Ocse: i ritardi della scuola italiana

da Tuttoscuola

E’ stato presentato oggi il rapporto annuale dell’Ocse sull’istruzione. I dati riguardano generalmente il 2017. Il rapporto, come sempre, offre molti dati comparativi, ma contiene anche schede di approfondimento per ciascun Paese oggetto dell’indagine. Per quanto riguarda l’Italia il rapporto di quest’anno mette in evidenza che i giovani italiani avrebbero bisogno di ulteriori incentivi per iscriversi all’università e per laurearsi. Il ritardo dell’Italia è infatti tuttora notevole.

Solo il 19% dei 25-64enni ha un’istruzione terziaria (media OCSE: 37%). La quota di giovani adulti (di età compresa tra i 25 e i 34 anni) che hanno una laurea è più elevata ma non ha superato il 28% nel 2018 (34% per le giovani donne).

Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono ancora relativamente nuovi in Italia: solo l’1,7% delle matricole iscritte per la prima volta nel 2017 si è iscritto a un ITS, malgrado le istituzioni italiane stiano fortemente promuovendo questi percorsi professionali a livello terziario per facilitare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.

In Italia, gli adulti con un titolo di studio dell’istruzione terziaria in alcuni degli ambiti relativi a scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (note come discipline STEM) registrano tassi di occupazione prossimi alla media OCSE: questo è il caso per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (87%), ingegneria, industria manifatturiera ed edilizia (85%). La quota di adulti con un’istruzione terziaria in ingegneria, industria manifatturiera ed edilizia è comparativamente bassa (15%), sebbene sia leggermente più alta tra i neo-laureati (17%). Il tasso di occupazione è inferiore per gli adulti laureati nelle discipline artistiche (72%) o umanistiche (78%), analogamente ad altre discipline STEM (scienze naturali, matematica e statistica, 78%).

In Italia, gli adulti con un’istruzione terziaria guadagnano il 39% in più rispetto agli adulti con un livello d’istruzione secondario superiore, rispetto al 57% in più, in media, nei diversi Paesi dell’OCSE

Le tasse universitarie in Italia sono più elevate rispetto a molti altri Paesi europei ed economie e sono simili al livello delle tasse universitarie dei Paesi Bassi e della Spagna, ma inferiori a quelle dell’Inghilterra (Regno Unito) e della Lettonia. Nell’ultimo decennio, le tasse universitarie al primo livello sono aumentate meno che in altri Paesi OCSE e la quota di studenti che ricevono aiuti finanziari in forma di esenzione totale dalle tasse universitarie è aumentata dal 17% al 39%.

Sebbene in Italia i titolari di un dottorato registrino un più ampio vantaggio occupazionale rispetto ai titolari di una laurea di secondo livello, solo lo 0,5% degli adulti hanno conseguito un dottorato (rispetto alla media OCSE dell’1,2%).

L’Italia registra la terza quota più elevata di giovani che non lavora, non studia e non frequenta un corsodi formazione (NEET) tra i Paesi dell’OCSE: il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è NEET, rispetto alla media OCSE del 14%. Circa l’11% dei 15-19enni sono NEET, ma questa quota triplica per i 20-24enni, raggiungendo il 29% per le donne e il 28% per gli uomini nella classe d’età in cui inizia la transizione verso l’istruzione terziaria e il mercato del lavoro. Sebbene il livello d’istruzione sia più alto tra le donne, il tasso di giovani NEET aumenta fino al 37% per le donne di età compresa tra i 25 e i 29 anni e scende al 26% per gli uomini della stessa coorte.

Il gruppo NEET comprende sia i giovani inattivi (che non cercano lavoro in modo attivo) sia i disoccupati. L’Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi dell’OCSE con tassi superiori al 10% per le due categorie (inattivi e disoccupati) tra i 18-24enni. Inoltre la Grecia e l’Italia sono gli unici Paesi in cui più della metà dei 18-24enni è rimasta senza lavoro almeno per un anno.

Il rapporto si occupa anche della professionale di insegnante osservando che la sua attrattività in Italia dovrebbe essere migliorata.

L’Italia ha la quota maggiore di docenti ultra 50enni (59%) e dovrà sostituire circa la metà degli attuali docenti entro i prossimi dieci anni. Il rapporto tra salario più alto e salario iniziale è di 1,5 nelle scuole al livello da pre-primario (scuola dell’infanzia) a secondario inferiore, rispetto a una media OCSE di 1,7 (1,6 a livello pre-primario) e i salari statutari di inizio carriera sono leggermente inferiori alla media OCSE (dal 91% nella scuola secondaria superiore di indirizzo generale al 97% nella scuola dell’infanzia). In Italia, il 68% degli insegnanti ha dichiarato che migliorare i salari degli insegnanti dovrebbe essere un’alta priorità di spesa (TALIS, 2019).

Gli istituti tecnici e professionali possono essere un percorso efficace per l’ingresso nel mercato del lavoro costituendo secondo l’Ocse  una vera alternativa ai programmi secondari superiori di indirizzo generale. In Italia i giovani adulti con un livello d’istruzione secondario superiore o post-secondario non terziario tecnico-professionale hanno, in media, prospettive occupazionali (68% per i 25-34enni) simili rispetto ai laureati (67%), a differenza della maggior parte degli altri Paesi dell’OCSE dove il tasso di occupazione è superiore per i giovani adulti laureati.

Oltre all’istruzione tecnico-professionale e superiore gli adulti possono continuare a sviluppare nuove competenze nell’istruzione formale e informale nel corso della loro carriera. In Italia il 42% dei 25-64enni hanno partecipato a programmi di studio formali o informali nei precedenti 12 mesi, rispetto alla media del 47% nei Paesi per i quali sono disponibili dati. Il divario tra l’Italia e la media OCSE si osserva principalmente tra gli adulti che non hanno un’istruzione secondaria superiore e per le donne.

Il tasso di piena scolarizzazione nella scuola dell’infanzia è raggiunto in Italia già all’età di tre anni. L’istruzione nella scuola dell’infanzia è principalmente erogata dal settore pubblico, con il 72% dei bambini iscritti presso istituti pubblici. Il tasso d’iscrizione scolastica dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni è del 94%, un valore superiore alla media OCSE.

La spesa per studente aumenta a livelli più alti d’istruzione ma meno rapidamente rispetto ad altri Paesi dell’OCSE.

L’Italia spende circa il 3,6% del suo PIL per l’istruzione dalla scuola primaria all’università, una quota inferiore alla media OCSE del 5% e uno dei livelli più bassi di spesa tra i Paesi dell’OCSE. La spesa è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l’università, più rapidamente rispetto al calo registrato nel numero di studenti, che è diminuito dell’8% nelle istituzioni dell’istruzione terziaria e dell’1% nelle istituzioni dall’istruzione primaria fino all’istruzione post-secondaria non terziaria.