testo legislativo delle disposizioni si sono accumulate nel tempo, sull’istruzione, l’università, la ricerca, i conservatori e le accademie. Ma la trattazione in aula non è ancora iniziata. Per quanto riguarda l’istruzione, prevede la scrittura di un nuovo Testo unico, che sostituirà quello del 1994 (decreto legislativo 297/94). In particolare, è prevista la riscrittura e l’abrogazione espressa delle disposizioni precedenti all’avvento dell’autonomia scolastica e della dirigenza scolastica.

Il tutto con particolare riferimento alle norme che regolano le competenze degli organi collegiali. Fermo restando il principio di autonomia scolastica, il governo intende «revisionare la disciplina degli organi collegiali territoriali della scuola», si legge nell’articolo 1, comma 1, lettera h) del provvedimento «in modo da definirne competenze e responsabilità, eliminando duplicazioni e sovrapposizione di funzioni, e ridefinendone la relazione rispetto al ruolo, alle competenze e alle responsabilità dei dirigenti scolastici, come attualmente disciplinati».

La ratio del riordino, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge, sarebbe quella di evitare il ripetersi di non meglio precisate «criticità emerse dal contenzioso registratosi negli ultimi anni, soprattutto nella relazione tra organi collegiali e dirigente scolastico». La relazione, peraltro, non fa riferimento a pronunce né della magistratura di merito, né di quella di legittimità.

Attualmente il consiglio di istituto è competente in materia di definizione dei criteri di assegnazione dei docenti alle classi. In particolare, l’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 297/94, dispone che spetti al consiglio d’istituto la definizione dei criteri generali relativi alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei singoli docenti, all’adattamento dell’orario delle lezioni e delle altre attività scolastiche alle condizioni ambientali e al coordinamento organizzativo dei consigli di intersezione, di interclasse o di classe. Mentre l’articolo 7, comma 2, lettera b), del medesimo decreto, assegna al collegio dei docenti il potere di formulare proposte al dirigente scolastico per la formazione, la composizione delle classi e l’assegnazione ad esse dei docenti, per la formulazione dell’orario delle lezioni e per lo svolgimento delle altre attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo o d’istituto. L’articolo 25 del decreto legislativo 165/2001 ha coordinato queste disposizioni con l’istituto della dirigenza scolastica, stabilendo che le prerogative dirigenziali debbano essere esercitate «nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici».

E l’avvocatura distrettuale dello stato di Venezia, con un parere emesso il 4 marzo 2013, su richiesta dell’Usr del Veneto, ha spiegato che «Dal combinato disposto dell’art. 25 del Testo unico del Pubblico Impiego e dall’art. 7 dlgs 297/94, si legge nel parere 985-P «si evince che ai dirigenti delle istituzioni scolastiche spettano determinati poteri, che tuttavia devono essere esercitati nel rispetto delle attribuzioni e delle competenze del collegio dei docenti e degli altri organi collegiali della scuola».

A ciò va aggiunto il fatto che il punto di raccordo tra dirigente e organi collegiali è il dirigente stesso, che è membro di diritto del consiglio d’istituto e presiede il collegio dei docenti. Infine, l’assegnazione dei docenti ai plessi e alle sezioni staccate che comportino movimenti dalla sede scolastica attuale ad altra sede ubicata in altro comune, trattandosi di veri e propri provvedimenti di mobilità, rientrano nella competenza della contrattazione integrativa di istituto, così come previsto dall’articolo 3, comma 5, del contratto nazionale integrativo del 6 marzo 2019.