Decreto salvaprecari, tutto da rifare In bilico Pas e concorsi riservati

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Decreto salvaprecari da rifare. Il provvedimento del primo governo Conte, approvato in consiglio dei ministri il 7 agosto scorso, non è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 agosto, dopo la crisi di governo ingenerata dalla Lega. E adesso l’iter dovrà ricominciare da capo. Il decreto, peraltro, era stato approvato apponendo la formula salvo intese. Perché il Movimento 5 stelle non aveva raggiunto l’accordo con la Lega sul testo proposto dall’allora ministro Marco Bussetti. E ora dovrà essere necessariamente rinegoziato nell’ambito della nuova maggioranza M5s-Pd sulla quale si regge il governo Conte II. Il neo ministro Lorenzo Fioramonti ha annunciato che lavorerà a una soluzione, ma più attenta al merito. La soluzione sulla quale la maggioranza del governo Conte I stava ragionando era quella di ammettere i precari triennalisti al concorso ordinario esonerandoli dalle prove preselettive e, al tempo stesso, prevedendo una quota di riserva, sempre destinata ai triennalisti, nell’ordine del 35% circa. «Una sanatoria», aveva attaccato il Movimento5stelle, che invece si era battuto per inserire test in ingresso, bloccando di fatto il varo finale del provvedimento.

Oltretutto, il decreto del 7 agosto recepiva l’accordo sottoscritto dal governo con i sindacati il 23 aprile scorso. Accordo con cui era stata concordata la stabilizzazione dei docenti precari tramite l’istituzione di «percorsi abilitanti e selettivi riservati al personale docente», si legge nel testo dell’intessa, «che abbia una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi finalizzati all’immissione in ruolo».

Ecco cosa diceva il testo dell’ipotesi del decreto legge rimasto solo sulla carta.

Entro quest’anno si prevedeva di bandire un concorso riservato ai docenti precari delle secondarie di I e II grado, che avessero prestato servizio nelle istituzioni scolastiche o educative statali almeno tre anni nel periodo compreso tra il 2011/12 e il 2018/19. Ogni anno di servizio, per essere considerato valido ai fini dell’accesso al concorso, avrebbe dovuto essere stato prestato per almeno 180 giorni, anche frazionatamente. Idem se il servizio fosse stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine dello scrutinio finale. Non sarebbe stato considerato valido, invece, il servizio prestato presso le scuole private paritarie. Al concorso riservato sarebbe stato assegnato un contingente pari al 50% dei posti utili per le immissioni in ruolo del concorso ordinario.

Pertanto, se i posti disponibili per le immissioni in ruolo in una classe di concorso fossero stati 100, 25 posti sarebbero ai vincitori del concorso ordinario, 25 ai vincitori del concorso riservato e 50 posti agli aventi titolo all’assunzione tratti dallo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. Nel caso in cui nella classe di concorso di riferimento fosse risultata esaurita la graduatoria a esaurimento provinciale, i 100 posti disponibili per le immissioni in ruolo sarebbero stati assegnati equamente tra concorso ordinario e concorso riservato: 50 all’ordinario e 50 al riservato.

Con il decreto-legge si intendeva anche prorogare di un altro anno le graduatorie del concorso indetto per effetto del comma 114, dell’articolo 1, della legge 107/2015. Che erano già state prorogate di un anno con il comma 603 della legge 205/2017. E adesso sarebbero state valide fino al 2019/2020. Il differimento della data di decadenza degli elenchi di merito era stata ritenuta necessaria a causa della carenza di personale docente nella scuola secondaria. E per garantire la continuità didattica il governo intendeva prorogare di un anno anche la disciplina speciale prevista per i diplomati magistrali che saranno licenziati quest’anno all’esito delle sentenze di merito relative ai contenziosi ancora pendenti: chi era stato immesso in ruolo avrebbe subito la conversione del contratto da tempo indeterminato a tempo determinati fino al 31 agosto; chi era stato assunto con supplenza fino al 31 agosto, avrebbe subito la modifica del termine al 30 giugno.

Il governo M5s-Lega intendeva anche istituire un percorso formativo abilitante straordinario (Pas) universitario per sopperire alla mancanza di docenti abilitati nelle scuole statali e paritarie. Al corso avrebbero avuto accesso tutti gli aspiranti in possesso di almeno tre anni di servizio prestato nel periodo compreso tra il 2011/12 e il 2018/19. Ogni anno di servizio, per essere considerato valido ai fini dell’accesso al concorso, avrebbe dovuto essere stato prestato per almeno 180 giorni, anche frazionatamente. Idem se il servizio fosse stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine dello scrutinio finale. Sarebbero stati considerati validi i servizi prestati, indifferentemente, nelle scuole statali, private paritarie e nei percorsi di istruzione e formazione professionale. I tre anni di servizio non sarebbero stati richiesti agli aspiranti in possesso del titolo di dottore di ricerca. Il triennio di dottorato, dunque, sarebbe stato equiparato al requisito del triennio di servizio.

Sarebbero stati ammessi ai Pas senza la necessità di far valere il triennio di servizio anche i soggetti che fossero stati ammessi precedentemente a un percorso abilitante a qualsiasi titolo (per esempio al Fit) e che non avessero potuto frequentarlo fino alla fine per gravidanza o motivi di salute.