E-book ancora al palo: adottati dall’1% delle superiori

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Se il modello che il neoministro Lorenzo Fioramonti ha in testa per innovare la didattica è realmente la Finlandia, come ha dichiarato lui stesso venerdì ai microfoni di Mattino 24 su Radio 24, la strada che abbiamo davanti per adeguarci si annuncia lunga e ambiziosa. Non fosse altro che per quel 94% di scuole connesse e quel 69% di studenti che in classe usano un pc, un tablet o un notebook. Due campi in cui l’Italia è ferma, rispettivamente, al 47 e al 59 per cento. Ma un’ulteriore conferma sull’allergia della scuola italiana all’innovazione arriva anche dalle rilevazioni dell’Associazione italiana editori (Aie) sulla presenza, o per meglio dire l’assenza, degli e-book e dei contenuti digitali tra i libri di testo.

Il decreto Carrozza del 2013

È dall’anno scolastico 2014/15 che le classi italiane possono optare per il passaggio dalla carta al digitale. A consentirlo è stato il decreto Carrozza (dal nome della ministra di allora) del 2013 che stanziava anche 8 milioni in due anni per «l’acquisto, anche tra reti di scuole, di libri di testo, anche usati, di contenuti digitali integrativi e dispositivi per la lettura di materiali didattici digitali da concedere in comodato d’uso, nel rispetto dei diritti patrimoniali dell’autore e dell’editore connessi all’utilizzo indicato», come si leggeva all’articolo 6, comma 2, del Dl 104/2013.

La scelta spettava e spetta ai collegi dei docenti che devono deliberarla entro la seconda decade di maggio. Nella consapevolezza che optare per una versione mista – libro cartaceo+ e-book+contenuti digitali integrativi – può comportare uno sconto del 10% del prezzo dei libri di testo della scuola primaria e dei tetti di spesa dell’intera dotazione libraria necessaria per ciascun anno della scuola secondaria di primo e secondo grado. Una decurtazione che sale al 30% per chi sceglie la versione totalmente digitale (e cioè e-book più aggiornamento via web) e che costituirebbe un antidoto alle polemiche sul caro-libri che accompagnano ogni inizio di anno scolastico.

I dati dell’Associazione editori

Nonostante siano passati ormai sei anni questa opzione sembra rimasta – è proprio il caso di dirlo – sulla carta. Secondo le rilevazioni dell’Associazione italiana editori (Aie), alla primaria solo lo 0,19% delle adozioni è integralmente digitale (nel 2014/15 era dello 0,27%); alle medie dello 0,95% e alle superiori dell’1,29% (contro lo 0,75% e l’1,12% registrati, rispettivamente, cinque anni fa). Laddove è aumentata la quota di scuole che sono passate alla modalità mista. Che rappresenta oggi la regola nel 98% delle elementari, nell’84% delle secondarie di I grado e nell’89,6% delle secondarie di secondo grado.

Numeri che non devono illudere più di tanto però visto che sono pochissimi i casi in cui contenuti aggiuntivi offerti dagli editori via web o tramite App vengono realmente utilizzati e scaricati. Come conferma, Giovanni Bonfanti, presidente gruppo educativo Aie, che presenterà nelle prossime settimane i numeri definitivi anche sui download di contenuti integrativi. Fermo restando che a suo giudizio il tema non è tanto la «formula mista dei libri scolastici bensì come fare a rendere la didattica realmente innovativa». Ad esempio, suggerisce, scommettendo realmente sulla formazione dei docenti. Che era e resta il vero ago della bilancia, al di là delle carenze ben note di infrastrutture nelle scuole e dei progressi più o meno lenti nella disponibilità di connessioni a banda larga e ultralarga negli edifici scolastici.